IN SCENA/ King Kong è tornato! (Carrozzerie Not di Roma)

di FEDERICO BETTA

La compagnia Ariel dei Merli nasce da un’idea di Federica Rosellini, performer e regista, e Francesca Manieri, sceneggiatrice e drammaturga.

Dopo Bigodini (Oh, Mary), tratto da Frankenstein di Mary Shelley, la trilogia Noi che non abbiamo pietà – Woodman, Arbus, Grindat, spettacolo selezionato al Festival ALLIN Under25 e Testo tossico dell’autore trangender Paul B. Preciado, la compagnia torna ad indagare le tematiche di genere, del corpo, della libertà della propria identità e delle costrizioni sociali che ci incasellano in stereotipi di noi stessi. Lo spettacolo King Kong Girl è liberamente tratto dal libro omonimo della scrittrice e regista Virginia Despentes, considerata in Francia un’autrice simbolo del post femminismo.

Affondando la scrittura in una poesia densa che riflette e trasforma in versi carnali l’analisi della condizione umana nella nostra contemporaneità, il lavoro restituisce un testo fitto di rimandi e rotture, in un continuo inanellarsi di diverse storie collegate da atmosfere o idee, come se fossero tre colori per una stessa tela.

Come dice la Despentes: “King Kong funge qui da metafora di una sessualità che oltrepassa i generi politicamente imposti dalla fine del XIX secolo. King Kong è oltre la femminilità e la virilità; egli è a metà tra uomo e animale, tra adulto e bambino, buono e cattivo, primitivo e civilizzato, bianco e nero. Ibrido, oltre l’obbligo del binario di genere.»

In questo oltrepassamento di confini, lungo cavi che si annodano e snodano di continuo in inesauribili connessioni e sconnessioni, tra cortocircuiti poetici e violenti, la drammaturgia e la regia di questo spettacolo ci chiedono di abbandonarci a un mondo, di lasciarsi risucchiare sul bilico di una messa in scena che qualcuno scrive e qualcuno fa vivere.

All’inizio, come una sceneggiatura cinematografica, vengono indicate le scene e i personaggi, poi, via via che le coordinate mobili di quel mondo prendono forma, la progressione degli eventi travolge anche la voce della “sceneggiatrice” nel flusso delle parole e delle azioni.

Quattro attrici in scena, molto diverse tra loro (Elvira Berarducci, Dacia D’Acunto, Barbara Mattavelli, Ilaria Matilde Vigna), con pochissimi elementi (alcuni phon collegati da cavi elettrici) ricreano un tessuto di voci che si intrecciano e divengono una sola, sia essa di animale o donna, di fantasia o realtà, immersa nella finzione narrativa o vera come la potenza del teatro che si forma e disfa davanti a noi, in una complessa fluidità di genere che da contenuto si fa forma.

 

 

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