di MARIO MEDORI/ Geo Florenti presenta a StudioG di Roma dell’architetto Giada Calcagno, un nuovo progetto performativo dal titolo ETC, perennemente contemporaneo, a cura di Giuseppe Stagnitta. Il progetto sarà visibile tutti i giorni dalle ore 10,00 alle ore 19,00 fino al 7 gennaio 2026. Etc è l’immaginario ciclico in cui tutto si ripete e tutto si annulla in modo perpetuo (perennemente contemporaneo), è un’idea che ci suggerisce che il presente nel momento in cui accade è già finito e passato. La ciclicità del divenire, in cui il nuovo che dovrà ancora accadere, nel momento in cui accade (l’istante appena creato) diventa obsoleto, compresa questa performance che può essere ripetuta all’infinito e come tutte le derivazioni in cui è possibile applicare l’idea che esprime la parola ETC, come vedremo in mostra.
Nuovo progetto dell’artista Geo Florenti. Concentrato da tempo sulla riflessione tra creazione artistica e ricerca scientifica, dove la poetica con la sua azione si evolve in poetica dell’utilità dando soluzioni pratiche e reali, che propone una serie di idee che trovano il loro senso nell’apparente nonsenso. Quanto è antica la foto digitale? Florenti scrive: “In base all’opera esposta e alla tecnica e agli strumenti utilizzati per realizzarla (solo vegetazione), posso affermare che quest’opera poteva essere realizzata anche il giorno 8, il primo dopo i 7 della Creazione. Ed è così che ho incontrato Dio, a modo mio, per uno scatto”.
La foto di Dio è un’opera concettualmente fotografica. Un vero e proprio ritratto realizzato come una stampa digitale, con dei mezzi possibili anche migliaia di anni fa, all’inizio dei tempi, dove l’artista riproduce con soli materiali vegetali uno schema digitale utilizzato oggi. Schema di informazioni, simile al sistema del codice binario che caratterizza l’universo digitale, che mette in comunicazione in modo preciso e puntuale chi recepisce il volto da ritrarre, attraverso un modulo che ricorda la divisione in pixel della macchina fotografica digitale e chi realizza fisicamente l’immagine sul foglio che ricorda la stampa digitale.
Le altre parole dell’artista. Geo Florenti spiega: “Come ho anticipato, continua l’artista, ed il motivo principale per il quale ho scelto di creare quest’opera con questo soggetto, ovvero Dio, non è per il fatto che sono diventato religioso o cerco di attribuirmi un primato, la prima foto di Dio (in formato fototessera) è stata concepita per essere posizionata sotto un ponte in mezzo ai barboni. Ho chiamato questa installazione (ponte, sottoponte, barboni e opera), God Station. Luogo che potrebbe diventare più chiesa delle chiese”.
Questa sua idea in movimento non è stata pensata per un motivo preciso e non serve in concreto a nulla. E questo va in netta contrapposizione con la poetica di Florenti che si esprime in poetica dell’utilità dando soluzioni pratiche e reali, una vera insensatezza come la stessa mostra e tutta l’arte in genere. Il nonsenso acquisisce in questo modo una sua idea precisa di senso sia dell’arte che della vita: per lui l’arte è vita. Coerente con le sue scelte, che sono orientate più sulle azioni umanitarie e per cui utili e necessarie, in cui l’arte diventa un’azione risolutiva dell’essere umano per l’essere umano, l’azione artistica diventa un contributo reale allo sviluppo tecnologico e umanitario dando uno spiraglio di luce all’oscurantismo generalizzato che caratterizza il nostro momento storico.

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