LE BARRICATE “PREVENTIVE” DEL PDR. MA CONTRO CHI, SE IL GOVERNO NON C’È ?

di STEFANO CLERICI – C’è qualcosa che sfugge – o forse ci sfugge – in questa disperata logica aventiniana del PdR. Dopo l’appello lanciato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella al “senso di responsabilità” di tutte le forze in campo, l’intero gruppo dirigente del partito di Renzi, a cominciare dalle dichiarazioni a caldo dell’ex segretario, va ripetendo a ogni intervista sui giornali o apparizione televisiva che: “il nostro senso di responsabilità è stare all’opposizione”. Ora, non c’è bisogno di essere raffinati costituzionalisti, ma basta semplicemente essere persone di buon senso, per capire che per stare all’opposizione deve esserci in Parlamento qualcosa a cui opporsi, ovvero un governo in carica. Ma, allo stato dell’arte, una maggioranza non c’è e quindi non si tratta di opporsi a questo o a quel governo, bensì di decidere se far nascere o no un governo. Differenza, ci pare, non da poco.

Abbiamo capito benissimo che, al momento, i dirigenti del PdR con Luigi Di Maio non prenderebbero nemmeno un caffè; che bruciano ancora gli insulti ricevuti durante la campagna elettorale, spesso esagerati e insanamente generalizzati (e comunque altrettanto velenosamente ricambiati); che esistono punti del programma Cinque Stelle che appaiono lontani anni luce dal loro. Ma la domanda è: tutto ciò giustifica le “barricate”, con un paese lasciato in balìa di se stesso? E’ comprensibile, ma è anche giusto, che il PdR si rifugi nella sua tana a leccarsi le ferite, mentre fuori può accadere di tutto?

E’ forse questo il “senso di responsabilità” al quale fa appello il presidente Mattarella. Il PdR ha il dovere di fare la sua parte, non può chiamarsi fuori, facendo prevalere l’orgoglio sulla ragione. Lo slogan “né con Di Maio, né con Salvini”, ci ricorda tanto quegli anni bui di “né con lo Stato né con le Br”: una logica aberrante che ha portato solo catastrofi. La politica non è risentimento, né capriccio. E’ l’arte della mediazione, del compromesso. Gli elettori hanno messo il PdR in condizione di essere l’ago della bilancia per dar vita a un necessario governo. Matteo Renzi e i suoi devono scegliere da che parte andare.

A meno che non decidano di far saltare il banco, di restare con il cerino in mano e di andare a nuove elezioni. Nel qual caso, delle due l’una: o il PdR spera nel miracolo del 51%, come facevano i “grillini” d’un tempo, oppure si prepara a risultati da prefisso telefonico.

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