La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del muratore Massimo Bossetti che fu condannato all’ergastolo nel processo per l’uccisione della dodicenne Yara Gambirasio avvenuta 11 anni fa in Lombardia

La Corte Assise – precisano gli ermellini – dovrà consentire alla difesa di Bossetti la “ricognizione dei reperti, nei limiti già autorizzati in precedenti provvedimenti, stabilendo contestualmente le opportune cautele idonee a garantirne l’integrità. All’esito della ricognizione, se la difesa avanzerà nuova specifica richiesta, la Corte di Assise dovrà valutare la concreta possibilità di nuovi accertamenti tecnici e la loro non manifesta inutilità”.

Bossetti, che viveva nella bergamasca, a Mapello, dove faceva il muratore, è in carcere dal 14 giugno 2014, ad accusarlo c’è solo l’esito del Dna raccolto dopo che erano stati passati al setaccio migliaia di profili genetici degli abitanti dell’area dove è avvenuto il delitto della tredicenne Yara, che il giorno della sua scomparsa stava andando in palestra per fare allenamento di ginnastica.

Tuttavia, come emerso nei dibattimenti che si sono aperti in seguito ai tentativi della difesa di Bossetti di far riaprire il processo per la revisione, la “prova regina” che indirizz0′ l’accusa contro Bossetti  (cioè il campione genetico 31 G20 che raccoglieva la traccia del suo Dna, trovato sui leggins della vittima) a furia di essere analizzata è esaurita. Quindi l’esame del Dna su quella traccia non può  più essere eseguito.

Tra circa un mese si dovrebbero conoscere le motivazioni della decisione emessa ieri sera dai giudici della Corte di Cassazione, e si capirà con precisione per quali reperti è stato consentito l’accesso da parte della difesa dell’imputato.

Commenta per primo

Lascia un commento