LETTERA APERTA/ I furbetti del cartellino e la mia tormentata storia di funzionario comunale a San Severo

municipiosanseveroIndirizzo questa lettera aperta alle testate e agenzie giornalistiche e agli uomini di buona volontà.

Si è fatto un gran parlare dei “furbetti del cartellino” e, dopo mesi di sbandieramento di tali notizie da parte della stampa e degli altri organi di informazione, ora che il problema sembra risolto, giunge in ritardo questa mia lettera aperta scritta diversi mesi fa e che oso riesumare solo in questi giorni nella speranza di poter suscitare, se non l’attenzione dei miei destinatari o di Babbo Natale, almeno quella della Befana.

 A fronte, dunque, del citato sbandieramento, provo un’ultima volta a mettere in evidenza il caso che mi ha riguardato – che si è, invece, consumato nella totale indifferenza dei Carabinieri, della Magistratura, nonché delle varie Istituzioni Pubbliche alle quali mi sono rivolto e, dulcis in fundo, della stampa –  per quanto sia consapevole che la gravità dei fatti e lo stillicidio di illegalità, soprusi e persecuzioni a cui nell’arco di oltre quindici anni è stata sottoposta la mia persona, come individuo, pubblico dipendente e come cittadino, potrà ben poco emergere dal seguente riassunto.

«Dal 1996 al 2001 ho rivestivo di fatto la funzione di responsabile dell’Ufficio Relazioni con il pubblico del Comune di San Severo (comune di circa 60 mila abitanti in provincia di Foggia) ed ero all’apice della mia attività in tale ruolo per i risultati conseguiti e i riconoscimenti ottenuti, nonché per lo sviluppo di carriera che ne conseguiva. (cfr. www.sansevero.it/curriculumurp/htm).

Tutto si è interrotto per la vendetta di un assessore il quale, per non averne accettate le pressioni, ha organizzato, mentre ero regolarmente nell’esercizio delle mie funzioni, un trattamento sanitario obbligatorio richiesto da due ossequienti dirigenti comunali grazie ad una falsa e compiacente certificazione medica.

Da quel momento e per i successivi sei anni e mezzo ho dovuto subire una serie di atti persecutori e, al fine di minare e ferire la mia persona e la mia dignità di dipendente pubblico e di essere umano, dopo la destituzione dalla mia funzione e la soppressione dell’Ufficio, sono stato tenuto lontano da qualsiasi attività lavorativa tanto da essere costretto ad assentarmi e, infine, ad anticipare la pensione.

A nulla son valse le denunce presentate direttamente ai Carabinieri e alla Procura di Foggia, la quale ultima, nonostante i miei oltre venti esposti presentati dal 2001 al 2004,  si è mostrata omertosa, se non connivente, con gli autori dei vari misfatti compiuti via via contro la mia persona, uno tra gli altri il fatto, per l’appunto, d’essere tenuto lontano da qualsiasi attività lavorativa, vedendomi costretto, per quanto in continuazione della erogazione dello stipendio, a “bighellonare” tra il corridoio e la piazza antistante la sede comunale come puntualmente da me denunciato.

Né sono valse le circa 250 lettere di protesta inviate all’amministrazione comunale, ove, tra l’altro, si rilevava la responsabilità amministrativa e contabile della dirigenza e si evidenziava come venissi invitato, da alcuni dirigenti e dallo stesso Sindaco, a “starmene a casa” in attesa che venisse meno l’ostracismo imposto contro la mia persona dall’assessore mafioso che reggeva le fila della persecuzione.

A nulla sono valse le varie lettere inviate a varie testate giornalistiche, tutte lasciate senza alcuna eco ad eccezione della sola risposta di “Famiglia Cristiana” con la quale mi si significava – ed è questo il punto – che quanto da me denunciato era “normale” e “usuale” nella pubblica amministrazione (sic!) tanto da non meritare alcun interesse da parte dello stesso giornale.

Né è valso l’invio di esposti a vari organi istituzionali (Prefettura di Foggia, Dipartimento Funzione   Pubblica, Ministero dell’Interno, Corte dei Conti, Ordine dei Medici e altri),  ad eccezione di quello inviato all’allora Presidente della Repubblica Ciampi, il cui intervento servì a indurre la Procura della Repubblica di Foggia a iscrivere nel registro degli indagati (finalmente e dopo ben 28 mesi persi in inutili, pretestuose e fantasiose  indagini suppletive) i responsabili del TSO (dirigenti, medici e sindaco del Comune) per l’ipotesi di concorso in sequestro di persona e degli altri reati connessi.

Sorvolo sugli ulteriori risvolti e i travagli dell’azione penale che ho dovuto affrontare contro i responsabili dell’azione delittuosa attuata contro la mia persona, i quali, tutti, dopo essere stati prosciolti in prima istanza senza rinvio a processo, non ne hanno mai pagato il fio per quanto la loro responsabilità penale sia stata successivamente riconosciuta da ben due sentenze di Cassazione.

Aggiungo soltanto che, a beffa mia e di ogni logico criterio, nel mese di novembre 2006, la medesima Procura di Foggia, sempre restata sorda e indifferente alle denunce da me presentate, tanto da consentire e agevolare il perpetuarsi fin lì del reato e il danno erariale conseguente, procedeva nei miei confronti per “l’ingiusto vantaggio patrimoniale rappresentato dal percepire uno stipendio in assenza di attività lavorativa” per  un danno erariale pari a oltre 90 mila euro.

Solo in questo caso ho avuto modo di assistere alla stupefacente velocità della giustizia italiana, tanto che in data 8 aprile 2008 sono stato sottoposto a giudizio dal quale sono poi risultato assolto senza rinvio a processo, al solo fine di evitare un processo che avrebbe consentito  di evidenziare e documentare la responsabilità giudiziale dei dirigenti e funzionari dell’amministrazione comunale che avevano richiesto il rito abbreviato.

Nessuno pagherà, quindi, quei 90 mila euro, come nessuno ha ripagato quel funzionario, responsabile dell’Ufficio Relazioni con il pubblico del Comune di San Severo, annoverato tra i migliori 100 uffici di tutta la pubblica amministrazione  nazionale,  i cui progetti venivano finanziati dallo Stato, che da oltre quindici anni chiede giustizia per i reati commessi a suo danno, e a danno della sua professionalità e della sua dignità, oltre che dei suoi diritti personali inutilmente tutelati dalla Costituzione. Spero tuttavia che abbia termine il silenzio omertoso che ha consentito e agevolato tutto ciò».

Per quanto possa riconoscere come in Italia avvengano episodi  ben più gravi, ritengo che quanto è accaduto nel Comune di San Severo – nella complice e colpevole indifferenza della politica, della magistratura e della opinione pubblica a livello nazionale, nonché per tutte le implicazioni sottese alla persecuzione attuata nel corso di oltre quindici anni contro la mia persona come individuo, come cittadino e come pubblico dipendente – possa meritare una qualche attenzione in quanto offre un’ampia rappresentazione dell’attuale degrado politico, giuridico e sociale che si vive a livello locale e nazionale. Se ancora una volta non lo fosse, sarebbe ben triste la riflessione da farsi sui destinatari di questa mia lettera aperta e sul ruolo da questi assolto nella nostra società.

Giovannantonio Macchiarola

      Giovannantonio@aruba.it

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