Un evento straordinario (con reciproche accuse di responsabilità tra Russia e Ucraina) è avvenuto oggi sulle sponde del Mar Nero: un’esplosione ha aperto una voragine nella diga della centrale idroelettrica di Nova Kakhovka, nella parte occupata dai russi della regione ucraina di Kherson. L’acqua contenuta nel bacino idrico a monte ha iniziato a scendere verso valle allagando le case e le attività delle 24 cittadine sulla destra del fiume Dnipro, rimasta sotto il controllo di Kiev. I 16mila residenti sono stati fatti evacuare, ma di ora in ora il livello dell’acqua si è alzato, mettendo a rischio 80 insediamenti e persino la centrale nucleare di Zaporizhzhia. Le persone che dovranno lasciare al più presto le loro case sono aumentate in poche ore a circa 40mila. Di queste, ha fatto sapere la Procura Generale ucraina, 25.000 si trovano nei territori occupati dai russi. Secondo la previsione dell’operatore energetico Ukrhydroenergo, l’acqua raggiungerà il suo picco d’altezza oggi, superando i 3 metri nella città di Kherson, per poi defluire verso il Mar Nero.
Ciò accade nel momento in cui pareva che la missione a Mosca del cardinale Zuppi, voluta tenacemente da Papa Francesco (oggi di nuovo ricoverato all’ospedale Gemelli di Roma per un intervento urgente al colon), pareva che stesse dando dei frutti incoraggianti, come si evince dalle parole pronunciate ieri dal presidente ucraino Zelensky sulla possibilità di una trattativa per un tentativo di pace tra Russia e Ucraina. E quindi l’allarme che ha scatenato il fenomeno alla diga sul Mar Nero rischia di creare anche un arresto alla evoluzione dei tentativi di pace del Vaticano.
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