Il secondo appuntamento di Torino per il “Sì Tav” uno schieramento fotocopia del Sì al referendum di tre anni fa

di ROMANO LUSI

A Torino oggi c’è stato in piazza Castello il bis della manifestazione pro-Tav di due mesi fa, promosso anche stavolta dalle “7 madamine”, ma non per coinvolgere, come a novembre, oltre ai cittadini del Piemonte, gli imprenditori grandi e piccoli interessati ad un “fronte del Sì”, bensì per un assemblaggio di forze politiche anti-Cinquestelle. E si sono ritrovati insieme, mischiati tra i circa 25mila partecipanti a veloce raduno (senza discorsi, solo la lettura dell’elenco dei comuni aderenti al  Sì-Tav), il presidente della Regione Piemonte, Chiamparino del Pd (ri-candidato alle prossime elezioni) e il presidente della Regione Liguria, Toti di Forza Italia; le due capogruppo di Camera e Senato di Forza Italia, Gelmini e Bernini, e il capogruppo della Lega alla Camera, Molinari, nonché, accompagnato dal trombato senatore Stefano Esposito, l’ex segretario reggente del Pd (nonché ex vice di Renzi) Maurizio Martina e l’ex segretario del Pd Piero Fassino (foto in basso con  cartello).

La cosa incredibile, comunque è questa: si era stabilito che  per decidere se fare o non fare il treno ad Alta Velocità Torino-Lione bisognava attendere il risultato di uno studio approfondito su costi e benefici dell’opera condotto da un gruppo di selezionati esperti. Questo studio è stato ultimato, ma già i sostenitori del Sì-Tav (prima di conoscerne i risultati) dicono che se lo studio darà esito negativo bisogna fare un referendum popolare per stabilire che cosa fare. Ma allora a che cosa è servito spendere tempo e denaro per quello studio? E come si potrà accettare che, qualora il risultato di quello studio sconsigli affrontare la gigantesca spesa, ci proceda egualmente nella realizzazione della Tav mentre quegli stessi soldi potrebbero essere impiegati per realizzare più urgenti, importanti e utili opere pubbliche nel nostro paese?

Ecco perché il meeting di oggi a Torino ha tutto il sapore di un preludio ad un “inciucio” in vista delle elezioni europee o di un “Sì all’Italia del Sì” vagheggiato dal senatore di Rignano sull’Arno, momentaneamente trasformatosi in guida televisiva alla città di cui è stato sindaco. Difficile affermarlo con certezza, ma un segnale c’è: l’ex ministro Calenda dice “Alle elezioni europee io mi candido”. Gli piace lo slogan elettorale ideato da Chiamparino: “Sì al Piemonte del Sì“. Trascurando il fatto che il “Sì” tre anni fa è costato al Pd, e alla sua guida luminosa di allora, una indimenticabile sconfitta.

 

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