Le leggi all’italiana. Gioco patologico: l’osservatorio c’è (sulla carta) ma…non si vede

L’Osservatorio sul gioco patologico «non si è ancora insediato». Lo conferma il Ministero della Salute interpellato da Agipronews: ad oggi, quindi, l’organismo che avrebbe dovuto monitorare il fenomeno della dipendenza non è ancora partito e i suoi componenti non sono stati nominati. Dopo la firma del decreto interministeriale da parte dei ministri della Salute e dell’Economia, avvenuta lo scorso luglio, la direzione competente per materia (la Direzione generale della Prevenzione sanitaria, ndr) ha riferito che «si è atteso l’iter di registrazione del provvedimento dalla Corte dei Conti». Avvenuta la registrazione, «siamo ora in fase di emanazione del decreto con la designazione dei componenti, sulla base delle indicazioni fornite dai diversi enti che partecipano alla composizione». L’Osservatorio perciò – concludono dal ministero – «non si è ancora insediato».

 

DOPO 4 ANNI CHE FINE HA FATTO IL DECRETO?

C’era una volta l’Osservatorio sul gioco patologico: nato col decreto Balduzzi del 2012 e poi trasferito al Ministero della Salute con la manovra 2015, in pratica non ha mai visto la luce. Il primo effetto tangibile è uno dei temi caldi degli ultimi mesi: il censimento sulle problematiche di dipendenza dal gioco. A distanza di quasi quattro anni dal decreto non esistono ancora dati certificati sul monitoraggio della dipendenza, se non a sprazzi e su basi regionali. Un buco che ha lasciato spazio a numeri in libertà, talvolta strumentali e mai ufficiali. Un ulteriore danno, questo, per la salute dei cittadini ma anche per gli operatori, che navigano a vista nel mare magnum di “linee d’azione” inesistenti, anche su un tema delicato come gli spot pubblicitari sul gioco. 

«Se ci fosse stato e se fosse stato attivo, l’Osservatorio avrebbe dovuto visionare prima» gli spot e «ricavarne le debite conseguenze», ha detto la deputata Paola Binetti (AP), che pochi giorni fa ha presentato un’interrogazione parlamentare sullo stato dell’arte di un organismo che per ora «resta una bella intenzione». La sensazione che l’Osservatorio possa essere lo strumento delle necessità condivise, è tangibile. Un luogo di confronto all’interno del quale studiare e varare una ’Carta del Gioco’ definitiva, passando attraverso le necessità dei cittadini e l’esperienza degli operatori del gioco, fino a individuare le misure più efficaci per contrastare la dipendenza.  

Peccato però che «all’interno dell’Osservatorio, la partecipazione dei rappresentanti dell’industria del gioco non sia prevista», ha ricordato Massimiliano Pucci, presidente dell’associazione dei gestori Astro e vicepresidente di Confindustria Giochi. Pucci, fa rilevare Agipronews, si dice d’accordo con la Binetti su quelle che dovrebbero essere le finalità dell’Osservatorio, come quella di «studiare a fondo il settore e portare dei correttivi», in materia di pubblicità, prevenzione e cura della dipendenza, a patto però che tutto ciò sia «espressione di un contraddittorio che trasformi la pluralità di visione in una macchina produttiva al servizio del cittadino», senza lasciarsi prendere da posizioni estremiste che, come è avvenuto a Bolzano o in Lombardia, non fanno altro che «lasciare spazio al gioco illegale» senza risolvere «il problema della mancanza di dati ufficiali sul fenomeno».

Numeri ufficiali, banca dati, sintomi: il decreto Balduzzi aveva previsto che l’Osservatorio si occupasse del monitoraggio della dipendenza, raccogliendo informazioni sui giocatori patologici ma, a oltre tre anni di distanza, è ancora una scatola vuota, con 17 membri (tra rappresentanti dei ministeri e membri delle associazioni che si occupano di gioco patologico) che non sono neanche stati individuati. Un silenzio che danneggia anche gli operatori, i quali lamentano l’assenza dello Stato che «innanzitutto dovrebbe assumersi una responsabilità nei confronti del settore, che sta facendo enormi investimenti per adeguare gli apparecchi» soprattutto per tutelare i giocatori. «Bisogna decidere se regolamentare una volta per tutte l’industria del gioco o chiudere le aziende e tornare agli anni Novanta», quando il gioco era una sorta di Far West, ha sottolineato Pucci.  

A oltre tre anni di distanza, lo scorso autunno il ministro Lorenzin, rispondendo a un’interrogazione alla Camera, aveva auspicato la sua partenza «a breve»: eppure ancora oggi non è stata fissata la prima riunione e della relazione annuale che i membri dell’Osservatorio avrebbero dovuto stilare non ce n’è alcuna traccia. «Sarebbe stato uno strumento utile per avere a disposizione una volta per tutte dei dati ufficiali sul numero di giocatori in cura per la dipendenza», ma «non si è mai riunito – ha confermato la Binetti – forse perché non c’è la volontà politica di farlo partire» e così come «non c’è stata la volontà di portare avanti la proposta di legge approvata all’unanimità in Commissione Affari sociali ormai oltre un anno fa», che affidava all’Osservatorio compiti ancora più specifici, come «quello di osservare quello che viene comunicato sul gioco» attraverso la pubblicità e di proporre campagne di informazione e sensibilizzazione, anche rivolte ai minori, sui rischi del gioco. Uno strumento chiave per gli operatori del gioco anche in questo caso: perché avere indicazioni precise su pubblicità e comunicazione, consentirebbe di pianificare e investire con certezza assoluta, senza scivolare in quella che, a tutt’oggi, è una melmosa terra di nessuno, una sorta di Osservatorio del Nulla. 

Francesca Perrone

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