EX ILVA DI TARANTO/ La ArcelorMittal ripropone un taglio di 4700 posti di lavoro e i sindacato rispondono con una giornata i sciopero e manifestazione a Roma il 10 dicembre. Il piano del governo

Altro che “scudo penale”! La società franco-indiana ArcelorMittal si è presentata alla trattativa con il governo e con i sindacati ponendo come condizione, per proseguire nella attività dell’ex Ilva di Taranto, il progressivo taglio di 4700 posti di lavoro entro il 2023. Sia il governo, per bocca del ministro delle Infrastrutture, Patuanelli, sia i sindacati hanno respinto il nuovo piano della società, richiamandola al rispetto del patto sottoscritto quando vinse la gara in competizione con altri aspiranti alla gestione dell’acciaieria Anzi i sindacati hanno fissato anche la data dello sciopero: il 10 dicembre con manifestazione a Roma.  Per loro resta valido l’accordo del 6 settembre 2018.

Bisogna tener conto che i livelli occupazionali in Arcelor Mittal si ridurranno di 2891 unità già nel 2020, come emerge dalle slide del nuovo piano industriale presentato dall’azienda al Ministero dello Sviluppo Economico. A questi nel 2023 se ne aggiungeranno altri circa 1.800, per un totale di 4.700.

Quelli che restano dovrebbero accollarsi anche un aumento dei volumi di produzione dagli attuali 4,5 milioni di tonnellate di acciaio ai 6 milioni dal 2021, secondo il nuovo piano di Arcelor Mittal.

“L’azienda ha avuto quest’anno uscite di cassa di un miliardo di euro”, ha affermato l’ad di Arcelor Mittal Italia, Lucia Morselli, all’incontro al Mise.

A sua volta il ministro Patuanelli  ha affermato: «La è strada è stretta e in salita. L’obiettivo sta nel garantire la continuità produttiva. E’ necessario un confronto costruttivo onesto che sia sviluppato nel tempo, parallelamente alle previsioni sul piano industriale e a tutto quello che stiamo cercando di fare. Tra venerdì e lunedì il governo presenterà un suo piano industriale che farà diventare Ilva un esempio di impianto industriale siderurgico, con uso di tecnologie sostenibili, con forni elettrici e altri impianti ecosostenibili per arrivare a una produzione di 8 milioni per tutelare livelli occupazionali».

«L’azienda – fa notare il ministro – invece di fare un passo avanti ha fatto qualche passo indietro, ricominciando a parlare di 4.700 esuberi alla fine del nuovo piano industriale, che prevede comunque un forno elettrico e una produzione finale di 6 milioni di tonnellate. Questa non è l’idea che ha il Governo sullo stabilimento. Riteniamo che la produzione a fine piano debba essere più alta, arrivando almeno ad 8 milioni di tonnellate».

«Noi vogliamo far diventare lo stabilimento Ilva all’avanguardia nella produzione siderurgia europea – ha insistito Patuanelli -. Su questo lo Stato, il governo, è disponibile a investire, ad essere presente, a partecipare e accompagnare l’azienda in questo percorso di transizione. Su queste basi siamo disponibili e ci sembrava che ci fosse una disponibilità dell’azienda, Che invece oggi non ho trovato nel piano che ciò stato illustrato».

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