La struggente lettera aperta della ragazza stuprata nella stazione della Circumvesuviana alle porte di Napoli

Due dei tre inqualificabili giovani che sono stati fermati per la violenza di grupppo usata ad una ragazza di 24 anni anni nell’ascensore della stazione della Curcumvesuviana di San Giorgio a Cremano (alle porte di Napoli) sono stati rimessi in libertà. Non si sa se anche al terzo di loro sarà usato lo stesso sorprendente trattamento.

Intanto – per capire quale è il male che,  comunque, essi hanno fatto ad una ragazza indifesa e chi è quella persona: quali sentimenti ha, quale cultura, quale sensibilità, quali tormenti – basta leggere la lettera aperta che la vittima ha indirizzato a quanti  ancora dubitano della sua versione dei fatti. E’ sperabile che la leggano i giudici del Tribunale del Riesame e che per loro non siano, le sue, delle “parole al vento”. La giovane scrive:  “Bastano pochi minuti e ritorno col pensiero: erano attimi di incapacità a reagire di fronte alla brutalità e alla supremazia di tre corpi. Erano attimi in cui la mente sembrava come incapace di comprendere, erano attimi di totale perdizione dell’essere. E dopo che il corpo era diventato scarto e oggetto ho provato una sorta di distacco da esso. Il mio corpo, sede della mia anima, così sporco. Sembrava di essere avvolta dalla nebbia mentre mi trascinavo su quella panchina dopo quelli che saranno stati 7 o 8 minuti. Mi sono seduta e non l’ho avvertito più. Ho cominciato ad odiarlo e poi a provare una profonda compassione per il mio essere. Compassione che ancora oggi mi accompagna, unita ad una sensazione di rabbia impotente, unita al rammarico, allo sdegno, allo sporco, al rifiuto e poi all’accettazione di un corpo che fatico a riconoscere perché calpestato nella sua purezza. Il futuro diviene una sorta di clessidra. Consumato il corpo e la mente dal tempo odierno ricerco una vita semplice. Mi piacerebbe essere a capo di un’associazione che si occupa della prevenzione, della tutela e della salvaguardia delle donne, ragazze, bambine a rischio, perché donare se stessi e il proprio vissuto per gli altri è l’unico modo per accettarlo”.

Riflettano coloro che devono. Ma riflettano tutti coloro che possono.

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