Costipazione da oppioidi: “Grazie a nuove possibilità di cura una qualità di vita migliore per i pazienti che ne soffrono”

L’efficacia del trattamento con oppiacei può essere limitata dall’insorgenza di costipazione, evento avverso frequente del trattamento con questa classe di farmaci. Nei pazienti sottoposti a terapia oppioide per dolore cronico e per la dipendenza da oppiacei, la prevalenza della costipazione da oppioidi (OIC) si attesta tra il 40% e il 90%. La costipazione riduce notevolmente la qualità della vita di questi pazienti a causa del frequente ricorso a lassativi per via rettale e/o manovre di svuotamento manuale. Oggi fortunatamente, abbiamo a disposizione nuovi strumenti di cura più selettivi, che consentono di superare i limiti delle precedenti terapie e ridare una vita migliore a questi pazienti già sofferenti.

Di questo hanno discusso gli esperti, durante il convegno sulla «Costipazione indotta da farmaci oppiacei», organizzato da Motore Sanità.

Nel suo intervento Flaminia Coluzzi (M.D. professore associato in Anestesia, Dept. medical and surgical Sciences and Biotechnologies alla Università “La Sapienza” di Roma) ha affermato: «Nel paziente affetto da dolore cronico, gli oppioidi rappresentano ancora un cardine della terapia analgesica per la gestione delle forme di dolore moderato-severo. Nonostante la loro indubbia efficacia analgesica, gli oppioidi sono gravati da alcuni effetti collaterali che, se misconosciuti o non adeguatamente diagnosticati, prevenuti e trattati, possono limitarne fortemente l’utilizzo. La stipsi indotta dagli oppioidi rappresenta una delle principali limitazioni al raggiungimento e mantenimento di una adeguata analgesia con questi analgesici maggiori. La stipsi può impattare negativamente sulla qualità di vita ed indurre il paziente ad interrompere il trattamento analgesico. Talvolta, soprattutto nei soggetti fragili, come gli anziani, la stipsi può portare a  complicanze cliniche anche gravi, come la formazione di fecalomi e l’occlusione intestinale. Troppo spesso si lascia al paziente l’onere di riferire spontaneamente al medico la comparsa di stipsi, rischiando pertanto di non acquisire precocemente informazioni relative alle modificazioni dell’alvo, per l’eventuale riluttanza da parte del paziente ad affrontare certe tematiche.

Tutti coloro che prescrivono gli oppioidi dovrebbero indagare e annotare in cartella clinica la comparsa di effetti collaterali associati agli oppioidi, in particolare la stipsi, che è uno dei pochi che si mantiene per tutta la durata del trattamento, mentre altri, come la nausea ed il vomito, vanno incontro a fenomeni di tolleranza.Per antagonizzare gli effetti degli oppioidi sull’apparato gastroenterico è stata  recentemente introdotta una nuova categoria di farmaci selettivi, chiamati PAMORAs, che antagonizzano l’effetto degli oppioidi esclusivamente in periferia a livello intestinale, senza alterare i loro effetti sul Sistema Nervoso Centrale e quindi la loro efficacia analgesica, in quanto farmacologicamente modificati per non attraversare la Barriera Emato-Encefalica. La nuova Nota 90 consente la prescrizione dei PAMORAs per pazienti affetti da stipsi indotta dagli oppioidi, qualunque sia l’indicazione che ha portato alla terapia con oppioidi, in pazienti che non abbiano risposto al trattamento con almeno due lassativi. Questo rappresenta un grosso passo in avanti verso una TARGET THERAPY in cui per la stipsi da oppioidi si possono utilizzare farmaci specifici che hanno come target il  meccanismo fisiopatologico che la sottende e non solo i lassativi tradizionali, che hanno un effetto esclusivamente sintomatico».

A sua volta Guido Mannaioni, professore Ordinario Dipartimento Neuroscienze, Università Studi Firenze, ha spiegato: «La costipazione indotta da farmaci oppioidi (OIC) è un sintomo clinico non esclusivo dei pazienti con dolore cronico sottoposti a terapia con questi farmaci. Anche i pazienti con disturbo da uso di  oppioidi (OUD) sottoposti a terapia sostitutiva con metadone o buprenorfina possono presentare costipazione che riduce grandemente la qualità di vita di questi pazienti. L’introduzione nella pratica clinica di questionari adeguati volti alla corretta diagnosi della OIC in pazienti con OUD in terapia sostitutiva nonché la cura con nuovi farmaci più selettivi, potrà essere di aiuto in questa classe di pazienti spesso “dimenticati” nella gestione di altra sintomatologia diversa dalla dipendenza».

Carmine Pinto, Direttore UOC Oncologia Medica, AUSL-IRCCS di Reggio Emilia, ha detto:  «L’impiego degli oppioidi è ampiamente diffuso in Oncologia nelle diverse fasi del percorso assistenziale del paziente affetto da tumore.  La necessità dell’introduzione di oppioidi nel controllo del dolore può essere già presente alla diagnosi della malattia in relazione alla sede e estensione del tumore, fino alle fasi più avanzate e nel paziente in fase terminale.  La gestione dell’utilizzo degli oppioidi fa  parte quindi della strategia di trattamento del paziente oncologico, che può avere differenti obiettivi correlati alla fase di malattia.  Già nei pazienti sottoposti ad una  terapia con finalità curativa, gli oppioidi permettono il controllo del sintomo dolore correlato direttamente alla presenza del tumore stesso per sede o estensione, ma anche  il controllo del dolore indotto dagli effetti collaterali dei trattamenti  anti-neoplastici,  come può avvenire ad esempio per i pazienti affetti da  un carcinoma localizzato del distretto del testa-collo, dell’esofago o del retto sottoposti a chemio-radioterapia.

In queste situazioni, infatti,  un adeguato  trattamento del dolore con oppioidi è indispensabile per consentire la compliance alla terapia, permettendo di evitare ritardi o sospensioni che possono influire negativamente sulla finalità curativa della terapia stessa. Nella malattia in fase più avanzata, sia per i pazienti che hanno in corso trattamenti anti-neoplastici che nella fase terminale di pazienti out-therapy,  l’impiego degli oppioidi è indispensabile oltre che per il controllo del dolore  anche per il controllo di sintomi e segni correlati a disfunzioni del sistema respiratorio e cardiocircolatorio (come ad esempio la dispnea), nell’ambito di un programma di cure simultanee, di supporto e palliative. Di conseguenza il mantenimento della terapia con oppioidi e quindi il management dell’OIC e dell’OIBD rappresentano in  Oncologia elementi centrali nel processo assistenziale del paziente affetto dalla malattia cancro, non disgiunti dalla strategia globale di trattamento.

È necessario quindi sviluppare una conoscenza trasversale per la prevenzione, la diagnosi precoce ed il management dell’OIC e dell’OIBD, affinché non si determini la problematica della scelta  tra il continuare a utilizzare farmaci oppioidi efficaci nel controllo del dolore altrimenti intrattabile, o il dover sopportare sintomi a essi correlati che impattano negativamente nel processo di cura e peggiorano una qualità di vita e un’autonomia già compromesse dalla malattia di base. In quest’ambito quindi una strategia unitaria e condivisa  che parta dall’informazione dei pazienti, all’utilizzo corretto dei lassativi e alla disponibilità  di farmaci antagonisti periferici dei recettori μ degli oppioidi (cosiddetti PAMORAs) potranno sempre di più permettere un adeguato controllo dell’OIC». 

 

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