Giorgia Meloni, il problema immigrazione, e l’urgenza di un Piano Marshall per l’Africa

di SERGIO SIMEONE* – Dopo l’ennesimo, fallito, tentativo di impedire lo sbarco sulle coste italiane di migranti salvati da navi ONG (fatta eccezione per la Ocean Viking,  il cui sbarco a Tolone ha prodotto una grave crisi nei rapporti tra Italia e Francia) i termini della questione migrazione dovrebbero essere più chiari.

1.  E’ del tutto falso che l’immigrazione clandestina sia causata dalle navi delle ONG, come da anni cerca di farci credere la destra, per cui basterebbe bloccare l’attività di queste navi per far cessare l’immigrazione clandestina in Italia. E’ ormai un dato inconfutabile che le ONG, che tra l’altro svolgono un meritorio lavoro di supplenza delle autorità statali nel salvare i naufraghi, trasportano una piccola percentuale dei clandestini che arrivano in Italia (il 12% nel 2022 secondo fonti del Ministero dell’Interno). Mentre  il ministro Piantedosi, ad esempio, con la sua “geniale” trovata degli sbarchi selettivi, impediva lo sbarco di 35 ( trentacinque!)  migranti nel porto di Catania, altre centinaia approdavano sulle coste italiane con altre imbarcazioni , spesso scortate dalla Guardia costiera.

2.  Non è vero che l’Italia è il Paese  che accoglie più migranti in Europa perché la Germania e la Francia ne accolgono molti più di noi. Se poi si va a fare una graduatoria dei Paesi più accoglienti in base al rapporto tra migranti accolti e popolazione, l’Italia scende ulteriormente nella graduatoria, scavalcata da molti altri Paesi.

Queste due verità non servono ovviamente a negare la gravità del fenomeno migrazione, ma, al contrario, a valutare meglio la sua reale dimensione e le cause che lo hanno prodotto  per poterlo governare: la migrazione è un fenomeno planetario causato da guerre e povertà, che non può essere affrontato dai singoli Paesi, né può essere arrestato con misure di polizia come hanno cercato di fare prima Salvini e ora Piantedosi.

Ne consegue che l’Italia, più che chiedere di essere aiutata dall’Europa, dovrebbe chiedere alla Europa di elaborare un piano complessivo per aggredire le cause delle migrazioni e governane, nel frattempo, i flussi. Dovrebbe  cioè farsi promotrice di un Piano Marshall per l’Africa per favorirne lo sviluppo economico e fare accordi con gli Stati africani per contenere il numero di migranti che possono essere accolti e farli viaggiare senza rischiare la vita.

Si tratta di un obiettivo, mi rendo conto, facile da enunciare, ma molto difficile da realizzare. Questo obiettivo diventa però addirittura impossibile, se l’Unione Europea continua ad essere una confederazione di Stati ognuno intento a perseguire i propri interessi nazionali in competizione con gli altri e non diventa invece una federazione, assumendo una soggettività politica che vanifichi i sovranismi.

E veniamo così al dilemma che sta davanti a Giorgia Meloni: il suo europeismo, recentemente scoperto, è una astratta enunciazione rivolta solo ad ingraziarsi la simpatia dei principali partner europei o è una convinta scelta politica, che la porterà a sganciarsi da Orban, Lepen e dai neo-franchisti spagnoli? Non pensi la leader di FdI di poter a lungo rimanere nella ambiguità: la realtà  costringe prima o poi a tenere comportamenti che siano inequivocabili.

*Sergio Simeone, docente di Storia negli Istituti superiori , è stato anche dirigente del Sindacato Scuola della Cgil

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