Una tempesta emotiva provocata dalla gelosia può attenuare la responsabilità di un omicida fino a fargli guadagnare la diminuzione della metà della pena? Immagino che istintivamente rispondereste di no. E invece la Corte di appello di Bologna ritiene di sì. Infatti ha ridotto a 16 anni la pena di 30 anni che era stata inflitta a Michele Castaldo, 57 anni, che il 5 ottobre 2016 a Riccione strangolò Olga Matei, la donna con cui aveva una iniziato una relazione da appena un mese. Peraltro questa persona colta da tempesta emotiva aveva già scampato l’ergastolo avendo accettato il processo abbreviato, che comporta la riduzione della pena. In primo grado era stato condannato a 30 anni dal Gup di Rimini, per omicidio aggravato dai motivi abietti e futili.
Davanti alla Corte di assise di appello di Bologna il pg Paolo Giovagnoli, nell’udienza del 16 novembre, aveva chiesto la conferma della sentenza. Ma i giudici, pur riconoscendo l’aggravante, hanno ridotto la pena a 16 anni, concedendo al Castando le attenuanti generiche.
Nella sentenza, da poco depositata, si spiega che la decisione deriva in primo luogo dalla valutazione positiva della confessione. Inoltre, si legge nell’atto, sebbene la gelosia provata dall’imputato fosse un sentimento “certamente immotivato e inidoneo a inficiare la sua capacità di autodeterminazione”, tuttavia essa determinò in lui, “a causa delle sue poco felici esperienze di vita” quella che il perito psichiatrico che lo analizzò definì una “soverchiante tempesta emotiva e passionale”, che in effetti, “si manifestò subito dopo anche col teatrale tentativo di suicidio”.
Una condizione, questa, “idonea a influire sulla misura della responsabilità penale”. E così la condanna (ergastolo, ridotto a 30 anni per il rito abbreviato) è passata a 16 anni (24 anni, ridotti di un terzo sempre per il rito abbreviato) per un brutale omicidio che avvenne dopo una lite tra due persone che si frequentavano da poco.
La compagna, di fronte a un uomo che le manifestava insicurezza e paura di essere tradito, gli chiese di andarsene. “Ho perso la testa perché lei non voleva più stare con me. Le ho detto che lei doveva essere mia e di nessun altro. L’ho stretta al collo e l’ho strangolata”, raccontò Castaldo. Una volta tornato a casa bevve del vino con farmaci, provando (sia pur in questo modo blando) a uccidersi. Ma prima trovò il modo di scrivere ad una cartomante che frequentava da tempo questo messaggio: “Cambia lavoro, l’ho uccisa e mi sto togliendo la vita, non indovini un cazzo”.
Se tutti i femminicidi che vengono commessi in Italia con frequenza allarmante venissero giustificati con una tempesta emotiva immaginate che cosa che cosa accadrebbe?
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