di ALESSIA ALIMONDA/ Ci sono artisti le cui opere non solo adornano i nostri spazi, ma ci invitano a una profonda riflessione sulla natura umana e sul mondo che ci circonda. Arnaldo Pomodoro era uno di questi. Scomparso all’età di 99 anni, l’eco delle sue sfere iconiche risuona oggi più che mai, offrendoci una lente attraverso cui osservare la complessità del nostro tempo.
Arnaldo Pomodoro: scultore, orafo e scenografo, ha saputo anticipare le dinamiche di una realtà in continua evoluzione. Già negli anni Sessanta, ben prima dell’era dei social media e delle comunicazioni immediate, le sue sculture mettevano in dialogo l’aspirazione alla semplicità con l’intrigo di una complessità spesso incomprensibile. Non si trattava di un contrasto, ma di un confronto costante tra l’ideale geometrico della superficie e i labirinti, i grovigli che si celano al suo interno.
Un dialogo tra superficie e contenuto. Le opere di Pomodoro ci insegnano che la facilità non è mai la risposta completa. Un cappellino promozionale o uno slogan non possono annullare la gravità di un bombardamento, né semplificare questioni geopolitiche complesse. Questo non era un riferimento specifico a un evento, ma uno schema di comportamento che l’artista riconosceva come ricorrente: la pretesa di rendere tutto semplice quando la vera comprensione risiede nella profondità del ragionamento. Le sue sfere sono un monito contro la superficialità, invitandoci a guardare oltre l’apparenza per cogliere la ricchezza delle sfumature.
Sfere spettinatrici nel Mondo. Le sculture di Pomodoro sono disseminate in luoghi simbolo di decisioni e incroci culturali: dalla “Sfera grande” di Roma davanti alla Farnesina, al “Disco grande” in Piazza Meda a Milano, fino alla celebre “Sfera con sfera” nel Cortile della Pigna dei Musei Vaticani, riprodotta anche per il piazzale antistante le Nazioni Unite a New York. Inizialmente, queste opere in bronzo potevano evocare il mistero dell’era spaziale o le correnti informali. Ma, a forza di “girare”, hanno superato queste categorizzazioni, diventando narrazioni universali del mondo. “Sembra che possano andare sulla Luna, ma parlano della Terra”, diceva Pomodoro. Le sue creazioni, tonde come le sue idee e dense quanto le loro architetture stratificate, rimangono perennemente contemporanee, capaci di interpretare un’urgenza universale: “Unire lo spazio alla persona”.
L’Umanità al Centro. Questo era il suo sogno, il suo moto costante: collegare lo spazio esplorato con quello in cui camminiamo, il legame tra le nazioni e gli esseri umani. Le sue opere, che si tratti della scultura per Lampedusa o di quelle a San Giovanni Rotondo, mantengono un dialogo costante tra l’immenso e il quotidiano, tra la monumentalità e le perplessità umane. Non si può considerare una dimensione senza l’altra. Le sfere di Arnaldo Pomodoro, con le loro perfette superfici che si aprono a rivelare intricate complessità interne, ci ricordano chi siamo: esseri che aspirano alla chiarezza, ma vivono in un mondo intriso di sfide e opportunità. Ci invitano a non temere la profondità, a cercare la comprensione al di là delle facili risposte, e a riconoscere il legame indissolubile tra l’individuo e l’universo che lo circonda.
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