Il Governo italiano revoca l’esportazione di bombe verso Emirati Arabi ed Arabia Saudita (che era stata attivata quando a Palazzo Chigi c’era Matteo Renzi, oggi conferenziere a pagamento in quel paese)

L’organizzazione umanitaria Save the children ha diffuso un comunicato con la seguente notizia: «Con un atto di portata storica – che avviene per la prima volta nei 30 anni dall’entrata in vigore della Legge 185 del 1990 sull’export di armi – il Governo Conte ha deciso di revocare, non solo sospendere, le autorizzazioni in corso per l’esportazione di missili e bombe d’aereo verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Continua inoltre a rimanere in vigore anche la sospensione della concessione di nuove licenze per i medesimi materiali e Paesi».
Secondo quanto appreso dalla Rete Italiana Pace e Disarmo «il provvedimento riguarda almeno 6 diverse autorizzazioni (già sospese con decisione presa a luglio 2019), tra le quali la licenza MAE 45560 decisa verso l’Arabia Saudita nel 2016 durante il Governo Renzi (relativa a quasi 20mila bombe aeree della serie MK per un valore di oltre 411 milioni di euro). La revoca decisa dall’Esecutivo per questa sola licenza andrà a cancellare la fornitura di oltre 12.700 ordigni».

Le organizzazioni Amnesty International Italia, Comitato Riconversione RWM per la pace ed il lavoro sostenibile, Fondazione Finanza Etica, Movimento dei Focolari, Oxfam Italia, Rete Italiana Pace e Disarmo, Save the Children Italia insieme ai partner internazionali European Center for Constitutional and Human Rights e Mwatana for Human Rights esprimono grande soddisfazione per questo risultato, da loro fortemente richiesto, che diventa operativo in queste ore.

Una decisione che pone fine – una volta per tutte – alla possibilità che migliaia di ordigni fabbricati in Italia possano colpire strutture civili, causare vittime tra la popolazione o possano contribuire a peggiorare la già grave situazione umanitaria nel Paese. Un atto che, soprattutto, permette all’Italia di essere più autorevole sul piano diplomatico nella richiesta di una soluzione politica al conflitto.

Il comunicato esprime «un sincero ringraziamento ai membri del Parlamento ed in particolare della Commissione Esteri della Camera che hanno dedicato attenzione a questo tema, proponendo ed approvando un’importante Risoluzione nel dicembre 2020 che ha impegnato in primo luogo l’esecutivo a prorogare la sospensione all’export di armamenti verso i due Paesi della Penisola arabica. Esprimiamo inoltre soddisfazione per la rapidità e la fermezza con cui il Governo ha dato seguito a questo atto di indirizzo, orientandosi non solo verso la proroga della sospensione disposta nel luglio 2019 ma revocando anche le precedenti licenze come proposto dall’atto parlamentare. Ringraziamo anche i numerosi sostenitori che ci hanno accompagnato e sostenuto nelle varie campagne di sensibilizzazione e attività di comunicazione su questo tema. La rilevanza che la questione della guerra in Yemen ha avuto e continua ad avere nell’opinione pubblica è stata uno stimolo ed un pungolo per i decisori politici. È fondamentale continuare a lavorare congiuntamente per mantenere alta l’attenzione e allargare la sospensione a tutte le categorie di armamento e verso tutti i membri della coalizione a guida saudita, proposta prospettata dalla stessa Risoluzione parlamentare del dicembre 2020.

Un rapporto del Gruppo di esperti delle Nazioni Unite consegnato al Consiglio di Sicurezza nel gennaio del 2017 ha dichiarato che i bombardamenti della coalizione a guida saudita “possono costituire crimini di guerra”. Tra gli ordigni ritrovati dai ricercatori dell’Onu figurano anche le bombe prodotte dalla RWM Italia. Lo stesso Parlamento Europeo a settembre 2020 ha approvato ad ampia maggioranza una Risoluzione che condannando le azioni di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti invita il Vicepresidente/Alto rappresentante ad “avviare un processo finalizzato ad un embargo dell’UE sulle armi” verso gli stessi Paesi.

La decisione del Governo di revoca di queste licenze conferma dunque la necessità di indagare sulla responsabilità penale di UAMA e RWM Italia nelle esportazioni di bombe della serie MK durante il periodo del conflitto, come denunciato alla magistratura da alcune delle nostre organizzazioni ora in attesa di una decisione del GIP in merito al proseguimento dell’indagine.

Lo stop all’invio di missili e bombe d’aereo verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti – conclude il documento – non può da solo far cessare la guerra in Yemen ed alleviare le sofferenze di una popolazione stremata da conflitto, carestia e malattie, ma costituisce un passo necessario a creare le precondizioni per la Pace. In tal senso le nostre organizzazioni ricordano anche al Governo italiano la necessità di proseguire il sostegno all’azione umanitaria coordinata dalle Nazioni Unite confermando ed aumentando il contributo finanziario dell’Italia al Piano di risposta umanitario ONU».

IL RACCONTO DELLA CONFERENZA-LAMPO DI MATTEO RENZI IN ARABIA SAUDITA

E a proposito di Arabia Saudita e dell’ultima visita-lampo per una ben retribuita conferenza “culturale” di Matteo Renzi in quel paese, dopo aver provocato la crisi del Governo, “Il Fatto quotidiano” ha pubblicato una cronaca illuminante e godibilissima, di Tommaso Rodano che, a beneficio dei nostri lettori, “rubiamo” e riportiamo qui di seguito, accompagnata da una foto ufficiale dell’evento.

Renzi al principe: “Invidio il vostro costo del lavoro”

 

“Buongiorno a tutti, è un grande piacere per me essere qui con il grande principe ereditario Mohammed bin Salman. Grazie davvero per questa opportunità. Per me è un particolare privilegio parlare con te di Rinascimento”. Mentre Matteo Renzi sale i gradini di marmo del Quirinale per le consultazioni di una crisi che lui stesso ha causato, c’è un altro Renzi a migliaia di chilometri di distanza che intervista (eufemismo) l’erede al trono di un regime brutale, accusato tra l’altro della morte di Jamal Khashoggi, il giornalista fatto a pezzi e sciolto nell’acido nel 2018 nel consolato saudita di Istanbul.

L’evento a cui partecipa Renzi si svolge a Riyad, capitale del Regno. È stato trasmesso il 27 e il 28 gennaio sui canali telematici del Future Investment Initiative, una piattaforma della famiglia reale saudita. Il contributo di Renzi con Bin Salman è stato registrato nei giorni scorsi e mandato in onda ieri, mentre l’ex premier rientrava precipitosamente a Roma (su un volo privato offerto dal Fii) per guidare la delegazione di Italia Viva al Quirinale.

Due Renzi in contemporanea: quello pubblico, senatore e capo di partito, di fronte a Sergio Mattarella per la soluzione di una crisi scatenata per sanare il “vulnus democratico” del governo Conte. L’altro è il personaggio privato, imprenditore di se stesso, conferenziere a libro paga di un regime autoritario che calpesta i diritti umani, a Ryad nel quadro di un accordo da 80mila dollari per far parte del board della Future Investment Initiative.

In video l’ex premier si mostra sorridente e affettuoso. Sfoggia completo e cravatta scuri, una camicia bianca e l’inglese maccheronico che l’ha trasformato in uno dei meme di successo del 2021. Si esprime con ampi gesti, senza timidezze. Si dice particolarmente entusiasta di parlare di Rinascimento, paragona quindi l’epoca storica che ha visto fiorire la sua Firenze e le città italiane con l’eccezionale sviluppo del regime saudita negli ultimi anni: “Io sono l’ex sindaco di Firenze, la città del Rinascimento. Il Rinascimento italiano divenne grande dopo la peste, dopo una pandemia. Credo che l’Arabia Saudita potrebbe essere il luogo di un nuovo Rinascimento per il futuro. Quindi, Vostra altezza, grazie molte e benvenuto”.

L’intervista di Renzi dura poco più di un quarto d’ora. Per l’ammirevole quantità e qualità di complimenti che l’ex premier italiano riesce a pronunciare in un tempo così ridotto, assume la fisionomia di un’intensissima marchetta, molto ben retribuita. “Quando in tutto il mondo parliamo di Arabia Saudita – aggiunge un entusiastico Renzi con prosa quasi carveriana – parliamo dell’importanza del vostro Paese come un attore molto buono nella Regione, nel mondo; ma molte persone ignorano i grandi sforzi nello sviluppo delle città, dalle piccole città alle grandi città come Riyad” (la traduzione è letterale, ndr).

Il principe è in camicia nera, kefiah a trama biancorossa in testa, barba curata e sorriso di gesso. Sembra condividere il buon umore quasi fanciullesco del suo interlocutore.

Le domande di Renzi sono inesorabili: “Qual è, Vostra altezza, il ruolo di Riyad per guidare la trasformazione del Regno? Pensa che questo progetto sia capace di attrarre nuovi talenti? Per me è stato davvero impressionante lavorare con giovani uomini e donne in molti progetti sauditi, siete una delle più incredibilmente giovani popolazioni del mondo”.

Pochi secondi dopo, dal sorriso sussiegoso di Renzi esce la vera perla della giornata, la pietra miliare della sua trasferta saudita: “Non parlatemi del costo del lavoro a Riyad, perché da italiano sono molto geloso”.

L’ha detto davvero: l’ex presidente del Consiglio ha lodato il mercato del lavoro saudita. Quello di un Paese dove non esistono partiti politici, figuriamoci i sindacati. Dove non si sa nemmeno cosa sia uno sciopero. Dove i salari dei lavoratori autoctoni non sono nemmeno così bassi (1.300 dollari di media secondo il governo locale), ma il trattamento degli stranieri è assimilabile allo schiavismo (come denuncia tra gli altri Amnesty International) e le donne guadagnano la metà degli uomini. Renzi ne è “invidioso”: lui si è dovuto accontentare del Jobs Act.

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