INCUBO ROSSO/ Il Liverpool e l’ex Salah travolgono la Roma ipotecando la finale Champions. Solo il colpo di coda giallorosso regala una speranza. All’Olimpico però servirà un’altra impresa

di FABIO CAMILLACCI/ Roma: una batosta a Liverpool per l’andata delle semifinali di Champions League, ma, c’è ancora una piccola speranza di farcela nonostante il 5-2 per i “Reds” britannici. Al ritorno, davanti ai 60 mila dell’Olimpico, servirà un’altra impresa come contro il Barcellona per volare alla finalissima di Kiev. Servirà un altro 3-0 come quelli rifilati dai giallorossi al Chelsea nella fase a gironi e al Barça nei quarti di finale dopo l’1-4 del Camp Nou. Difficile, difficilissimo ma non impossibile per questa strana e imprevedibile Roma. “Mo Salah, Mo Salah, running down the wing”, canta a squarciagola la marea rossa di Anfield Road. Ma se questo prodigio della natura si limitasse a “correre giù per la fascia”, come da coro, la Roma avrebbe qualche opportunità di fermarlo. Invece niente, il grande ex Salah è un mostro e dappertutto, in ogni momento, in ogni occasione. Su questo pesante 5-2 per il Liverpool c’è per due volte la firma dell’egiziano già prima dell’intervallo. Lui, Momo Salah, per rispetto verso i suoi ex tifosi e compagni di squadra non esulta dopo le reti. Poi aggiungerà due assist, di fronte a una Roma che si squaglia e rimedia una ripassata memorabile, prima di rialzare un po’ la testa sui titoli di coda. Finale di Champions League lontana, ma la parola “impossibile”, dopo l’impresa col Barcellona, non va usata. In fondo, basterebbe un altro 3-0: film improbabile, ma già visto per andare in finale contro una tra Bayern Monaco e Real Madrid che si giocheranno l’andata domani in Germania.

Roma, bella partenza. E dire che è il popolo romanista a sognare il gol per primo, quando Kolarov scuote la traversa dei padroni di casa con un sinistraccio dei suoi che sorprende il portiere Karius. Dunque, per una mezz’oretta Di Francesco sembrava aver indovinato le mosse giuste per frenare il ritmo dei “Reds”, che quando corrono sono simile a un toro scatenato su un campo da calcio. La capacità del Liverpool di passare in un amen dal ritmo dolce dei Beatles all’heavy metal che tanto piace a Klopp è impressionante. Da quando Mané divora la prima palla-gol fino all’intervallo, il Liverpool ha dieci occasioni: ben dieci. Occasioni che si concretizzano in due reti, una terza viene annullata giustamente per fuorigioco di Mané. Senza dimenticare una traversa di Lovren e almeno tre paratone di Alisson. Salta tutto: salta il 3-4-2-1 giallorosso, salta la copertura centrale di Strootman e De Rossi, saltano i tempi di uscita di Manolas, di Fazio e di un Juan Jesus in affanno fin da subito. Salta soprattutto Anfield, quel luogo magico dove non si cammina mai da soli.

Roma all’inferno e ritorno con una flebile fiammella.  L’unica brutta notizia per Klopp nel primo tempo è il grave infortunio a Oxlade-Chamberlain (lo rileva Wijnaldum). Il centrocampista olandese però cambia la partita e Di Francesco prova a porre rimedio inserendo Schick a inizio ripresa, al posto di un timoroso Ünder. Non arriva la scossa emotiva, nonostante l’impegno del ceco: la Roma è ancora sotto shock e il 3-0 di Mané (56′), viziato da un fuorigioco di partenza di Salah, è la goccia che fa esondare il Mersey. A quel punto, i “Reds” sfondano gli argini sui lati, Firmino si sente in dovere di far compagnia ai partner d’attacco nel tabellino dei marcatori e insacca il quarto sigillo (al 61′, da mezzo metro) e il quinto gol (69′, testa su corner di Milner). Gli ultimi venti minuti potrebbero diventare un incubo come gli 1-7 subiti dalla Roma in Champions contro Manchester United e Bayern Monaco, ma per fortuna dei giallorossi il Liverpool spegne completamente i motori, decidendo di raggiungere Kiev planando senza reattori. Errore. Klopp toglie Salah a un quarto d’ora dal termine, ma il match non è finito. Dzeko ha ancora voglia di segnare in un grande palcoscenico: è 5-1. E Perotti, entrato per Juan Jesus, calcia un rigore perfetto, concesso per “mani” di Milner sul tentativo di Nainggolan: è 5-2. Un 5-2 che rischia di diventare 6-2 (liscio di Wijnaldum), ma anche 5-3, perché basta poco per cambiare il finale di storie già scritte in questa Coppa Campioni. Chissà se ci pensa Di Francesco, mentre esce coi suoi ragazzi sulle note di “Hey Jude” dei Beatles. Difficile, difficilissimo, quasi impossibile: ma lo era anche contro il super Barcellona di Messi. Allora, perchè non provarci il 2 maggio a Roma? Per farlo bisognerà fare quello che nella battaglia delle Termopili rievocato nel bellissimo film “300” disse il re spartano Leonida ai suoi: prendere a loro tutto, non lasciare a loro niente.

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