I cinque “misteri” (risolti) nella ricostruzione di quella notte in cui i due giovani turisti americani alla ricerca di droga si scontrarono con i carabinieri uccidendo il vice brigadiere Mario Cerciello Rega

di SILVIA MANCINELLI  (Adnkronos)

Ma come sono andate davvero le cose che hanno preceduto l’omicidio del vice brigadiere dei Carabinieri Mario Cerciello Rega? In questi giorni si è detto e scritto di tutto. Atti ufficiali alla mano proviamo a fare chiarezza e a risolvere i presunti misteri che misteri non sono.

1) Perché i carabinieri sono intervenuti in borghese?

I carabinieri Mario Cerciello Rega e Andrea Varriale furono chiamati a intervenire per “il cavallo di ritorno” (quando il ladro ti ruba un oggetto e vuole un riscatto per riconsegnartelo) proprio perché erano di pattuglia in abiti civili, dunque non con i colori di istituto: una macchina senza insegne e senza sirena, niente divise e armi in vista, tutto per non dare nell’occhio. Si fa sempre così in casi del genere. Il loro compito, la notte tra giovedì e venerdì, era quello di presentarsi all’appuntamento con i due americani al posto del derubato Sergio Brugiatelli, al quale avevano chiesto soldi e droga in cambio dello zaino rubato. Si fossero presentati in uniforme, l’operazione sarebbe stata a rischio perché i ladri alla vista di una gazzella del 112 sarebbero scappati, e il piano sarebbe saltato e con quello l’eventuale fermo dei due estorsori. Poi le cose sono andate diversamente ma solo una macchina “civile” poteva fare quella operazione.

2) Perché il carabiniere Varriale non ha sparato?

Leggendo gli atti dei carabinieri e confrontandoli con le dichiarazioni dei due ragazzi americani, vi è la certezza che l’aggressione è stata immediata, nel momento in cui i due militari si sono qualificati. Il vicebrigadiere è stato colpito ripetutamente all’addome ancora prima che potesse azzardare un disperato tentativo di difendersi. “Fermati, siamo carabinieri, basta!” ha provato a gridare la vittima prima di accasciarsi a terra. I due aggressori hanno fatto intendere che pensavano fossero due loschi personaggi mandati dal derubato per vendicarsi dell’affronto e recuperare il borsello. Quando i carabinieri si sono avvicinati gli sono saltati addosso, è stata una frazione di secondo. Era buio, i due americani hanno approfittato dell’effetto sorpresa, e nella scazzottata non sono riusciti a far reagire i carabinieri. Quando la rissa è finita Varriale ha pensato a soccorrere il collega colpito da 11 coltellate anziché rincorrere e sparare al buio contro i due aggressori in fuga.

3) La pista dei maghrebini, indicati inizialmente come i responsabili in fuga

Ma come nasce questa storia dei maghrebini che ha fatto litigare la politica e dividere l’Italia? Era una fake news? Macché. E’ Sergio Brugiatelli, vittima del furto e della tentata estorsione da parte dei ragazzi americani, a indicare i due in fuga dopo l’omicidio come cittadini nordafricani. Quando li incontra per lo stupefacente ricorda il loro accento inglese, ma poi – lontano dal luogo del delitto e fermo accanto all’auto dei militari – vedendoli fuggire con il cappuccio della felpa ben calzato, nella notte, non si sa se li confonde o meno, ma parla di maghrebini e così li descriverà ai carabinieri anche se in un secondo momento parlerà di cittadini dall’accento inglese. E Varriale? Lui ha visto che non sono maghrebini, perché non dice nulla? Perché dopo la rissa e l’omicidio, sotto choc per il compagno trafitto da 11 coltellate e per le botte prese, a caldo dice poco o nulla. Poi quando si riprenderà, dirà quel che piano piano ricorda: ovvero che erano cittadini occidentali. A complicare le ricerche sui maghrebini forse anche la confusione dovuta alla presenza di un cittadino egiziano, tale Tamer, che parlerà di Brugiatelli ai carabinieri (aveva notato Brugiatelli mentre spingeva la sua bicicletta e parlava con due ragazzi con l’accento inglese). Ma c’è di più. Quando 2 dei 4 carabinieri, in sella al motorino, rincorrono i fuggiaschi, vengono avvicinati da una persona con un cappello in testa e soprattutto da un altro soggetto con i cappelli ricci “dall’accento chiaramente straniero del Nord Africa”. Quindi tutti questi dettagli, nelle fasi convulse delle indagini prima della droga e poi dell’omicidio, portano a diramare ricerche su soggetti maghrebini. Quando dopo il delitto la verità viene a galla, i carabinieri impiegano pochissimo tempo per trovare i presunti assassini immortalati da diverse telecamere.

4) L’incontro con Brugiatelli due ore prima dell’omicidio

I carabinieri Varriale e Rega vengono chiamati in piazza Mastai da 4 colleghi che, liberi dal servizio, hanno visto alcune persone muoversi con fare sospetto. Salgono su un motorino e provano a inseguire quelle persone. Provano a fermare Brugiatelli, poi lo spacciatore, quindi Natale Hjorth, l’americano che viene accompagnato a comprare lo stupefacente e che viene sorpreso a raccogliere un involucro da terra, che spiegherà essere Bentelan prima di consegnarlo al militare. Il carabiniere non può sapere che due ore più tardi quel ragazzo dai capelli biondi, riuscito a dileguarsi, assisterà all’omicidio del suo collega.

5) Brugiatelli non è confidente dei carabinieri

L’uomo, che sarà presto indagato insieme al pusher per spaccio di stupefacenti, non è un informatore e lo dimostrerà nel colloquio con la centrale operativa del 112. In questa vicenda è semplicemente una vittima di furto prima e di tentata estorsione poi. Che non ha droga con sé, e per questo indicherà ai due americani l’amico spacciatore, ma soprattutto vuole riprendersi il suo cellulare al quale i due americani rispondono, decisi a fargli pagare non solo l’acquisto mancato ma anche la truffa della tachipirina spacciata al posto della cocaina. Forse confusione viene fatta per ciò che racconta lo spacciatore, che raggiunto dai carabinieri, per togliersi di impaccio e dai guai, dirà di non avere i documenti dietro, di non aver fatto niente e di essere “amico delle guardie”.

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