DECISIONE A SORPRESA DEL GIP DOPO LA SCIAGURA/ Agli arresti domiciliari il caposervizio della funivia del Mottarone, Gabriele Tadini. In libertà il gestore Luigi Nerini e il direttore di esercizio Enrico Perocchio


Arresti domiciliari per Gabriele Tadini, il caposervizio della funivia del Mottarone
(al centro nella foto), mentre sono stati rimessi in libertà Luigi Nerini,  gestore dell’impianto, (in alto) e Enrico Perocchio, direttore di esercizio (in basso). Lo ha deciso il giudice per le indagini preliminari di Verbania, Donatella Banci Buonamici. I tre erano stati fermati nella notte tra martedì e mercoledì, per la sciagura che domenica scorsa ha causato 14 morti.  La decisione del gip è stata letta ai legali dei tre e al procuratore, Olimpia Bossi, nel carcere di Verbania. Invece il procuratore Olimpia Bossi e il pm Laura Carrara avevano chiesto per tutti la convalida del fermo e della custodia in carcere.

Dopo tre giorni, dunque, escono dal carcere tutti e tre i fermati.  In sostanza, secondo il giudice, è sufficiente per Tadini la detenzione cautelare in casa dopo aver ammesso l’uso del “forchettone” per neutralizzare il ferno cdi emergenza nel meccanismo della funivia,  mentre è probabile che per gli altri due, che hanno invece negato di sapere del blocco del freno d’emergenza, non ci sono elementi probatori sufficienti per la misura cautelare.  In particolare, il gestore Luigi Nerini, nel suo interrogatorio, ha fatto notare, attraverso il suo legale Pasquale Pantano, che la sicurezza e le manutenzioni non sono responsabilità dell’imprenditore ma delle ditte a cui vengono affidate e, nello specifico, del caposervizio e del direttore di esercizio.

Quanto alla decisione del gip, la dottoressa Banci Buonamici parla di “scarno quadro indiziario” ancora “più indebolito” con gli interrogatori di ieri. A suo giudizio Gabriele Tadini “sapeva bene che il suo gesto scellerato aveva provocato la morte di 14 persone” e per questo avrebbe condiviso “questo immane peso, anche economico” con le “uniche due persone che avrebbero avuto la possibilità di sostenere un risarcimento danni“.

CHE COSA HANNO SOSTENUTO I TREInsomma, da quello che si sa (anche attarverso indiscrezioni fornite da alcuni degli avvocati) Tadini,  difeso dall’avvocato Marcello Perillo, avrebbe ammesso di aver messo il ceppo blocca-freno (e di averlo fatto altre volte, di cui i responsabili del servizio – sostiene – erano consapevoli), ma ha spiegato che le anomalie manifestate dall’impianto non erano collegabili alla fune ed ha escluso collegamenti tra i problemi ai freni e quelli alla fune. “Non sono un delinquente. Non avrei mai fatto salire le persone se avessi pensato che la fune si potesse spezzare“, ha aggiunto Tadini. Il direttore dell’esercizio, Enrico Perocchio, ha negato però davanti al gip di esserne stato al corrente. I due, insieme a Luigi Nerini, proprietario di Ferrovie del Mottarone, sono invece considerati ancora, a vario titolo, dalla Procura responsabili del tragico schianto avvenuto domenica 23 maggio.

Tadini però aveva anche detto subito dopo la sciagura: “Porterò questo peso per tutta la vita, sono distrutto perché sono morte vittime innocenti”.  Il suo difensore aveva detto inoltre: “Sono quattro giorni che non mangia e non dorme“.

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