Dopo l’esplosione dello scandalo di “Mafia Capitale”, a Roma alligna una sorta di virus che sta facendo sprofondare la “città eterna”. Sotto tutti i punti di vista. Per colpa di chi ha speculato, ha rubato, ha mangiato a spese dei cittadini, ha gestito e amministrato male in tutti i settori, in questa città non funziona più nulla. Roma è una città commissariata in tutto e per tutto, è diventata la città dei Prefetti. Da Tronca che comanda in Campidoglio, al plenipotenziario Gabrielli che comanda ovunque, anche allo stadio. Servirebbero pagine e pagine per descrivere cosa va e cosa non va nella Capitale, facciamo prima a scrivere cosa va bene: niente. Traffico al parossismo, strade piene di buche, accattonaggio in ogni angolo, corruzione, malasanità, malapolitica, zone buie, monumenti trascurati. In tutto questo, il misterioso virus ha praticamente azzerato anche lo sport.
Una pena…Capitale. Dal calcio al basket, dal volley al rugby: Roma è alla frutta. Poche risorse, pochissime idee, fallimenti, progetti mai decollati. Insomma, per citare De Niro in versione al Capone in “The Untouchables”: solo chiacchiere e distintivo. Oggi come oggi, i simboli di questo disastro sportivo sono i due club più importanti all’interno del Grande Raccordo Anulare: la Roma e la Lazio. Due società guidate da opportunisti sprovveduti. Da una parte Pallotta e l’allegra compagnia americana, dall’altra Lotito e i suoi vassalli. E così succede che i giallorossi, dopo aver fatto ridere tutta Europa per colpa della mediocrità di Rudi Garcia e per la mancanza di polso e competenza da parte dei dirigenti (1-7 col Bayern un anno fa, 1-6 col Barcellona recentemente), escono pure dalla Coppa Italia eliminati da una modestissima squadra di Serie B: lo Spezia. Una sorta di “Corea” giallorossa maturata ai calci di rigore dopo 90 minuti e tempi supplementari chiusi sullo 0-0. Incredibile. Spezia che adesso nei quarti di finale se la vedrà con l’altra grande sorpresa di questa Tim Cup, l’Alessandria. Una di loro volerà in semifinale: come accade nella FA Cup britannica. Chapeau allo Spezia di mister Di Carlo e all’Alessandria di mister Gregucci.
Romanisti e laziali non ce la fanno più. Pallotta e Lotito sono stati capaci di ferire ripetutamente l’amore e la passione quasi unici di queste due meravigliose tifoserie. Come? Gestendo le squadre di calcio come aziende. Aziende perdenti sul campo. “La Roma è una principessa che faremo diventare regina”, proclamò nel 2011 “ciccio bello” Di Benedetto, primo pseudo-presidente dell’era a stelle e strisce. Uno che non conosceva nemmeno le regole del gioco più bello del mondo. Sono passati oltre 4 anni e la Roma non solo non è diventata regina, ma, non è più nemmeno principessa. E’ una “Cenerentola” ammansita. “Ho preso un club in coma, lo sto facendo uscire dal coma ma ancora è in terapia intensiva”, dichiarò dal canto suo Lotito nel 2004. Tranne qualche piccola e sporadica soddisfazione (su tutte il derby di Coppa Italia del 26 maggio: trionfo del provincialismo romano), in quasi 12 anni di presidenza Lotito, la Lazio è rimasta in terapia intensiva a livello di risultati sportivi. Attualmente, la squadra è più vicina alla zona retrocessione che a quella con vista sull’Europa. Mentre il bilancio contabile, quello sì, è uno dei pochi non in rosso della Serie A.
“Romanistità” e “lazialità” calpestate, maltrattate, uccise. Stessa sorte per la storia di questi due gloriosi club: umiliata. In tutto ciò, Pallotta continua a parlare di uno stadio di proprietà che probabilmente non si farà mai. Ma, la realtà ci dice che l’Olimpico è sempre vuoto: per un motivo o per un altro, romanisti e laziali non vanno più allo stadio. L’ultimo derby giocato senza Curve è il massimo esempio di questo stato di cose. E la colpa non è solo dei provvedimenti tanto draconiani quanto pelosi e inutili voluti dal “prefetto di ferro” Gabrielli. Provvedimenti contestati dagli ultras ma contro i quali nè Roma, nè Lazio hanno fatto qualcosa. Tempo fa ci schierammo con Mr. President quando Pallotta definì “fucking idiots” i tifosi che esposerò striscioni oltraggiosi nei confronti della mamma di Ciro Esposito. Allora, esprimemmo solidarietà per Pallotta pesantemente insultato dagli ultrà; oggi sono i tifosi della Roma ad avere la nostra solidarietà. Come hanno tutta la nostra solidarietà i tifosi laziali costretti a sopportare Lotito da oltre due lustri. E purtroppo, sia in casa Roma che in casa Lazio, non si vede luce in fondo al tunnel. Proprio vero, da “Mafia Capitale” a “Pena Capitale”.
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