Corsa al voto per biechi calcoli o per stupidità?

di ENNIO SIMEONE –

Archiviati gli opposti entusiasmi per la decisione della Corte Costituzionale – moderati quelli di coloro che volevano la piena bocciatura dell’Italicum, che non c’è stata (cioè i partiti di opposizione), fintamente moderati quelli di coloro che ne temevano lo smantellamento (non soltanto Renzi e i fedelissimi del Pd, ma anche qualche leader dell’opposizione) – in questi giorni se ne stanno vedendo le conseguenze. Che, diciamolo senza troppi giri di parole, se quella decisione venisse applicata non sarebbero buone per gli elettori e per la nostra democrazia. In sostanza la Consulta, che nel 2013 aveva bocciato il “Porcellum” partorito dal centrodestra berlusconiano, ora ha solo parzialmente bocciato l’ “Italicum” partorito dal centrosinistra renziano lasciandone in vita alcune norme che lo hanno trasformato in un “Porcellinum”, anche se piuttosto ingrassato. Il che lascia supporre – sia detto senza che ciò possa apparire irriverente verso il massimo organo di tutela costituzionale – che alcuni dei “supremi giudici” non abbiano rinunciato a comportarsi, individualmente, come la proiezione delle forze politiche che li hanno designati a quella carica. Ecco perché hanno impiegato tanto tempo per arrivare a un faticoso bilanciamento di posizioni che ha prodotto una sorta di compromesso dal quale non esce soddisfatta nessuna delle due esigenze contrapposte: né la governabilità pretesa da Renzi e da altri (conoscere il vincitore assoluto il giorno dopo il voto), né la rappresentanza, cioè il legittimo desiderio degli elettori di scegliersi i parlamentari e di poter chiedere conto del loro operato rispetto agli impegni presi dai candidati in campagna elettorale.

Quelle conseguenze si stanno vedendo già in questi giorni e si vedranno ancor più quando i demagoghi dell’una e dell’altra parte dello schieramento politico smetteranno di agitare lo stupido slogan “Al voto subito con la legge dettata dalla Corte Costituzionale”.

A parte la considerazione elementare che fare le leggi, anche quelle elettorali, compete al parlamento (e non al governo né alla Corte costituzionale!), il problema adesso è il seguente: è vero che la Consulta ha cancellato l’obbrobrio del ballottaggio che assegnava  una maggioranza spropositata di deputati alla lista che riportava più voti, senza il limite di una percentuale minima, ma non ha cancellato né le pluricandidature (cioè la facoltà di un partito di candidare la stessa persona come capolista addirittura in 10 collegi) né la elezione bloccata dei capilista in ogni collegio elettorale per le liste che superano il quorum del 3%. Ciò vuol dire che, poiché ai capilista bloccati non va data la preferenza, essi andranno a Montecitorio anche se nessuno li vota. È vero che se questi capilista sono stati presentati in 10 collegi non potranno – come detta la Consulta –  optare in quale collegio risultare eletti ma dovranno sottostare a un sorteggio; tuttavia la conseguenza sarà che negli altri collegi dove il sorteggiato era candidato saranno eletti al suo posto i secondi in lista e, poiché le liste le fanno i capipartito, il risultato sarà il seguente: saranno questi ultimi a decidere non solo i 100 capilista, ma anche i 99 “secondi” (in genere automaticamente i giù votati), anch’essi non decisi dagli elettori.

C’è chi ha fatto un calcolo di ciò che potrebbe accadere alla Camera con la sconcertante pronuncia della Corte costituzionale: si passerebbe dai 360 deputati (su 630) “nominati” dai capipartito previsti dall’Italicum a circa 450 consentiti da quello che Grillo e Salvini hanno chiamato con entusiasmo “Consultellum” e che nella triste realtà diventerebbe un grasso “Porcellinum”!

A meno che tutti coloro che urlano “al voto subito” (ripetiamo: in testa Renzi, Grillo, Salvini e Giorgia Meloni) lo stiano rivendicando per avere mano libera nel decidere chi far eleggere. Se invece, come è sperabile, si trattasse solo di sprovvedutezza, è bene che provvedano a correggere il tiro e si mettano all’opera, possibilmente insieme, per fare una legge elettorale che rispecchi e rispetti la volontà degli elettori e ci risparmi una nuova tormentata campagna elettorale appena finita quella referendaria.  In realtà alla scadenza naturale della legislatura mancano appena 11 mesi, un periodo  che il parlamento e il governo potrebbero dedicare ad affrontare e risolvere alcuni dei problemi più immediati che affliggono il paese. Al quale sarebbe bene che i partiti regalassero una tregua delle loro penose guerriglie.

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