Si è spento oggi in ospedale a Mosca, all’età di 91 anni, Mikhail Gorbaciov, colui che, da presidente dell’Unione Sovietica, segnò nel 1991 in Russia la svolta politica che segnò la fine del regime comunista, alla caduta del muro di Berlino nel ’91 con il crollo dell’Urss, di cui fu l’ultimo presidente prima di cedere il potere al suo rivale Boris Ieltsin.
Arrivato al vertice dell’Urss da un villaggio della regione meridionale di Stavropol (dove era nato il 2 marzo 1931 da una famiglia di agricoltori) dopo un’esperienza nel Komsomol – l’organizzazione della gioventù comunista ancora impregnata di retorica staliniana – era arrivato a Mosca all’inizio degli anni Cinquanta, dove si era laureato in Giurisprudenza nel 1955. Negli anni universitari si era iscritto al partito comunista e aveva conosciuto e sposato la giovane Raissa Titarenko, che con il suo sorriso e la sua eleganza avrebbe rivoluzionato l’immagine della first lady sovietica standogli al fianco sino alla sua morte, avvenuta nel 1999.
La carriera politica di Gorbaciov inizia nel 1970, quando viene nominato primo segretario del partito a Stavropol. Dieci anni dopo torna a Mosca come membro a pieno titolo del Politburo: è il più giovane di tutti. Rafforza la propria posizione sotto le ali protettive di Andropov, capo del Kgb e originario anche lui di Stavropol. Viaggia spesso all’estero e nel 1984 incontra per la prima volta l’allora primo ministro britannico Margaret Thatcher, “un osso duro” con cui stabilirà poi un rapporto di stima e di fiducia. L’anno successivo, con la morte di Cernenko, l’11 marzo 1985 diventa segretario generale del Partito comunista dell’Unione Sovioetica: ha solo 54 anni, una svolta generazionale dopo un lungo periodo di gerontocrazia dell’Urss. Il 1986 è già un anno cruciale, che rafforza le attese e le speranze, in Urss come nel resto del mondo, legate alla nuova leadership sovietica. A febbraio Gorbaciov lancia le sue parole d’ordine, Glasnost (trasparenza) e Perestroika (ristrutturazione), per portare una inedita ventata di libertà nei media e nell’opinione pubblica e per riformare un sistema economico sempre più stagnante.
In ottobre si incontra con l’allora presidente americano Ronald Reagan a Reykjavik (foto a lato) , in Islanda, per discutere la riduzione degli arsenali nucleari in Europa, suggellata l’anno successivo dalla firma di uno storico trattato.
Inevitabile, e meritato, il Nobel per la pace nel 1990. Il 1991 è però un anno drammatico per Gorbaciov : in agosto viene sequestrato per tre giorni nella villa presidenziale in Crimea, vittima di un golpe dei comunisti conservatori, spento solo dalla coraggiosa resistenza del presidente russo Ieltsin. Che l’8 dicembre successivo firma con Ucraina e Bielorussia la nascita della Csi, la Comunità di Stati indipendenti: è la fine dell’Urss. Impotente e ormai impopolare dopo le sue riforme troppo lente e prudenti, inviso anche per la sua crociata contro la vodka, umiliato nel duello con l’esuberante Ieltsin, Gorbaciov getta la spugna poche settimane dopo, il giorno di Natale. Insieme alla bandiera rossa viene ammainata un’epoca, tramontava un impero che aveva sconfitto i nazisti e mandato il primo uomo nello spazio ma anche milioni di suoi concittadini nei gulag. Nella sua biografia restano alcune ombre, come l’invio del carri armati in Lituania contro le prime aspirazioni indipendentiste o la catastrofe nucleare nella centrale di Cernobyl nel 1986, passata sotto silenzio per diversi giorni nonostante la glasnost.
Ma i suoi meriti storici prevalgono di gran lunga, nonostante l’impopolarità o l’indifferenza tra i russi, che non gli perdonano il crollo dell’Urss. Il suo impegno a favore della pace, della democrazia e dell’ambiente è continuato sino a poco tempo fa, tra conferenze, incontri e critiche aperte alla deriva autoritaria di Putin. Anche se nel 2014 era tornato a difenderlo come paladino degli interessi russi, a partire dall’annessione della Crimea, contro l’imperialismo Usa. Ma chiedendo anche, fino alla fine dei suoi giorni, di evitare il rischio di uno scontro nucleare.
BIDEN: “Gorbaciov è stato un leader raro”
Il presidente americano Joe Biden ha reso omaggio all’ultimo leader sovietico Mikhail Gorbaciov definendolo un “leader raro”. Le sue azioni sono state quelle di un leader con “immaginazione sufficiente per vedere che un altro futuro era possibile e il coraggio di rischiare l’intera carriera per raggiungerlo. Il risultato è stato un mondo più sicuro e più libertà per milioni di persone”, ha aggiunto Biden in un comunicato. In qualità di leader dell’Urss ha lavorato con il presidente Ronald Reagan per ridurre gli arsenali nucleari dei nostri due paesi, con grande sollievo delle persone in tutto il mondo che pregavano per la fine della corsa agli armamenti atomici. Dopo decenni di brutale repressione politica, ha abbracciato le riforme democratiche”, ha aggiunto il presidente Usa.
La Reagan Foundation, da parte sua, ha detto in un tweet di “piangere la perdita di un uomo che una volta era un oppositore politico e che ha finito per diventare invece un amico di Ronald Reagan“.
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PUTIN esalta le doti di Gorbaciov, ma… niente funerali di Stato.
“Un politico e uno statista che ha avuto una influenza importante sulla Storia del mondo”. Così il presidente russo Vladimir Putin ha ricordato Mikhail Gorbaciov nel suo telegramma di condoglianze alla famiglia, secondo quanto riferisce l’agenzia Tass. Mikhail Gorbaciov – prosegue Putin – “ha dovuto affrontare grandi sfide in politica estera, nell’economia e nella sfera sociale, capiva profondamente che le riforme erano necessarie e cercava di proporre le proprie soluzioni a problemi scottanti”, prosegue il presidente russo nel suo messaggio di condoglianze. “Vorrei sottolineare – aggiunge Putin – anche quella grande attività umanitaria, di beneficenza e illuminismo che Gorbaciov ha condotto in tutti gli ultimi anni. Chiedo di accettare le parole sincere di solidarietà e empatia per la perdita che avete subito”. Tuttavia per l’ex capo dell’Unione Sovietica non vi saranno funerali di Stato.
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