Il padre di Renzi e un suo amico accusati di aver avuto soldi per le mediazioni sugli appalti della Consip

Tiziano Renzi (Foto Ansa di Giuseppe Lami)
Alfredo Romeo (archivio Ansa) 

Tiziano Renzi, padre dell’ex premier Matteo, e l’imprenditore Carlo Russo, “sfruttando le relazioni esistenti tra Tiziano Renzi e Luigi Marroni“, amministratore delegato del Consip, l’organismo che si occupa degli appalti della pubblica amministrazione, “si facevano promettere indebitamente da Alfredo Romeo”, arrestato oggi, “che agiva previo concerto con Italo Bocchino (foto in basso), suo consulente, utilità a

contenuto economico, consistenti nell’erogazione di somme di denaro mensili, come compenso per la loro mediazione verso Marroni”, in relazione allo svolgimento di gare.

Questo viene affermato nella contestazione riportata nel decreto di perquisizione a carico di Carlo Russo (foto a lato). Lo si è appreso dopo il clamoroso arresto, avvenuto stamattina, dell’imprenditore napoletano  Alfredo Romeo. Il quale – su ordine del gip di Roma – è stato prelevato dai carabinieri e da militari della Guardia di Finanza proprio in relazione ad un episodio di corruzione nell’ ambito dell’ inchiesta Consip. Nei confronti di Romeo il gip del tribunale di Roma ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Il provvedimento è stato eseguito dal comando Carabinieri tutela ambiente, dai militari dell’ Arma di Napoli e dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Napoli.

L’inchiesta è scaturita da un’indagine che era stata avviata nei mesi scorsi dalla Procura di Napoli per presunte irregolarità nelle assegnazioni di alcuni appalti. Un’indagine condotta dai pm della Dda, John Woodcock e Celeste Carrano: il fatto che il procedimento sia condotto dai magistrati dell’Antimafia è motivato dal presunto collegamento ai clan di alcuni dipendenti della ditta di pulizia, che fa capo al gruppo Romeo, che ottenne l’appalto per svolgere tale servizio all’ospedale Cardarelli di Napoli. Dagli accertamenti svolti dai magistrati emerse un presunto sistema di tangenti in riferimento sia all’appalto nell’ospedale Cardarelli che per altri lavori pubblici a Napoli.

Gli sviluppi più importanti dell’indagine sono collegati alle intercettazioni telefoniche ed ambientali ed altre attività, come sequestri e perquisizioni (a Roma furono trovati in una discarica dei pizzini sui quali, secondo l’accusa, Romeo avrebbe annotato importo e destinatari delle mazzette) che hanno portato all’apertura del filone sugli appalti della Consip, la centrale di spesa della pubblica amministrazione. Ciò ha comportato una trasmissione, per competenza territoriale, di buona parte degli atti, alla Procura di Roma che sta operando in stretto contatto con i colleghi della Procura partenopea.

Gip: lotta imprenditoriale a suon di tangenti – Secondo i magistrati inquirenti si sarebbe in presenza di una lotta imprenditoriale per aggiudicarsi gli appalti che, a detta degli stessi indagati, “sembra essere gestita a suon di tangenti” o attraverso la “ricerca di appoggi all’interno dell’alta politica”. Così scrive il Gip di Roma Gaspare Sturzo nell’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Romeo. Dalle indagini, dice il Gip, è emerso un “gravissimo quadro di possibile infiltrazione criminale in Consip, almeno quanto ad alcune gare” tra cui la Fm4, il facility management del valore di 2,7 miliardi.
“La forza corruttiva di Romeo è ampliata dalla sua conclamata ‘rete’ di conoscenze istituzionali ‘ad altissimo livello’, conoscenze che, all’evidenza, utilizza in modo spregiudicato per orientare a suo vantaggio l’agire della pubblica amministrazione”.
Alfredo Romeo – a quanto risulta dalle indagini – avrebbe consegnato somme di danaro, circa 100 mila euro, all’ex dirigente Consip Marco Gasparri per acquisirne l’asservimento della sua funzione in relazione alle sue attività imprenditoriali e con particolare riferimento ad uno dei lotti più prestigiosi del mega-appalto FM4 (facility management) da 2,7 miliardi di euro. E’ questa l’accusa contestata dai pm all’imprenditore napoletano finito oggi in carcere per corruzione. Lo stesso Gasparri è indagato a piede libero per corruzione.

Nei confronti di Marco Gasparri è stato disposto il sequestro patrimoniale di 100 mila euro: secondo gli investigatori di Carabinieri e Guardia di Finanza e gli inquirenti della Procura di Roma, si tratta del provento della corruzione.

Per cautelarsi dall’ipotesi di intercettazioni, l’imprenditore Alfredo Romeo ed il dirigente Consip Marco Gasparri hanno cominciato ad un tratto a comunicare tramite pizzini. Poi, esauriti i dialoghi contenenti accenni al passaggio di danaro tra loro, venivano strappati e gettati nella spazzatura. Sono stati i carabinieri del Noe a recuperarli ed a rimetterli insieme. Ora fanno parte del carico di prove dell’avvenuta attività di corruzione al vaglio del procuratore aggiunto Paolo Ielo e del sostituto Mario Palazzi.
Bocchino e Russo indagati per traffico di influenze  – L’ex parlamentare di An e del Pdl Italo Bocchino, consulente di Alfredo Romeo, e Carlo Russo, imprenditore farmaceutico di Scandicci, amico di Tiziano Renzi, padre di Matteo, sono indagati dalla Procura di Roma per traffico di influenze nell’ambito dell’inchiesta su Consip. Le abitazioni di entrambi sono state perquisite dai carabinieri del Noe e dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Napoli.
Parisi: “Controlli Anac inefficaci”  – “Questa vicenda dimostra come l’Autorità Anticorruzione di Cantone non funzioni, non sia efficace: basta con magistrati dappertutto, che circondano la pubblica amministrazione“. Questa l’opinione del leader di Energie per l’Italia, Stefano Parisi, che l’ha espressa commentando a caldo, su Ominibus de La7, l’arresto di Alfredo Romeo, in seguito allo scandalo Consip. “Purtroppo ormai – osserva – tutti i controlli vengono fatti da giuristi, manca un esame reale economico sulla congruità di queste gare. Servono procedure chiare per evitare la corruzione, non solo controlli sulla correttezza dei timbri da mettere”.

Intanto il ministro Luca Lotti – che figura anche lui nell’inchiesta Consip perché sospettato di avere informato i dirigenti del Consorzio dell’esistenza di microspie negli uffici predisposte dagli inquirenti –  si è limitato a dire, uscendo dal suoi uffici, che, per quanto lo riguarda, si sente tranquillo nel contestare sospetti ed eventuali accuse.

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