La République En Marche del presidente Macron avrebbe ottenuto circa il 30% dei voti al primo turno delle legislative di oggi. Lo riferisce la tv belga Rtbf citando due exit-poll che non possono essere pubblicati in Francia fino alle 20, orario di chiusura delle urne. A seguire Les Républicains al 19-20%, il Front National al 17, la France Insoumise di Mélenchon al 12 e il Partito socialista ferno tra il 7 e l’8%.
L’affluenza alle urne alle ore 17, secondo i dati del ministero dell’Interno, era del 40,75%, 8 punti in meno rispetto alla stessa ora nel 2012 (48,31%).
Si rinnovano i 577 deputati dell’Assemblée Nationale con uno scrutinio uninominale maggioritario. Domenica prossima 18 giugno il secondo turno per i ballottaggi. Ognuna delle 577 circoscrizioni in cui è divisa la Francia elegge un parlamentare.
Alla vigilia i sondaggi attribuivano ai candidati di “En Marche” del neo presidente Emmanuel Macron la possibilità di ottenere la maggioranza assoluta: addirittura 400 deputati, quando ne basterebbero 289 per avere la certezza di far passare le leggi. Il Front National veniva datol 17%, la France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, insieme ai comunisti, all’11%, il Partito socialista, insieme agli alleati della maggioranza uscente, appena all’8%, contro il 30% con cui partì Francois Hollande nel 2012. Dunque pronostici simili a quelli che emergono dagli exit poll belgi.
Fra 397 e 427 potrebbero dunque essere i deputati della nuova maggioranza di governo, metà dei quali esordienti in politica. Un rinnovamento che non ha precedenti e che – ai vertici dell’Eliseo – farebbe anche propendere per una vittoria consistente ma non un trionfo: il ricorso a un numero troppo elevato di deputati neofiti e senza esperienza rischia di rendere il gruppo incontrollabile, esposto a scivoloni e autogol.
Sullo sfondo di questa preannunciata marcia trionfale di En Marche!, sotto speciale osservazione i sei ministri del governo che hanno raccolto la sfida delle urne e che, nel caso di non elezione, dovranno dimettersi: primo fra tutti Richard Ferrand, il ministro della Coesione territoriale investito dal caso dei suoi conflitti di interesse alla cassa mutua di Bretagna. Una situazione all’opposto, inimmaginabile fino a qualche mese fa, in casa socialista. Dove – oltre ai tanti che non si ripresenteranno – rischiano grosso l’ex primo ministro Manuel Valls, che conta sulla “desistenza” di En Marche! nella sua circoscrizione, la relatrice della riforma del lavoro Myriam el Khomri, la ministra uscente Marisol Touraine. Per non parlare degli alleati ecologisti, i Verdi di Eelv che avevano 17 deputati e rischiano l’estinzione.
La France Insoumise di Mélenchon non è riuscita a capitalizzare il buon risultato al primo turno delle presidenziali. E adesso, gauche radicale alleata con i comunisti, rischia di prendere un pugno di seggi e non poter fare nessuna opposizione valida come era obiettivo del suo leader. Mélenchon paga, in popolarità, l’atteggiamento ambiguo fra il primo e secondo turno, quando non si espose e non invitò – come in molti a sinistra aspettavano – a votare “contro Marine Le Pen”. Solo politica, invece, sembra profilarsi la disfatta del Front National, che raccoglierebbe meno di 15 deputati ma porterebbe in parlamento, per la prima volta, la sua leader Marine Le Pen.
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