Dio e il Diavolo negli incubi di Ivan: la riscrittura dei Karamazov al Teatro India di Roma

 

di FEDERICO BETTA – In occasione della prima romana di Ivan (al teatro India fino al 22 aprile), riscrittura teatrale de I fratelli Karamazov per la regia di Serena Sinigaglia, abbiamo incontrato la bravissima drammaturga Letizia Russo alla quale abbiamo fatto qualche domanda.

Come è nato questo spettacolo?

«Serena Sinigaglia mi ha contattato proponendomi di lavorare sui fratelli Karamazov, raccontandomi il suo amore per la grande letteratura russa dell’ottocento, perché in essa gli uomini osavano ancora chiedersi il perché delle cose, osavano affrontare i grandi temi dell’esistenza».

Qual è il tuo rapporto con I Fratelli Karamazov?

«È un’opera sicuramente incredibile, ha una serie di stratificazioni fortissime, riesce a parlare di tantissimi argomenti. Mi colpisce in particolare come tratta il tema della paternità, sia in modo basso che alto, attraverso la figura del padre Karamazov e la figura di Dio, che Dostoevskij riesce tra l’altro a tenere insieme su linee parallele. L’autore ti parla sempre di due cose, riesce sempre a gestire un livello almeno doppio, cosa che ha un effetto potentissimo. Inoltre, una delle forze del libro è che è un giallo: una delle cose che ti tiene attaccata alla lettura è il fatto che tu vuoi capire chi ha ucciso il padre Karamazov. Rispetto ai personaggi, anche se l’autore indica Aleksej come protagonista, in realtà il vero protagonista è Ivan; è lui quello che ha il percorso più incredibile, è lui che si immerge in tutte le questioni trattate e non è causale che in chiusura finisca per impazzire».

Non è la prima volta che ti cimenti nella riscrittura teatrale di un romanzo, ricordiamo che qualche tempo fa hai lavorato sulla versione teatrale di Madame Bovary di Gustave Flaubert. Che tipo di lavoro fa una drammaturga in questi casi?

«Sì, non è la prima volta, mi capita spesso che mi chiamino per delle riscritture di romanzi in forma teatrale. Rispetto al tipo di lavoro che faccio, molto dipende dai testi, dagli autori su cui devo lavorare. Dostoevskij, al contrario di altri romanzieri, non ha un’unica voce dove tutto è frutto della stessa mente, la sua scrittura è potente e possiede quella schizofrenia tipica del teatro. Inoltre ha la capacità di disegnare i personaggi attraverso piccole cose, sulla pagina li puoi proprio vedere nel dettaglio, come si siedono, come fanno il loro ingresso, sono sempre molto ben dipinti. Diverso è stato per Flaubert che non ha queste caratteristiche di scrittura, ci si trova davanti più ad un esercizio di stile, a una voce autoriale che richiede un lavoro diverso.

Rispetto a questa riscrittura, dove ho scelto come protagonista Ivan, si ponevano molti problemi perché la trama è molto ricca. Il romanzo dell’ottocento era una grandissima sperimentazione, la storia era regina, e quando devi fare una cosa in teatro ti pone delle questioni, ad esempio come trasmettere il livello basico della storia? Questo è un aspetto molto importante altrimenti ti perdi e perdi anche il pubblico. Ho lavorato molto sulla questione della trama per renderla comprensibile nelle sue linee principali. E poi ho lavorato molto sulle tematiche del romanzo e ho scelto Ivan, perché è lui che porta avanti le i temi più problematici, più universali».

Qual è il personaggio sul quale ti è piaciuto di più lavorare?

«Quello del Diavolo, perché lì mi sono divertita. Ci tengo a precisare che faccio sempre molti passaggi nella mia scrittura, non è mai una cosa immediata: passo sempre per delle stratificazioni di linguaggio, cerco soprattutto la musica che c’è dietro il personaggio; va bene trovare l’effetto comico, come in questo caso, ma cerco che il linguaggio sia fondato nel personaggio, sia dicibile per l’attore e comprensibile per il pubblico. In questo caso sono stata aiutata dal fatto che il diavolo è di per sé è un personaggio molto comico, anche nelle traduzioni più tradizionali, si intravede che Dostoevskij voleva creare un effetto straniante. Questo livello c’è anche nel nostro Ivan che è molto giovane, ma privo di ironia. È un uomo che non sa rider della vita, e nel testo il suo alter ego è proprio il diavolo, portatore puro dell’assurdo e di comicità».

Ivan, spettacolo coprodotto da ATIR Teatro Ringhiera e Teatro Donizetti,
vede in scena un unico attore (Fausto Russo Alesi, nella foto) ed è stato scritto con la consulenza del professor Fausto Malcovati.

In scena al Teatro India di Roma fino al 22 aprile.

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