Gli insegnamenti di quell’addio a Willy

di NUCCIO FAVA* – Faceva davvero impressione la lunga teoria di persone che si snodava silenziosa e  ordinata dietro la bara di Willy, il giovane capoverdiano assassinato spietatamente a Colleferro. Molti, ragazze e ragazzi in gran numero, ma anche tantissimi cittadini giunti da paesi vicini, hanno voluto mostrare silenziosamente la loro partecipazione e il loro dolore alla famiglia del ragazzo, che aveva chiesto di indossare abiti bianchi. Un antico segno di lutto, ben presente sulla scena delle tragedie greche e anche in molti riti funebri ancora praticati in parecchie regioni dell’Italia, invito che è stato raccolto da tante persone , giovani e adulti, seguendo l’esempio dei genitori di Willy e di tutta la sua famiglia. Colpisce che pur in presenza di tale efferatezza, nessun grido di odio o di vendetta sia stato pronunciato durante la cerimonia e che lo stesso vescovo celebrante abbia voluto invocare pietà per gli assassini  auspicando una pena adeguata alla crudeltà del misfatto e che il sistema carcerario potesse educativamente favorire una presa di coscienza e l’acquisizione di severa consapevolezza della gravità del crimine commesso.

Il Presidente del Consiglio ha voluto testimoniare la presenza e la commozione dell’intero Governo richiamando anche il significato di rappresentanza dell’Italia intera, tutta quanta vicina nel dolore e nel lutto incommensurabile della famiglia. Tra le voci significative, quella di un vescovo della Sicilia, Monreale, che ha proposto l’apertura della procedura per proclamare Willy santo, testimone e martire contro la violenza criminale e contro il devastante fenomeno del bullismo alla vigilia di una difficile ripartenza dell’anno scolastico.

Questo straordinario momento di dolore rende più vicino il disastro umanitario senza fine dell’isola greca di Lesbo, dove migliaia di rifugiati sono stati ulteriormente colpiti da un incendio criminale che ha distrutto le loro capanne e i loro giacigli costringendoli nella disperazione più assoluta a dirigersi verso la costa senza però nessun aiuto e nessuna assistenza. Questa condizione dei migranti continua a irrompere anche nel nostro Mediterraneo, talvolta strumentalizzata anche da casi di Covid che inevitabilmente  rischiano di diffondersi specie per le condizioni disperate in cui vengono a trovarsi, senza che si tenti seriamente un provvedimento di aiuto e di assistenza a persone stremate, spesso alle prese con numerosi bambini disperati e atterriti. Ovviamente non è sufficiente la polizia greca, che può tentare al massimo di contenere il disastro, ma certo da sola non in grado di avviare a soluzione un così grave problema che avrebbe bisogno di una convergente solidarietà europea o addirittura un impegno finalmente delle Nazioni Unite.

Il male del mondo è davvero sconfinato e resta sorprendente la sottovalutazione degli stati e dell’Europa che in ogni caso si troverà a dovere fare i conti con questa drammatica situazione di rifugiati e migranti che sarà sempre più sul piano globale una delle questioni più gravi da affrontare.

* Nuccio Fava, presidente dell’AssociazioneGiornalisti Europei, è stato direttore del Tg1, del Tgr e delle Tribune politiche Rai

 

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