LA VERITA’ E’ UNA FINZIONE/ La potenza del teatro messicano a REF 2022 con “Làzzaro” e “Tiburòn”

di FEDERICO BETTA –  Ospite a Roma Europa Festival, con l’anteprima nazionale di Lázaro e con Tiburón, la compagnia messicana Lagartijas Tiradas al Sol, fondata da Luisa Pardo e Gabino Rodríguez, porta in scena una riflessione profonda sui temi della verità e della finzione scenica, dell’identità e dell’importanza del teatro.
Come afferma la compagnia stessa, “dal 2003 abbiamo iniziato a sviluppare progetti che hanno alla base l’idea di collegare lavoro e vita, per cancellarne o tracciarne i confini. Il nostro lavoro cerca di creare narrazioni su eventi reali.
Non ha nulla a che fare con l’intrattenimento, è uno spazio per pensare, articolare, dislocare e svelare”.
In Lázaro –  nato su invito della regista argentina Lola Arias e sviluppato durante il periodo della pandemia – ci troviamo di fronte alla vita di Rodriguez che, partendo da interrogativi filosofici sulla natura dell’identità, ci conduce fino al gesto estremo che l’ha portato a cambiarsi i connotati fisiognomici, arrivando a morire e rinascere in scena con un nuovo nome: Lázaro.
La narrazione inizia con l’amica e collega Luisa Pardo che chiede a una cerchia di conoscenti di rispondere alla domanda: “Chi è Gabino Rodriguez?”.
Attraverso un ricco archivio di racconti, video, fotografie e testimonianze, lo spettacolo ci porta a riflettere su personaggi che hanno mutato la propria identità, quali Michael Jackson, Paul B. Preciado, il Subcomandante Marcos e Fernando Pessoa, fino ad arrivare al diavolo che si trasforma in serpente per ingannare Eva.
Se, come ci dice Rodriguez, “recitare è un atto di ribellione”, in Làzaro assistiamo al tentativo di ribellarsi all’immagine che abbiamo di noi stessi, fino a ricrearsi un volto nuovo, per provare a indagarsi da un altro punto di vista.
La finzione è pericolosa” ci dice l’autore, la costruzione di un personaggio è fragile, è molto più forte quello che nascondiamo di quello che mostriamo, viviamo in un’epoca fintamente democratica soggetta alla dittatura della bellezza, e né la bellezza né l’innocenza si possono recitare.
C’è la provocazione costante dell’esperienza in prima persona, il desiderio di “occuparsi di una parte della memoria per lanciarla nell’opera come una bomba”. E il risultato è dirompente, potente, un’esperienza in grado di soddisfare tutte le necessità del pubblico la riflessione razionale e la sfera fisico-emozionale.
Il tema della mescolanza di piani e della sottile linea tra verità e finzione si dipana anche nel secondo lavoro presentato dalla compagnia: Tiburón.
Parte del progetto La democracia en México 1965-2015 è pensata come un’indagine sull’ideale democratico, Tiburón
ci porta sull’omonima isola, mettendo a confronto l’esperienza dell’evangelista del XVI secolo José María de Barahona con il viaggio a Tiburón che Gabino Rodriguez ha intrapreso nell’agosto del 2019.
Il doppio registro temporale è un meccanismo potente che trasporta il pubblico in un viaggio senza tempo, in un’esperienza antropologica e mistica al tempo stesso, che vede questi due uomini partecipare a un rito d’iniziazione. Facendo i conti con il nostro scetticismo e il nostro bisogno di scoprire nuove realtà e nuove modalità relazionali, ci mette di fronte a tutte le ipocrisie di un mondo borghese progressista che, con il mito della giusta distanza, finisce per portarci
in un vortice di relativismo morale.
​In teatro è difficile portare la verità, ci dice Rodriguez mentre giura sulla madre di aver assistito ad un miracolo; in questo modo continua ad interrogarci sulla nostra percezione del vero, su che cosa sia importante credere e sui miracoli possibili che ci possono accadere.

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