Le condizioni poste dai candidati della sinistra Pd a Renzi per evitare la scissione

di ROMANO LUSI – A Roma si è svolta oggi una affollatissima manifestazione della sinistra Pd al teatro Vittoria a Testaccio con il motto “Rivoluzione socialista”: è stata promossa in brevissimo tempo  da Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana e candidato in pectore alla segreteria nazionale del Pd come Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia, e Roberto Speranza, ex capogruppo dei deputati Pd, i quali con lui ne sono stati protagonisti (perciò ribattezzata  da qualcuno la kermesse dei tre tenori).

Il raduno ha preso il via sulle note di Bandiera Rossa e si è concluso con l’auspicio che nell’Assemblea nazionale del partito di domani (domenica) venga scongiurato il pericolo di una scissione, cosa che avverrà se Renzi manterrà fede a quanto promesso a Michele Emiliano, e cioè che il Pd sosterrà fino alla fine della legislatura il governo Gentiloni e che pertanto non vi saranno elezioni politiche anticipate, ma si svolgeranno dopo che si sarà tenuto un vero congresso programmatico del partito, i cui lavori non dovranno accavallarsi con la campagna elettorale amministrativa della prossima primavera.

Michele Emiliano dal palco della manifestazione ha ribadito ciò che ha scritto in un post su Facebook dopo una telefonata che ha avuto ieri con Renzi e cioè di averlo convinto a votare nel 2018, anche se Bersani (presente, ma senza prendere la parola, con Epifani e D’Alema) ha ribadito che questo impegno lo vuole sentire dalla bocca dello stesso Renzi, in modo che non possa rimangiarselo o smentirlo. “È il nostro governo – ha detto Bersani –  non possiamo lasciargli la spada di Damocle sopra”.

“Noi comunque – ha affermato Emiliano – speriamo di non dover dire cose drammatiche nelle prossime ore ma se dovesse essere necessario non avremo paura. Non costruiremo un soggetto avversario del Pd ma non aspetteremo altro che ricostruire questa comunità. Tutto questo, però, è evitabile, lo voglio dire ancora”.

A sua volta dal palco, il governatore toscano Enrico Rossi ha chiarito che “se si pensa di fare un congresso in poche settimane, una una conta per riconsegnare la guida del partito al segretario noi non ci stiamo. Il Pd è per sua natura un partito plurale e di centrosinistra, se si pensa di abolire la sinistra o che finisca per non contare nulla la responsabilità della spaccatura ricade su chi non vuole capire”.

E anche Roberto Speranza ha riferito di aver avuto un colloquio con Matteo Renzi: “Mi ha cercato e ho parlato con lui, come giusto perché è il segretario. Gli ho chiesto se la vediamo solo noi la scissione che c’è già stata in parte del nostro mond. E ribadisco che, se non c’è una presa di consapevolezza, sarà normale un nuovo inizio. Se il congresso non è il tentativo di rimettere insieme un mondo ma è solo rivincita o plebiscito, a me non interessa entrare”.

E tutti gli aventi diritto – meno Massimo D’Alema – annunciano che domani saranno presenti all’Assemblea del Pd.

Come finirà nessuno è in grado di dirlo, soprattutto dopo la replica del vice di Renzi, Guerini, a una nota pubblicata da Emiliano su facebook, nella quale il presidente della Puglia ha scritto ciò che ha poi detto in assemblea:  “Ieri ho detto a Renzi che basterebbe fare una conferenza programmatica a maggio e le primarie congressuali a settembre per ricomporre un clima di rispetto reciproco e salvare il Pd. Adesso che lo abbiamo convinto a sostenere Gentiloni fino alla fine della legislatura senza fargli brutti scherzi, possiamo darci il tempo di riconciliarci e trovare le ragioni per stare ancora insieme. Questo è il lavoro – continua Emiliano – che deve fare il segretario. Rimettere insieme i cocci di anni difficili per ripartire insieme. Senza questo lavoro le distanze politiche tra noi sono troppo grandi e non basterebbe una conta per evitare anche a breve nuovi dissensi e nuovi rischi di conflitto. Diamoci una possibilità”. Parole alle quali il ministro Dario Franceschini aveva aggiunto ieri le sue: “Non vi chiedo fermatevi, vi dico fermiamoci”.

Ma Lorenzo Guerini ha usato parole diverse: “Il sostegno totale del Pd al governo Gentiloni c’è dal primo giorno. La scadenza finale della legislatura non è nelle disponibilità né di Renzi, né di Emiliano, né di altri. Suggerirei sommessamente a tutti, a partire dagli amici della minoranza, di tenere fuori il governo dalle diatribe congressuali, per il bene del Paese e del Pd. Concentriamoci invece sul nostro congresso. Facciamolo. Quello è il luogo della democrazia interna: chi ha idee non abbia paura di confrontarsi”.

“Intanto i tre candidati della minoranza dem stanno dicendo che non si può fare un congresso così, perché se si forzano le regole non può candidarsi nessuno Telefonata da parte di Renzi? No, non l’ho ricevuta, ma deve sentire loro, Speranza, Rossi, Emiliano”, ha aggiunto Bersani.

Emiliano: “Che paura ha Renzi che passi il tempo?” Ed è proprio a Bersani che sono stati rivolti gli applausi del pubblico del teatro Vittoria, quando dal palco Emiliano lo ha citato più volte. “Di fronte a una situazione molto meno grave di quella in cui si trova oggi Matteo Renzi – ha detto – Pier Luigi Bersani si è dimesso e ha consentito al partito di superare le difficoltà. Se quel partito è sopravvissuto ed ha dato la possibilità a Renzi di diventare presidente del consiglio e prendere il 40% è perché il suo segretario è stato capace di vincere il personalismo e di vivere la politica come comunità. Un segretario di partito non è una persona che ha paura del confronto e teme che chi ha idee diverse dalle sue possa avere consenso e che passi il tempo. Che paura ha Matteo Renzi del passare del tempo?”. Quello del governatore della Puglia è stato un intervento dai ritmi misti. Emiliano ha alternato battute che hanno fatto distendere l’atmosfera in platea a vere e proprie invettive indirizzate all’ex presidente del consiglio, che hanno raccolto gli applausi del pubblico.

“Per evitare scissione, conferenza e magari Renzi non si ricandida” – “Io ero uno dei sostenitori di Matteo Renzi: scusatemi ma non ero l’unico. Eravamo convinti che una nuova generazione avrebbe aiutato il Pd e l’Italia ad uscire da una crisi profonda la cui responsabilità non è solo di Renzi”, era stato il prologo del suo discorso, prima di mettere nel mirino la gestione del partito da parte del segretario. “Enrico Rossi dice che questo sta diventando il partito di una persona. È vero, e attorno al capezzale di questa persona si avvicendano nel tentativo di trovare una soluzione. Se la conferenza programmatica dovesse avere successo, Renzi si potrebbe convincere che è meglio se non lo fa più il segretario. Può anche essere. E può essere che si trovi un candidato unitario. Non è che i partiti serva a prendersi a calci sugli stinchi, a fare il calcio fiorentino”. L’ex primo cittadino barese si più volte riferito in modo ironico a Speranza e Rossi, come lui candidati alla segreteria. “Ci tremavano le mani quando l’altro ieri abbiamo sottoscritto quel patto, quella dichiarazione. Io ho detto a Speranza e Rossi: sto con voi perché siete due brave persone che significa non essere tattico in situazioni vergognose. Ma mi chiedo: Che paura ha di sentire parlare Enrico o Roberto? Perché è bellissimo ascoltarvi. Io vi ascolto e metto da parte poi chissà vi frego anche… Scherzo, è una situazione dolorosa ma io cerco di farvi sorridere perché questo è il mio compito”. Quindi una sorta di ultimatum, già contenuto nel suo post sui social: “Per evitare la scissione dobbiamo solo decidere che facciamo una conferenza programmatica in cui stringiamo le nostre divisioni. Se la facciamo e Renzi si convince a non ricandidarsi, allora può essere che convergiamo su uno stesso candidato”. Per il governatore dunque è possibile che alla fine una scissione non ci sia. Ed è per questo che ha definito “il Pd un grande sogno al quale non voglio rinunciare solo perché qualcuno con un po’ di prepotenza, di arroganza e scarsa conoscenza della storia di questo Paese, pensa di cancellare tutto questo schioccando le dita, perché non gli conviene”.

1 Commento

  1. Cosa penso: difficile dirlo per uno che da una vita voto a sinistra, con quelli legati ad un passato che non c’è più e coloro che vogliono tenersi lo “scrano”legato al culo. Dopo tanti anni di lotte non riconosco più il mio partito o la sinistra che per me dava ideali con lotte e configurazione della lotta operaia come margine vero di governo.Mi fate schifo parlare oggi di scissione quando ancora la povera gente non arriva a fine mese. Date in mano al qualunquismo del M5S i voti di un governo che di politica per la gente non sà nulla stanno facendo adepti a piene mani e voi pensate a dividervi fate schifo. Io vado con Renzi se fonda un partito o con coloro che veramente ci hanno provato a fare qualcosa contro l’immobilismo che si prospetta con il ritorno del passato. Hanno fatto in in modo votando con la destra di non cambiare nulla, hanno lasciato una marea di parlamentari che mai e poi mai si troveranno d’accordo su nulla prenderanno una marea dei nostri risparmi e con governi balneari. Coloro che hanno votato NO se ne vadino altrimenti io il voto al PD non ce lo darò mai più.Attualmente è questa la mia certezza; come uscendo dal voto ad altri non saprei a chi darlo quindi il mio è non andare a votare

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