Il procuratore di Agrigento, dopo un soprallugo, ha autorizzato lo sbarco a Lampedusa dei migranti raccolti in mare dalla “Open Arms” e il sequestro della nave

Ha provveduto la magistratura a sbloccare il caso Open Arms: dopo 19 giorni vissuti sul ponte della nave spagnola, ferma a 800 metri dalla costa di Cala Francese a Lampedusa, tutti i migranti raccolti dalla nave della ong spagnola e rimasti a bordo (109) sono stati autorizzati a sbarcare sull’isola. A stabilirlo è stato il procuratore capo di Agrigento, Luigi Patronaggio, lo stesso pm che aveva sbloccato il “caso Diciotti”. Rientrato dalle ferie, il pm ha preso in mano l’inchiesta, coordinata fino a quel momento dal sostituto Salvatore Vella, e si è subito precipitato a Lampedusa con un elicottero e uno staff medico al seguito.

“Finalmente l’incubo finisce, le persone rimaste riceveranno assistenza immediata in terra”, scrive Open Arms su twitter commentando la decisione della Procura di Agrigento.

“La situazione è esplosiva, devo riportare la calma e fare in modo che nessuno si faccia male, l’impegno e l’attenzione sono massimi per l’incolumità delle persone”, aveva detto il pm prima di prendere il volo per l’isola. Un’ora d’ispezione sulla nave della Ong è bastata al magistrato per assumere la decisione tanto attesa dai migranti. E così, a conclusione di un vertice nella Capitaneria di porto, Patronaggio ha disposto il sequestro preventivo della Open Arms, che dovrebbe poi essere portata a Licata, e l’evacuazione immediata dei profughi.

Ricordiamo che la Spagna aveva offerto alla Open Arms l’approdo in tre porti iberici, ma il comandante della nave aveva rifiutato l’offerta con la motivazione che i profugi non avrebbero potuto sopportare altri 7 guwatro iorni di navigazione.

Secondo quanto, si è appreso, oltre all’inchiesta per sequestro di persona avviata nei giorni scorsi sulla base di esposti della ong spagnola, i magistrati hanno aperto un fascicolo a carico di ignoti per omissione e rifiuto di atti d’ufficio. Il reato, previsto dall’articolo 328 del codice penale, punisce “il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni“. E così il sequestro è stato disposto “per evitare che il reato sia portato a ulteriori conseguenze”. I magistrati ora stanno ricostruendo la catena di comando per risalire a chi ha impedito lo sbarco dei profughi.

Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, reagisce con un video su Fb affermando: “Il sequestro impone lo sbarco degli immigrati: ricordo che non c’era allarme sanitario, finti malati e finti minorenni. Qualcuno si sta portando avanti già nel nome del governo dell’inciucio che vuole riaprire i porti. Finché campo è mio dovere difendere i confini e la sovranità del Paese”. E ancora: “Molto probabilmente mi arriverà una denuncia dalla stessa Procura che mi indagò per sequestro di persona, reato che prevede 15 anni di carcere: stavolta il reato è omissione di atti d’ufficio. Io non mollo“.

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