IL MALAFFARE SIAMO NOI

ORA di puntadi Claudio Donini/

Non è vero che in Italia i politici rubano. O meglio non solo loro. Nel bel paese rubano tutti, perfino i notai. La ruberia sembra proprio essere nella genetica del cittadino. E non serve guardare le statistiche, che pur ci condannano al paese più corrotto d’Europa, basta guardare i fatti, quelli quotidiani intendo. Dai dipendenti del comune di Sanremo al pensionato che paga l’idraulico in nero, all’automobilista che truffa l’assicurazione o il commerciante che non emette lo scontrino. E che dire poi dei “portoghesi” che non pagano  sui mezzi pubblici o del dentista che senza fattura costa meno?  E se condite il tutto con un po’ di autoflagellazione, piagnisteo e sdegno otterrete esattamente il fenomeno sociale nostrano. Tutto per interesse individuale naturalmente, presi come siamo dentro questa sorta di immaturità sociale che ci fa anteporre il personale al collettivo senza capire che sono invece le scelte collettive che influenzano maggiormente le nostre vite e non certo l’illusione tipica del furbetto di risparmiare qualche spicciolo a danno degli altri.

Certo che considerare lo Stato una sanguisuga, il furto una legittima difesa e prendersela con i politici è sempre una gran bella comodità, un alibi perfetto per scaricare sugli altri la vergogna della verità e poter continuare indisturbati nel malaffare. Ma sta di fatto che se il ministro Lupi chiede le raccomandazioni per il figlio ad un alto dirigente pubblico mentre il cittadino comune all’amico direttore di banca, ebbene personalmente non capisco dove sia la differenza.  Cambiano solo le proporzioni ma il copione è lo stesso.  Del resto i politici li eleggiamo noi e mi chiedo come ci si possa aspettare che da tale diffusa bassezza si possano ergere vette di onestà e rigore. Decenni di governo del “bunga bunga”, tutti democraticamente votati, sono lì a dimostrarlo, come dimostrano del resto ciò che tutti noi abbiamo letto sui libri di scuola. Che la classe dirigente rappresenta il meglio del paese. Ora capisco che un po’, in fondo, è vero.

Commenta per primo

Lascia un commento