La “marcia delle donne” nelle maggiori città americane contro Trump, che ha già avviato la cancellazione della riforma sanitaria

In tutte le maggiori città americane è partita la ‘Marcia delle donne’ per contestare Donald Trump, che, appena insediatosi alla Casa Bianca, ha annunciato la cancellazione della riforma sanitaria, l'”Obamacare”, con cui Obama aveva assicurato l’assistenza a milioni di cittadini che non potevano permettersi né un medico né i farmaci necessari per curarsi.

La capitale, Washington,  è percorsa da un fiume di persone che, da più parti della città e oltre, hanno raggiunto il centro nei vagoni stracolmi della metropolitana, a bordo di bus pieni, a piedi dalle stazioni ferroviarie dove fin dalle prime ore della mattina sono arrivati treni con centinaia di persone a bordo. “Sarà anche cominciata come la ‘Marcia delle donne’ ma questa è la marcia di tutti. La marcia dell’America che unita è determinata a far sentire la propria voce”: è questo  il messaggio delle donne ma anche dei moltissimi uomini in piazza oggi in segno di protesta nella prima giornata di Donald Trump presidente.

“Siamo tutti sotto attacco e solo noi possiamo proteggerci a vicenda. Restiamo uniti, marciamo insieme, per i prossimi quattro anni”. Questo l’appello lanciato dall’attrice America Ferrera aprendo a Washington la manifestazione. Una mobilitazione cui aderiscono molte personalità, volti noti dello spettacolo, artisti, tra cui Scarlett Johansson, Ashley Judd e Michael Moore. Hillary Clinton esprime solidarietà, su Twitter, alle donne che scendono in piazza a Washington e in tutti gli Stati Uniti per protestare contro Donald Trump. ”Grazie per parlare e marciare per i nostri valori. E’ importante come sempre. Ritengo che siamo sempre più forti quando siamo insieme” twitta Hillary, rifacendosi allo slogan della sua campagna elettorale, ‘Stronger Togheter’.

‘Pussy hat’ il simbolo della protesta – L’idea è venuta a due amiche in California: realizzare un milione di cappelli rosa – i Pussy hat – per ribadire il rispetto ai diritti delle donne. E’ diventato il simbolo della marcia che si prospetta oceanica oggi a Washington in segno di protesta contro il neopresidente Donald Trump. Lo indossano la gran parte delle migliaia di persone che già gremiscono il centro della Capitale americana e come loro tanti altri in diverse città degli Usa e del mondo che aderiscono anche idealmente al corteo anti Trump. Sono donne ma anche molti uomini a sfoggiare con orgoglio il copricapo rosa: “è il nostro modo di dire basta. Di manifestare la nostra irritazione, frustrazione e anche rabbia contro la misoginia”, hanno sottolineato parlando con l’ANSA diversi manifestanti a Washington. “Che il presidente degli Stati Uniti possa dire cose del genere verso più della metà della popolazione…con questo cappello e con questa marcia diciamo basta, non si possono più sminuire le donne così”, ha aggiunto lo stesso gruppo di manifestanti.

La protesta contro Donald Trump si fa ‘globale’, infatti  si attende fino ad un milione di persone nelle piazza di tutto il mondo con manifestazioni e marce ispirate alla massiccia mobilitazione a Washington per la ‘marcia delle donne’. A partire da Londra, dove il corteo è capeggiato dal sindaco, fino a Berlino, Atene, Parigi, Sidney, New Delhi,  Milano e Roma.

Intanto le pagine sui diritti civili, sul cambiamento climatico e sui diritti Lgbt spariscono dal sito della Casa Bianca. La sezione sul cambiamento climatico è stata sostituita da An American First Energy Plan, in cui non si parla di clima e si afferma che il presidente “è impegnato a eliminare le politiche non necessarie e dannose come il Climate Action Plan”. La pagina sui diritti civili è stata rimpiazzata dalla sezione Standing Up for Our Law Enforcement Community, in cui i timori su come la polizia agisce vengono sostituiti dalla richiesta di aumentare il numero delle forze dell’ordine. Nel sito le parole ‘nero’ o ‘afro-americano’ non compaiono in nessuno dei documenti sulle prossime politiche di Trump, così come non c’è una sezione dedicata a uno dei temi che ha più cavalcato nella campagna elettorale, l’immigrazione.

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