DANZA. Potenza delle differenze al Festival Equilibrio di Roma

 

W.W.We Womendi FEDERICO BETTA-

Sol Pico è una tra le coreografe più interessanti del panorama iberico. Mescolando danza classica, movimento contemporaneo e balli spagnoli, la danzatrice smantella stereotipi e disuguaglianze di genere con grande ironia e capacità di sorprendere. W.W. (We Women), lo spettacolo andato in scena al Festival Equilibrio di Romauna delle rassegne italiane di danza più attente e innovative – ne è un perfetto esempio.

Sol Picó, Julie Dossavi, Minako Seki, Shantala Shivalingappa, accompagnate dalla musica eseguita dal vivo da Adele Madau, Lina León e Marta Robles, ha messo in scena con grande potenza i diversi modi di essere donne, innestando forme e radici di danze differenti, punti geografici lontani che convergono e divergono in usi e abitudini, profondi o quotidiani.

We Women accoglie con una scenografia scarna e allo stesso tempo suggestiva: teli di plastica e corde creano tende e baracche di un ipotetico ogni dove; in sottofondo latrati di cani e aleggia la sensazione di chi nel quotidiano sopravvive e resiste, come ai limiti del mondo. Con il palco immerso nel buio e la platea ancora in luce, le artiste entrano in scena illuminandosi con delle torce: lo spettacolo inizia quando i corpi s’incontrano, quando pubblico e palco si uniscono.

Tutto il lavoro è ‘sporco’, niente di più lontano dal balletto, ma l’energia fluisce raccontando l’universo femminile in tutte le sue sfaccettature, alternando crudeltà e incantevole poesia. Si susseguono pettegolezzi nella tende, assoli di danze indiane, uno splendido pezzo di flamenco con tanto di scarpe rosse da punta e tutto scorre in un rutilante alternarsi senza soste. Fino al momento più alto dello spettacolo. Minako Seki, la magrissima danzatrice orientale, viene legata per i lunghi capelli a un filo: appesa, stesa, impiccata, burattino tragico e leggero che danza nel vento, ci commuove recitando un incomprensibile pezzo in giapponese che non ha bisogno di traduzione. Dall’altra parte del palco, le compagne si sorreggono con un braccio a un filo, come panni stesi, ombre speculari lontane e vicinissime.

W.W è un patchwork di momenti ed emozioni che raccontano le donne. Donne che si amano, s’invidiano e si odiano, donne che fanno gruppo, che si fanno eco o si sostengono, una tavolozza di immagini e parole intrecciate, di colori e tradizioni per gioire e disperarsi, per dire che al di là di tutto è possibile una rinascita, laggiù, oltre il lamento dei cani, oltre il rantolo nella terra, nelle proprie viscere c’è l’energia che può forgiare qualcosa di nuovo.

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