Il Pd alla ricerca di “campo largo” mentre Calenda lo vuol ritagliare a sua immagine e la destra cerca il modo per ricompattarsi

di SERGIO SIMEONE* – Manca ormai solo un anno alle elezioni politiche e i partiti italiani si stanno posizionando per la volata finale. L’impegno è soprattutto concentrato sulla costruzione delle alleanze, anche a causa dei sommovimenti verificatisi durante le elezioni presidenziali, che hanno visto la scomposizione dei tradizionali blocchi, quello di centrodestra e quello imperniato sull’alleanza tra centrosinistra e Movimento 5 stelle.

Il centrodestra è scosso dalla lotta tra leader per la conquista della egemonia, contesa tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini, a cui si aggiunge il tentativo di  Berlusconi di recuperare il suo vecchio ruolo di regista dell’area. Ma non si tratta solo di questo: si va delineando una frattura di natura politica tra chi è rimasto fermo alle vecchie posizioni sovraniste con il corollario di rapporti a livello europeo con personaggi indigesti come Orban e Le Pen e chi invece vorrebbe portare lo schieramento di centrodestra su posizioni liberali e lealmente europeiste.

Questa frattura non passa solo tra i partiti, ma anche all’interno dei partiti, come risulta evidente nella contrapposizione tra Salvini e Giorgetti nella Lega e in quella tra i ministri del governo Draghi e Tajani in Forza Italia. Questi partiti, però, ci hanno dimostrato nel passato di sapersi ricompattare in occasione degli appuntamenti elettorali (si pensi, per fare un esempio, a come la Lega durante il periodo del governo giallo-verde, pur governando con i 5 stelle,  si alleò sistematicamente con Forza Italia e Fratelli d’Italia, che erano all’opposizione, in tutte le elezioni locali che si tennero in quel periodo). Riusciranno anche questa volta a saldarsi di nuovo, oppure le distanze tra le due linee sono diventate davvero incolmabili?

Nell’altro campo si assiste alla gran fatica di Enrico Letta di costruire il cosiddetto campo largo, che nelle sue intenzioni dovrebbe andare da LeU a Calenda.  Ma l’impresa appare davvero ardua, come si è visto in occasione del congresso di Azione, con il  tentativo del segretario Pd di far entrare la formazione di Calenda nel cosiddetto campo largo, a cui hanno corrisposto le dichiarazioni di reciproca incompatibilità del leder di Azione e di Conte. Quello che stupisce di queste schermaglie è la autoreferenzialità di queste formazioni politiche. Sì, perché intanto la società civile sembra essersi risvegliata e chiede, scendendo in piazza o firmando referendum, risposte a tutta una serie di questioni: l’uso delle nuove tecnologie che dovrebbe  aumentare il benessere della gente e invece oggi vengono adoperate per inventare nuove forme di sfruttamento del lavoro che fanno aumentare diseguaglianza e precarietà; la necessità di dare ai giovani una scuola migliore;  l’urgenza di far progredire la società rendendola più civile con nuove leggi (contro l’omofobia, sul fine vita, per legalizzare le droghe leggere, per introdurre lo ius soli). Questi esponenti politici tanto attenti a difendere la “purezza” della loro identità riusciranno a capire che è invece preferibile trovare qualche onorevole compromesso per evitare che la destra vada al potere aggravando  tutti i problemi?

C’è infine tutto un lavorio di piccole formazioni che confusamente si muovono per formare un partito di centro. Non è chiaro il progetto politico che li dovrebbe unire, ma probabilmente il collante è solo la speranza di superare lo sbarramento elettorale per permettere ad alcuni dei loro esponenti di entrare in Parlamento e di poter poi sfruttare la loro utilità marginale per lucrare qualche posto nel futuro Governo.

Credo che le elezioni amministrative che si terranno in primavera saranno una prima importante occasione per vedere  come si scomporranno e ricomporranno i partiti italiani ed un primo test dell’efficacia delle soluzioni adottate.

*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, è stato dirigente del Sindacato Scuola della Cgil

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