L’ALTRO DEGLI ALTRI/ Quando la “politica del sì” può fare danni: il caso della Tav

Con il titolo “Sulle grandi opere non è cambiato nulla”  il Fatto quotidiano pubblica – in concomitanza con la manifestazione indetta dal movimento NO TAV – una scoraggiata nota di Marco Ponti, il capo della squadra di esperti che fu incaricata dal governo di calcolare il rapporto tra costi-benefici della Tav Torino-Lione e arrivò alla conclusione che non vi è alcuna convenienza a realizzare l’opera, progettata diversi anni fa e destinata ad essere completata solo nel 2038. La riproduciamo per i nostri lettori.

«È veramente molto difficile trovare argomenti oltre i numeri per valutare negativamente il nuovo tunnel del Frejus (che non è un treno, e soprattutto non è ad alta velocità). Anche i nomi pesano: molti pensano, i piemontesi e i lombardi soprattutto, che come passeggeri ne avranno grandi benefici per andare in Francia: non è vero, i francesi di là dal tunnel non faranno nulla fino al 2038. E un primo punto è proprio questo: il corridoio europeo così spesso citato è stato cancellato dalla Francia due anni fa, tanto ci credono, e Macron ha saggiamente bloccato tutte le grandi opere, appena insediato. Forse è più attento agli sprechi di noi.

Anche questo spreco ha provato a bloccarlo, forte del parere della Corte dei Conti e di molti studiosi d’oltralpe, ma contro gli interessi locali e dei cementieri non ce l’ha fatta.

Ma proviamo ancora: oggi l’ex-parlamentare Pd Esposito in Tv ha provato a metterla sul tremendo inquinamento dei camion in Val di Susa, dimenticando che i dati ufficiali lo smentiscono: l’inquinamento è minimo, e si ridurrà grazie al progresso tecnico.

E il mondo industriale? Giudica l’opera essenziale per lo sviluppo del Piemonte. Ma se è così, perché non si offre di pagarla almeno in piccola parte, diciamo il 30%, con i pedaggi per l’uso dell’opera? E devono pagarla invece tutta i contribuenti? (e non importa se tra loro ci sono un po’ di idraulici polacchi o casalinghe portoghesi).

Risposta fulminea: ma le infrastrutture le deve pagare lo Stato, non noi! Quelle che gli servono invece gli utenti le pagano, industriali compresi: soprattutto le autostrade, alcune delle quali sono state pagate, attraverso generosissimi pedaggi, anche più di una volta, senza che nessun industriale fiatasse. Forse c’è da pensare che nessuno fiatasse perché la maggior parte della rete autostradale è in mano a privati? Non si sa.

La più tuonante difesa del tunnel fatale arriva però dal Piemonte, come per l’alta velocità Brescia-Padova, altro spreco di soldi dei contribuenti, arriva dal Veneto. Ma questo è giustissimo: non ne pagano i costi, perché dovrebbero rinunciare a regali miliardari?

Ma “cessi il compianto”: il tunnel si farà, e nessuno dei decisori risponderà se ci passerà poco traffico, né se costerà il doppio del previsto. Chi paga non saprà.

Non solo: il sindacato si è spinto, con estremo ardimento (la Filt-CGIL) ad auspicare che tutti i 133 miliardi di opere mai valutate lasciateci in eredità dal precedente governo vengano realizzate.

Un coraggio davvero stupefacente: è noto che le grandi opere civili oggi hanno effetti occupazionali molto ridotti per euro speso, rispetto ad altri settori, in primis le manutenzioni. Poi si tratta di occupazione temporanea. Poi il settore ha un basso contenuto di innovazione (addirittura le “talpe” che scavano i tunnel sono spesso importate). Poi le grandi opere non sono anticicliche (per finire quel tunnel ci vogliono 10 anni). Poi non sono molto apribili alla concorrenza (risultano invece molto apribili ad interessi organizzati poco simpatici, e alla corruzione).

Ma in fondo, costruttori, politici locali, e lo stesso sindacato sono interessi costituiti. Forse qualche attenuante la si può dare.

Ma i 5Stelle? Oggi Luigi Di Maio e Danilo Toninelli fanno a gara con Salvini (una gara davvero non nobile) per presentarsi come quelli che non bloccano niente, anzi, cemento e soldi per tutti. E non a parole, con i fatti. Hanno prima detto subito sì, facendo nella fretta anche errori nei conti, al Terzo Valico (ce ne sono già due: 6 miliardi a nostro carico) tra Milano e Genova, cui l’analisi costi-benefici da loro commissionata aveva detto no. La cosa si è ripetuta identica per l’alta velocità Brescia-Padova (8 dei nostri miliardi), compresi gli errori di calcolo per non avere il coraggio di contraddire direttamente i conti da loro commissionati. Non hanno nemmeno avuto il coraggio di ricordare agli italiani che pagano, che si tratta di appalti assegnati senza gara in piena tangentopoli.

E adesso, gran finale! Dodici miliardi (il costo di 4 di quei tunnel piemontesi, per le casse dello Stato) per le ferrovie in Sicilia. Più altri miliardi qua e là al sud. Ma qui non si vogliono correre rischi: non si faranno nemmeno analisi, né economiche né finanziarie né di traffico. Potrebbero esserci sorprese, no?

E quei fessi di tecnici che hanno creduto che l’operazione analisi costi-benefici non fosse strumentale, ma dettata da una ferma volontà politica di evitare sprechi? Hanno fatto al meglio il loro lavoro, e in tempi strettissimi, e con risorse ridotte. Non meritavano questo incredibile voltafaccia, che per fortuna squalifica molto più chi il voltafaccia lo ha fatto che non loro, la cui indipendenza sembra oggi largamente provata, anche se chi scrive non può essere buon giudice, per palese confitto di interesse».

Marco Ponti

 

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