Ecco le date del congresso Pd, “abbreviato” per anticipare una nuova sconfitta elettorale di Renzi alle amministrative

di ENNIO SIMEONE – Il “congresso abbreviato” farsa del Pd ha segnato oggi la prima tappa operativa con la riunione della apposita commissione, che ha stabilito il seguente “regolamento” che disegna un percorso somigliante ad una delle comiche degli albori del cinematografo o ad un cartone animato: presentazione delle candidature a segretario entro le ore 18 del 6 marzo; le riunioni di circolo (vale a dire le vecchie sezioni di comune o di quartiere) per presentare le candidature dal 20 marzo al 2 aprile e nominare i delegati alle convenzioni provinciali che si svolgeranno il 5 aprile. Quattro giorni dopo, il 9 aprile, si terrà la Convezione nazionale, il 30 aprile dalle ore 8 alle 20 le primarie. Per partecipare alle primarie l’elettore si dovrà dichiarare elettore del Pd al momento del voto e pagherà 2 euro ai gazebo. La direzione ha approvato questo regolamento congressuale con 104 voti a favore, 3 voti contrari e 2 astenuti. Nemmeno nel partito comunista bulgaro accadeva una cosa del genere. Il  segretario che verrà fuori da questa procedura sarà proclamato dall’assemblea nazionale il 7 maggio. (Nella foto qui sotto i 4 candidati finora annunciati: Renzi, Emiliano, Orlando e la torinese Carlotta Salerno)

Nei dibattiti televisivi si continua a ridicolizzare il fatto che vi sia stata una scissione nel Pd “su una data di calendario”. Chi lo fa non ha capito o finge di non capire un bel nulla. E cioè che questa tragicomica corsa contro il tempo è stata imposta da Renzi e dal suo personale di fiducia per anticipare le elezioni amministrative di maggio o giugno, quando è prevista una nuova batosta elettorale, dopo quella del 4 dicembre, per il rottamatore “che vo’ fa’ l’americano”, e addirittura per anticipare il pensionamento di Gentiloni e far posto al ritorno del “Bomba” a Palazzo Chigi. Intanto gli antagonisti di Renzi si esercitano in dichiarazioni più o meno bellicose. Eccone qualcuna.

Orlando. – “Nel momento in cui, dopo dicembre, il sistema maggioritario è venuto meno, è sempre più difficile che il segretario del partito di maggioranza relativa sia anche il premier“. Lo ha detto il ministro Andrea Orlando, candidato alla segreteria del Pd, in un incontro alla Fondazione Corriere della Sera. “Per i limiti che mi riconosco – ha aggiunto -, non sarei in grado di fare le due cose contemporaneamente e penso sia giusto pensare ad altre figure in grado di guidare il governo ma anche tenere insieme la coalizione”.

D’Alema. – “Con Orlando segretario si potrebbe riaprire il dialogo, sarebbe sicuramente un grosso passo avanti”, ha detto Massimo D’Alema ospite a Brescia della Fondazione ItalianiEuropei. “Ad Orlando rimprovero comunque di aver condiviso anche scelte sbagliate con Renzi, ma si muove con l’intento di ricomporre l’unità del centro sinistra e credo sia la cosa importante”.

Calenda. – Il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, ha invitato il Pd a parlare chiaro sul furto del governo in carica: “Il Pd si sieda con il governo per elaborare l’agenda e dica come dobbiamo strutturare ed equilibrare il prossimo Documento di economia e finanza. Se si dice privatizzazioni no, nuove tasse no, nuovi tagli no e infrazione no, qualcuno ci spieghi come queste cose stanno insieme”. Invitando il Pd anche ad indicare l’orizzonte temporale dell’esecutivo, Calenda fa l’esempio del manager che non può gestire la sua azienda se non sa se la sua scadenza è a “tre mesi, sei mesi o un anno”.  “Penso che il voto – aggiunge il ministro – dovrebbe essere a fine legislatura per alcune considerazioni di buon senso. Dobbiamo completare le riforme, c’è un temino di banche da affrontare e in mezzo alla campagna elettorale un problema lo crea e dobbiamo preparare un Def e una manovra per il prossimo anno estremamente sfidanti”. E’ difficile che gli venga dato ascolto. Anzi, se insiste, rischia di perdere il posto nel prossimo governo, qualora fosse Renzi a capeggiarlo.

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