Lungo messaggio notturno di Renzi: parte, ma, ahimé, col proposito di ritornare. Per la seconda volta!

Matteo Renzi, da Pontassieve, ha mandato via Facebook un lungo saluto notturno agli italiani. Toni melodrammatici, professione di umiltà seguita da impennate di orgoglio e di autocompiacimento, qualche recriminazione accompagnata da sprezzanti allusioni insieme a labili cenni di autocritica e infine enfatici propositi di ritorno che non lasciano spazio a dubbi. Proprio come fece dopo la sconfitta subita nel 2012 alle primarie del Pd contro Bersani. Pochi mesi dopo consumò la vendetta e realizzò la rapida scalata al potere, sapendo che gli italiani hanno memoria corta.

Ma ecco il testo integrale, perché ciascuno possa giudicarlo come crede.

Renzi addio con moglie«Ho chiuso l’alloggio del terzo piano di Palazzo Chigi. Torno a casa davvero. Mi sono dimesso. Sul serio. Non per finta. Lo avevo detto, l’ho fatto. Di solito si lascia Palazzo Chigi perché il Parlamento ti toglie la fiducia. Noi no. Noi abbiamo ottenuto l’ultima fiducia mercoledì, con oltre 170 voti al Senato. Ma la dignità, la coerenza, la faccia valgono più di tutto. In un Paese in cui le dimissioni si annunciano, io le ho date.

Sono stati mille giorni di governo fantastici. Qualche commentatore maramaldo di queste ore finge di non vedere l’elenco impressionante delle riforme che abbiamo realizzato, dal lavoro ai diritti, dal sociale alle tasse, dall’innovazione alle infrastrutture, dalla cultura alla giustizia. Certo c’è l’amaro in bocca per ciò che non ha funzionato. Ho mantenuto l’impegno, come per gli 80 euro o per l’Imu. Solo che stavolta mi è piaciuto meno.

Torno a Pontassieve, come tutti i fine settimana. Entro in casa, dormono tutti. Tutto come sempre, insomma. Solo che stavolta è diverso. Con me arrivano scatoloni, libri, vestiti, appunti. Ho chiuso l’alloggio del terzo piano di Palazzo Chigi. Torno semplice cittadino. Non ho paracadute. Non ho un seggio parlamentare, non ho uno stipendio, non ho un vitalizio, non ho l’immunità. Riparto da capo, come è giusto che sia. La politica per me è servire il Paese, non servirsene.

Ai milioni di italiani che vogliono un futuro di idee e speranze per il nostro Paese dico che non ci stancheremo di riprovare e ripartire. Migliaia di luci brillano nella notte italiana. Proveremo di nuovo a riunirle. Facendo tesoro degli errori fatti ma senza smettere di rischiare: solo chi cambia aiuta un Paese bello e difficile come l’Italia. Noi siamo quelli che ci provano davvero. Che quando perdono non danno la colpa agli altri. Che pensano che odiare sia meno utile di costruire. Insieme.

C’è tanta delusione per la riforma costituzionale. Un giorno sarà chiaro che quella riforma serviva all’Italia, non al Governo e che non c’era nessuna deriva autoritaria ma solo l’occasione per risparmiare tempo e denaro evitando conflitti istituzionali. Ma quando il popolo parla, punto. Si ascolta e si prende atto. Gli italiani hanno deciso, viva l’Italia.

Ho sofferto a chiudere gli scatoloni ieri notte, non me ne vergogno: non sono un robot. Ma so anche che l’esperienza scout ti insegna che non si arriva se non per ripartire. E che è nei momenti in cui la strada è più dura che si vedono gli amici veri, l’affetto sincero. Grazie a chi si è fatto vivo, è stato importante per me. Ci sentiamo presto, amici.

A chi verrà a Chigi dopo di me, lascio il mio più grande augurio di buon lavoro e tutto il mio tifo: noi siamo per l’Italia, non contro gli altri».

E’ un messaggio da maturo boy-scout, non proprio da affidabile leader politico né da giovane statista. E’ inguaribile. Né ha intenzione di guarire. Sta già preparando l’hastag #paolostaisereno. (e.s.)

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