FIGURI, FIGURINE E FIGURACCE TRA PALAZZO CHIGI E LA RAI

ORA di puntadi NUCCIO FAVA –

Orribile giornata quella di mercoledì 27 gennaio per la politica, per il rapporto tra le istituzioni e con l’opinione pubblica sbalordita dal pressappochismo dello stesso mondo dei giornali e delle tv che rischiano di ridurre sempre tutto ad uno scontro tra buoni e cattivi, in genere a favore del governo in carica. In gran parte è avvenuto per l’intervento di Renzi al Senato dove si discuteva la fiducia, occasione sempre di un qualche rilievo per conoscere meglio gli impegni della maggioranza e i suoi obbiettivi futuri. Al centro c’era il delicato problema delle banche con gravi risvolti non solo interni ma anche europei. Un peso particolare avevano assunto i pasticci intorno alla banca dell’Etruria e del Lazio anche per la vicepresidenza del padre della ministra Boschi. In verità non erano in questione tanto possibili conflitti di interessi quanto piuttosto un contesto ambiguo e almeno poco responsabile, per non dire di peggio, con operazioni discutibili e favori evidenti fatti ad amici e parenti prossimi a disinvolti faccendieri e ad ambienti massonici in un territorio che aveva del resto ben conosciuto l’azione criminale della loggia P2. Di questi aspetti il presidente del Consiglio non si è in alcun modo occupato procedendo invece con sicumera e qualche pizzico in più di arroganza a illustrare ancora una volta i grandi meriti del governo e la certa prospettiva di  una Italia finalmente cambiata.

Sia pure con un rispetto formale, le opposizioni sono state severamente redarguite, accusate di strumentalismo e di incapacità a formulare proposte di governo nell’interesse del Paese. Ma la giornata evidentemente era di segno negativo e nessuno poteva ritenersi soddisfatto. Tanto più se si osserva che il presidente del Consiglio appena finito di intervenire, ha lasciato lo scanno senza ascoltare nessuno degli interventi. In effetti le stanze di palazzo Chigi e dei suoi più stretti collaboratori erano in grande agitazione e confusione. Era scoppiata l’enorme grana delle statue avvolte in orribili cartoni, per nascondere le “nudità” neoclassiche al presidente iraniano. La brutta storia era già sui circuiti internazionali e certo l’Italia, a cominciare da palazzo Chigi e dal ministro dei beni culturali, non facevano una bella figura. Anzi una figuraccia accresciuta dall’annuncio di una inchiesta già avviata per scoprire il responsabile e punirlo in modo esemplare. L’idea che un fatto del genere fosse potuto accadere senza che palazzo Chigi sapesse nulla mostra in ogni caso che non c’è una vera struttura all’altezza di fare la regia in occasioni così importanti e che a Roma si succedono con grande frequenza anche per la presenza del Papa. Non saperne niente e non riuscire ad individuare il o i colpevoli dà un carattere macchiettistico o da commedia degli equivoci che proprio è l’ultima cosa di cui avremmo bisogno in una fase come questa.

Nelle stesse ore un provvedimento esorbitante licenziava in tronco il funzionario di Rai1 che aveva mandato in onda con un sms una bestemmia e, cosa ritenuta ben più grave, aveva fatto anticipare di 40 secondi l’inizio del nuovo anno. La scelta del direttore generale appare piuttosto confusa e presa comunque con non poco ritardo visto che si è giunti a fine gennaio per fatti certamente gravi ma che non costituiscono una novità nel servizio pubblico. Già ai tempi di almeno 3/4 direttori il Capodanno è stato anticipato per battere la concorrenza e strappare qualche milione di spettatori alla concorrenza che a sua volta non andava certo alla leggera. Addirittura posso personalmente testimoniare che analoga tecnica veniva spesso usata nei telegiornali, la cui sigla partiva qualche secondo prima dell’ora stabilita. Calpestando l’elementare principio secondo cui la prima notizia era costituita proprio dal rigoroso rispetto dell’orario. Sentendo il sonoro della sigla qualunque spettatore, da Ponte di Legno a Marettimo, poteva dire sicuro sono le 20. A parte forse l’eccesso di rigore e la necessità in ogni caso di riconsiderare con tutti i direttori di rete e testate un più efficace controllo e rivisitazione di tutta la materia si ha l’impressione che il nuovo direttore generale abbia voluto dare un forte segnale di indirizzo o addirittura incutere timore in tutti i dipendenti Rai. Insomma sono io che comando e tutti dovete rigare dritto. Il nuovo direttore generale del resto non cade dal cielo, ma è stato voluto con ogni determinazione dal presidente Renzi, conosciuto ed apprezzato da sempre durante le ininterrotte frequentazioni della Leopolda. Il modo e i tempi di questa decisione legittimano quanto meno dubbi e perplessità. Anche perché al di là di qualche dichiarazione generica di principio e di buone intenzioni nulla è ancora avvenuto di significativo in vista di quella nuova Rai al servizio del cittadino così retoricamente richiamata, anche dalla presidente Maggioni che non perde occasione per ribadire la sua concordanza e sintonia con il mega direttore generale.

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