Il trappolone di Renzi alla sinistra Pd, seguito dall’epurazione in Basilicata e dal voto fiducia sulle unioni civili

Speranzadi ENNIO SIMEONE – Nel giro di 24 ore ecco tre mosse del segretario-presidente Matteo Renzi che la dicono lunga sulle intenzioni del capo del Pd e del governo e su ciò che ci aspetta se al referendum di ottobre non verrà bocciata l’aberrante riforma costituzionale da lui voluta e verso la quale si sono manifestati dei penosi cedimenti da parte della minoranza del suo partito e di altre mezze figure dell’intellighenzia che si autodefinisce “di sinistra”.

Prima mossa: nella riunione della Direzione del Pd di lunedì Renzi invita tutti gli iscritti al partito ad essere uniti nel sostenere nel referendum il sì alla riforma costituzionale, promettendo alla minoranza, in cambio di una tregua di 5 mesi, subito dopo quel voto, la convocazione di un congresso straordinario del partito. Immediato compiacimento degli allocchi della cosiddetta sinistra e annuncio di uno di essi, l’ex capogruppo dei deputati Roberto Speranza (foto): “Mi candiderò alla carica di segretario in alternativa a Renzi”.

Illuso, ingenuo o connivente? Valide certamente le prime due ipotesi, talmente infantili da sconfinare nella terza.

Tant’è che arriva, poche ore dopo, la seconda mossa, una vera e propria doccia fredda sulla testa del giovane politico lucano: il presidente pd del Consiglio regionale della Basilicata, Piero Lacorazza, reo di aver sostenuto il referendum anti-trivelle, viene letteralmente epurato e sostituito con il consigliere Franco Mollica (Udc) col pretesto che la maggioranza di centrosinistra deve allargarsi ad Area Popolare con l’ingresso anche di Aurelio Pace dei Popolari per l’Italia. L’operazione è affidata da Renzi al “governatore” Marcello Pittella (Pd) diventato renziano sulla scia di suo fratello, l’europarlamentare Gianni, presidente del gruppo socialista nel parlamento dell’Ue.

Terza mossa: Renzi manda alla Camera la ministra Boschi a chiedere il voto di fiducia sulla legge per le unioni civili. Mai visto che su una una legge di proposta parlamentare, e che riguarda princìpi etici, un governo ponga la questione di fiducia! (E mai visto che un presidente della Camera lo consenta!). Le opposizioni protestano, persino la Chiesa si scandalizza, ma la minoranza del Pd resta in silenzio e si accinge a votare ancora una volta per “disciplina di partito”.

Renzi se la ride: sa bene che andrà sempre così, può prendersi beffa della cosiddetta sinistra del suo partito come e quando vuole.

Con una situazione interna di questo tipo che problema c’è ad offrire ai Bersani, agli Speranza, ai Cuperlo, e così via elencando, in regalo un bel congresso, dove a parlare risulterà dai telegiornali e dai giornali che ha parlato solo lui?

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