di ENNIO SIMEONE – Giuseppe Conte decide di rivolgersi direttamente agli italiani – attraverso una conferenza stampa occupata per 35 minuti dalla esposizione delle cose che il governo ha in programma di fare per i prossimi 4 anni e per altri 20 minuti dalle risposte alle domande dei giornalisti – per porre l’aut aut a Salvini e a Di Maio. In sostanza: o si lavora concordemente per attuare il contratto di governo smettendola con le schermaglie da campagna elettorale o restituisco il mandato nelle mani del Capo dello Stato. Non starò qui ad assistere ai vostri scontri attraverso dichiarazioni, tweet, selfie e reciproci attacchi, dopo aver ribadito di essere super partes, cioè di non appartenere a nessuna delle due forze politiche che compongono la maggioranza.
E la risposta che chiedo – ha detto in sostanza – la voglio in tempi rapidi. “Non mi presterò a vivacchiare o a galleggiare” per “restare a Palazzo Chigi”. Se “non ci sono le condizioni per andare avanti rimetterò il mandato nelle mani del Presidente della Repubblica – ribadisce Conte -. Chiedo a entrambe le forza politiche e ai rispettivi leader di dirci se hanno l’obiettivo di proseguire nello spirito del contratto o se preferiscono riconsiderare questa posizione”. “Il Paese non può attendere”.
Per il presidente del Consiglio “bisogna recuperare lo spirito di coesione” del primo anno “per andare avanti”, altrimenti diventa “difficile operare”. “Leale collaborazione vuol dire che se il ministro dell’Economia e il presidente del Consiglio dialogano con l’Ue per evitare una procedura d’infrazione che ci farebbe molto male, le forze politiche non intervengono ad alterare quel dialogo riducendo quella trattativa a terreno di provocazione…”.
E ancora, Conte ricorda “le parole declamate” nel giorno del giuramento alla presidenza del governo: “Non ho mai giurato altra fedeltà al di fuori di questa, è stata e sempre sarà il faro della mia azione di presidente”. “Ho sempre ritenuto che il contratto fosse un elemento di forza del governo – ha sottolineato Conte – è la modalità più lineare e trasparente per dar vita a un governo tra due distinte forze politiche con contenuti programmatici diversi e contesti valoriali distinti”.
Poi ha dettato l’agenda: “Dobbiamo lavorare a una legge sul conflitto d’interessi, una legge che il Paese aspetta da decenni, dobbiamo contrastare questo virus epidemico che incancrenisce”. Quanto alle voci di un rimpasto che si sono rincorse nei giorni scorsi, rispondendo ai cronisti, Conte taglia corto: “Sul mio tavolo al momento non è pervenuta nessuna richiesta”.
Il premier si lascia infine andare a una battuta. Quando i giornalisti gli chiedono dell’ipotesi di una ‘lista Conte’ in caso di caduta del governo, lui scherza: “Se ancora è libero” il posto “sarei disposto ad allenare la Roma”, giocando sull’omonimia con il neo allenatore dell’Inter, Antonio Conte.
La rima risposta è arrivata da Salvini, ovviamente via twitter, da Mantova (dove si trova per un comizio in vista di un ballottaggio comunale): “Se tutti mantengono la parola data, il governo va avanti”.
Dall’opposizione esponenti del Pd si dolgono perché Conte avrebbe dovuto fare quel discorso in parlamento e non in na conferenza stampa, anche se svolta a Palazzo Chigi. Ma questa “anomalia” forse, paradossalmente, ha dato più forza alla sua mossa.
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