Giuseppe Conte conferma a Draghi che il M5s vuole continuare a sostenere il governo, ma chiede forti segnali di discontinuità indicati in un documento. Di Battista polemico

(foto Ansa di Massimo Percossi) 

Il più volte annunciato incontro del presidente del M5s, l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, con l’attuale presidente del Consiglio Mario Draghi si è svolto oggi ed è durato un’ora. E’ stato Conte a renderne conto ai giornalisti subito dopo (foto a lato) con queste parole: «Abbiamo parlato con Draghi, gli abbiamo consegnato un documento a nome del M5s, abbiamo confessato di aver accumulato un forte disagio politico. Noi siamo disponibili a condividere una responsabilità di governo come abbiamo fatto fino a qui in modo leale e costruttivo, ma occorre un forte segno di discontinuità“. Una parola che non è piaciuta a Di Battista, perché, come vedremo più avanti, la ritiene troppo debole.

Improntato ad un certo ottimismo anche il commento di Draghi, che secondo fonti di Palazzo Chigi ha definito l’incontro “positivo e collaborativo” . “In primo luogo – spiegano le stesse fonti – Conte ha confermato il sostegno del M5S al Governo; ha presentato poi una lettera, discussa dal Consiglio nazionale del M5S. Molti dei temi sollevati si identificano in una linea di continuità con l’azione governativa. Tra i punti affrontati da Conte, in particolare, il reddito di cittadinanza, il salario minimo, il cuneo fiscale, il superbonus, il caro bollette“. Draghi “ha ascoltato con attenzione quanto rappresentato dal Presidente del M5S”. Tra i punti affrontati nel faccia a faccia a Palazzo Chigi anche “il sostegno ai redditi medi, la transizione ecologica, la rateizzazione delle cartelle esattoriali“.

Ma dal grillino della prima ora Di Battista sono arrivate le frecciate: In che cosa consiste quella discontinuità? E anche oggi il Movimento 5 Stelle esce dal governo… domani. Esprime a Draghi il proprio disagio, come se uno dei peggiori presidenti del Consiglio della storia fosse un prete nel confessionale. Chissà, magari il Movimento uscirà dal governo dopo l’estate, quando i parlamentari avranno maturato la pensione. Magari uscirà dopo la finanziaria, momento d’oro per chi è alla ricerca di denari da trasformare in markette elettorali. O forse non uscirà mai. Intanto anche i più irriducibili sostenitori del Movimento, gli ultimi giapponesi direi, si domandano come sia stato possibile ridurre la più grande forza politica del Paese nella succursale della pavidità e dell’autolesionismo“.

Invece Conte ha precisato: “Non permettiamo più che il reddito di cittadinanza sia messo quotidianamente in discussione“, elencando anche altre richieste:  “Dobbiamo intervenire a favore di famiglie e imprese con un intervento straordinario. 200 euro di bonus non servono. Va tagliato il cuneo fiscale. Dobbiamo intervenire per i lavoratori e sul salario minimo“. “Draghi – ha spiegato – si prenderà un po’ di tempo per valutare le nostre richieste, non mi aspettavo una risposta immediata, non sarebbe neanche stato serio“.

Conte questa mattina aveva presieduto il consiglio nazionale chiamato a decidere la linea in vista dell’incontro a Palazzo Chigi, nel quale è prevalsa la linea della permanenza al governo anche se, sottolineano fonti del movimento, questo è legato alle risposte concrete, nei fatti, che verranno date ai vari punti delle nostre richieste.

IL DOCUMENTO M5S
“Intendo rappresentare il profondo disagio politico che la comunità del M5s sta vivendo ormai da tempo, ancora più acuito dagli ultimi avvenimenti. Ricordo che le ragioni dell’esistenza stessa del M5s sono e restano gli interessi dei cittadini e il bene del Paese”. E’ un passaggio del documento consegnato dal leader del M5s Giuseppe Conte al premier Mario Draghi. “Abbiamo lavorato sempre per un confronto sereno sui problemi”, “non è stato questo l’atteggiamento di tutte le forze politiche di maggioranza. Abbiamo subito attacchi pregiudiziali, mancanze di rispetto, invettive intese a distruggere la nostra stessa esistenza”. “La crisi in atto richiede un intervento straordinario, ampio e organico, a favore di famiglie e imprese. Un bonus da 200 euro non vale a risolvere i gravi problemi che i nostri concittadini stanno affrontando. Le abbiamo chiesto più volte uno scostamento di bilancio. Misure di sostegno significativo servono anche per imprese e lavoratori autonomi, che non potranno certo sostenere questa impennata del caro-bollette e questa spinta inflazionistica”.

Dopo le tensioni di ieri, intanto, il governo ha posto alla Camera la questione di fiducia sul dl Aiuti, nel testo della commissione. Lo annuncia all’Assemblea di Montecitorio il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà. Il voto finale sul decreto legge Aiuti si terrà nell’Aula della Camerta lunedì alle 14. Le dichiarazioni di voto avranno inizio alle 12.30. E’ stato stabilito nella conferenza dei capigruppo.

Domani, dopo la votazione sulla fiducia, verranno esaminati gli ordini del giorno al testo. Dopo il via libera della Camera, il testo passerà al Senato, che avrà pochi giorni per esaminarlo prima della scadenza, il 16 luglio. La fiducia sul superbonus potrebbe compromettere la permanenza del M5s nel governo? E’ stato chiesto a Conte, il quale h risposto: “Ne parleremo in riunione di capigruppo e definiremo la nostra posizione sul punto. I nostri ministri già non hanno partecipato al voto” in Cdm “per una norma del tutto eccentrica. Non siamo qui per predicare transizione ecologica di giorno e consentire nuove trivellazioni di notte”.

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