È morto il calciatore Pietro Anastasi, uno dei migliori attaccanti degli Anni 70. Come ha rivelato il figlio Gianluca, da tre anni combatteva con la Sla dopo aver vinto contro un tumore all’intestino. Alla fine, stremato dalle sofferenze, ha chiesto di essere aiutato a porvi fine con la sedazione assistita. Aveva a 71 anni. La Gazzetta dello Sport lo ricorda così: «Siciliano di nascita – brevilineo ma esplosivo e molto bravo anche in acrobazia – esplose nel Varese della seconda metà degli Anni 60, attirando le attenzioni dei migliori club italiani. La spuntò la Juventus nel 1968, strappandolo all’Inter. E su di lui investì 650 milioni, cifra notevole all’epoca».
In maglia bianconera giocò per 8 stagioni durante le quali la Juve vinse 3 scudetti e realizzò un ineguagliato record, che gli valse l’appellativo di “Pelé bianco”: il 27 aprile segnò 3 gol nello spazio di 4 minuti! Nell’estate nel 1976 passò all’Inter in uno scambio con Roberto Boninsegna che fece epoca nelle cronache del calciomercato. In maglia nerazzurra Anastasi contribuì nel 1978 alla vittoria della Coppa Italia. Concluse la carriera nel Lugano dopo una stagione giocata nell’Ascoli.
Così il sito della Juventus ha dato la notizia della sua scomparsa: «Oggi è un giorno triste per tutta la Juventus, per il calcio italiano e per tutti coloro che lo hanno conosciuto. Pietro Anastasi ci ha lasciato all’età di 71 anni».
Il ricordo dello storico dello sport: Pietro Anastasi, bomber d’Italia
di RAFFAELE CICCARELLI/ Gli anni che scorrono segnano una misura inevitabile del tempo, il loro accumularsi viene definito vita, e in quel lasso di tempo tra l’inizio e la fine si accumulano ricordi, personaggi. Nello sport il momento della perdita appare sempre più doloroso perché dei personaggi che vengono a mancare, anche se avanti negli anni, restano negli occhi e nella mente, incancellabili, le loro gesta sportive, che ci hanno fatto gioire e soffrire, che sono diventate parte di noi stessi. Il momento dell’addio, perciò, diventa un saluto alla persona, un ringraziamento, ma segna anche un continuo ricordo di quelle gesta. Questo accompagna il mio ricordo di Pietro Anastasi, “Petruzzu”, che ci ha lasciato in queste ore.
Il profilo di Anastasi. Attaccante nel senso moderno, e non centravanti, Pietro mosse i primi passi calcistici nella Massiminiana, squadra catanese che portava il nome di quell’Angelo Massimino, tanto narciso ma pure presidente lungimirante. Fu nel Varese che il Nostro salì alle ribalte sportive, tanto da essere ingaggiato dalla Juventus. Allora, come oggi, ma forse di più a quei tempi, questo significava la consacrazione di un giocatore, e Anastasi in maglia bianconera dimostrò tutto il suo valore di attaccante mobile e letale, contribuendo alla conquista di tre scudetti.
Il trionfo nell’unico Europeo finora vinto dagli azzurri. Le sue gesta gli valsero la convocazione in Nazionale, dove debutto migliore non poteva sperare. Nella finale bis di Roma del campionato Europeo che ospitavano, nella notte magica dell'”Olimpico”, contro la Jugoslavia che ci aveva fatto penare nella prima partita, Anastasi era mandato in campo dal CT Ferruccio Valcareggi, trovando subito la via del gol, quella del due a zero che bissava il vantaggio di Gigi Riva “Rombo di Tuono”, dava sicurezza e permetteva a Giacinto Facchetti di sollevare la Coppa trent’anni dopo la vittoria del Mondiale del1938, ultima vittoria azzurra, e dare il via alle luminarie romane.
L’ultima parte della carriera di Anastasi. Costretto per un infortunio a rinunciare ai Mondiali del 1970 in Messico, al cui posto fu convocato Roberto Boninsegna, Anastasi partecipò alla sfortunata rassegna iridata di Germania 1974, senza segnare. Nei club, dopo la Juventus passò all’Inter, vincendo una Coppa Italia, chiuse la carriera italiana nell’Ascoli, quella calcistica nel Lugano. Al vostro cronista resta il caro ricordo di un’intervista radiofonica con una persona buona e serena, consapevole di aver dispensato gioia a quanti lo hanno visto giocare, e in cui rimarrà per sempre il ricordo di “Petruzzu”.
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