Un altro lutto nel mondo del giornalismo nel giro di pochi giorni. Un’altra giovane vita che se ne va improvvisamente, dopo quella di Fabrizio Forquet. Un infarto ha fulminato Emiliano Liuzzi, 46 anni, redattore del “Fatto quotidiano” la notte scorsa. Qualche giorno fa, ricordano i suoi colleghi, aveva avvertito dei lievi malori e si era sottoposto a visita medica; ma, a quanto pare, non erano stati giudicati segnali allarmanti. Intorno alle 3.30 della notte è arrivata la richiesta di soccorso al 118 dalla casa dell’attrice Lucrezia Lante Della Rovere, dove si trovava. Ma quando il medico è arrivato nell’attico dell’attrice non ha potuto fare altro che constatare la morte del giornalista. C’è stato anche il sopralluogo di rito da parte della polizia durato fino alle 6.30 del mattino.
Dai primi passi in una redazione
alle “ospitate” nelle tv nazionali
Emiliano era “figlio d’arte”. Suo padre Livio (morto l’anno scorso) era condirettore del “Tirreno” di Livorno quando lui decise di seguirne le orme. Ma perciò non poteva farlo nel quotidiano di Livorno: erano queste le regole, sacrosante, del Gruppo Espresso ai tempi di Caracciolo. Perciò Livio chiese a me, che – dopo aver lasciato il ruolo di redattore capo del “Tirreno” – ero andato a dirigere l'”Alto Adige” a Bolzano, di accoglierlo come “volontario” (allora si chiamavano così gli apprendisti giornalisti non retribuiti), di sottoporlo a una prova e a un eventuale addestramento, di fare una valutazione senza indulgenza e di fargli sapere.
Era il 1992. Mi resi conto che quel giovanottone scanzonato, come tutti i livornesi, aveva nel sangue la passione del cronista, una passione che bilanciava con quella per la roulette, come scoprii quando appresi che una notte insieme con il caporedattore e altri due giovani redattori avevano dovuto fare ritorno in autostop dal casinò di Innsbruk: il modesto gruzzoletto di cui potevano disporre per le puntate se ne era andato in fumo fino all’ultimo centesimo, cioè fino a non poter pagare il parcheggio per sbloccare l’auto con la quale erano andati. Ho sempre odiato il gioco, ma in quell’occasione non potetti sottrarmi a uno slancio di simpatia per tutti i tre. Tuttavia non mi sottrassi al dovere di mettere al corrente suo padre Livio con una telefonata, così però rafforzando e autenticando il giudizio positivo, che gli confermai, sulle sue potenzialità professionali.
La capacità di rischiare comunque anche professionalmente Emiliano Liuzzi l’avrebbe dimostrata prima andando a fare un master di giornalismo alla Columbia University di New York e poi, alcuni anni più tardi, quando, riuscito ad approdare come redattore al “Tirreno” (perché era venuta meno l’incompatibilità familiare, essendo stato mandato suo padre a dirigere “La Nuova Sardegna”), aveva accettato nel 2006 di fondare e dirigere un nuovo quotidiano nella sua città, “Il Corriere di Livorno”, editore il calciatore Cristiano Lucarelli. Un’impresa azzardata, difficile, che ha retto per poco più di due anni.
Poi le dimissioni, la disoccupazione, temperata da collaborazioni per i settimanali “l’Espresso”, “Panorama”, “Diario”; infine l’ingaggio, suggerito da Peter Gomez, a “Il Fatto quotidiano”, di cui diventa redattore prima per le pagine dell’Emilia Romagna, poi nella redazione romana. Il Fatto gli fa da trampolino per una serie di “ospitate” televisive, soprattutto a La7 e in Domenica Live di Barbara Durso su Canale 5.
Ogni volta che lo vedevo comparire in tv mi ripromettevo di chiamarlo, di rivederlo dopo tanti anni, di salutarlo affettuosamente, come quando provai, senza riuscirci, appena appresi della scomparsa di suo padre. Non marcherà l’occasione, pensavo. Non immaginavo che non ci sarebbe stata più.
Ennio Simeone
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