Il decreto firmato la notte tra sabato 7 e domenica 8 marzo dal Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte, emesso allo scopo di arginare in tutta Italia la ulteriore diffusione del contagio da coronavirus merita di essere scrupolosamente osservato da tutti i cittadini italiani. Si tratta di materia che mira a regolare una situazione senza precedenti determinatasi prima in Cina, poi in altri paesi, poi in Italia e attualmente in altri 91 stati.
Sono istruzioni abbastanza complesse, per cui è opportuno che vengano illustrate e spiegate in termini i più semplici possibili. A tale scopo l’agenzia ANSA ha elaborato una guida che aiuta a capire quali sono i comportamenti a cui tutti gli italiani dovranno attenersi nelle prossime settimane (e forse anche oltre) per bloccare l’epidemia.
«Una linea immaginaria, a recintare l’intera Lombardia e 14 province di Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Marche: dentro quest’area bisognerà fino al 3 aprile “evitare ogni spostamento”, sia all’interno che verso o dall’esterno. E’ questo l’effetto della norma che apre il decreto del presidente del Consiglio con cui il governo alza l’asticella nel contrasto alla diffusione del Coronavirus.
Ma le misure restrittive arrivano per tutto il Paese e prevedono, oltre alle scuole, la chiusura di cinema, teatri, pub e discoteche: il governo “raccomanda” agli anziani di restare a casa, ai datori di lavoro di promuovere congedi e ferie, e a tutti i cittadini di limitare gli spostamenti.
C’è poi un’area del nord dove le limitazioni sono rigide e – annuncia Conte – arrivano controlli sugli spostamenti, che andranno giustificati, a partire da stazioni, aeroporti, strade: l’intera Lombardia e le province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso, Venezia.
Il governo è al lavoro per chiarire ogni dubbio interpretativo legato al Dpcm firmato dal premier Conte e pubblicato il Gazzetta Ufficiale. Il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, in quanto autorità nazionale di pubblica sicurezza, sta lavorando ad una direttiva ai prefetti “per dare attuazione uniforme e coordinata delle disposizioni del Dpcm” con le misure per il contenimento del Coronavirus “che investono profili di ordine e sicurezza pubblica”.
Spostamenti – Nessun obbligo di comunicare all’Asl o al proprio medico se si viene dalla Lombardia o da una delle 14 province coinvolte dal contagio: l’obbligo esiste solo per chi arrivi in Italia dall’estero, essendo passato da una zona indicata dall’Oms come a rischio epidemiologico. È quanto emerge dal testo del dpcm sul Coronavirus pubblicato oggi in Gazzetta ufficiale. “Le limitazioni introdotte non vietano gli spostamenti per comprovati motivi di lavoro. Salvo che siano soggetti a quarantena o che siano risultati positivi al virus, i transfrontalieri potranno quindi entrare e uscire dai territori interessati per raggiungere il posto di lavoro e tornare a casa. Il provvedimento prevede anche che i cittadini in viaggio nelle ‘zone di sicurezza’ facciano un‘autocertificazione per spiegare le “comprovate esigenze” lavorative, di salute o le situazioni di necessità alla base degli spostamenti. Controlli nelle stazioni, negli aeroporti e lungo le strade della Lombardia e delle 14 province interessate dal decreto.
No quarantena a chi si sposta per lavoro – L’ordinanza di protezione civile emanata questa sera chiarisce che chi deve spostarsi per esigenze di lavoro, come gli autotrasportatori o il personale ferroviario, può farlo e non è perciò sottoposto a misure di quarantena. Lo chiariscono fonti di governo spiegando che la disposizione integra le ordinanze di varie regioni in particolare del Sud, specificando in maniera univoca per tutte che non si possono porre in quarantena coloro che per ragioni di lavoro debbano entrare o uscire dalle zone del contagio.
Trasporto merci – “Le merci possono entrare ed uscire dai territori interessati. Il trasporto delle merci è considerato come un’esigenza lavorativa: il personale che conduce i mezzi di trasporto può quindi entrare e uscire dai territori interessati e spostarsi all’interno degli stessi, limitatamente alle esigenze di consegna o prelievo delle merci”. Lo precisa una nota esplicativa del dpcm pubblicata sul sito del governo. L’Assolombarda ha messo a punto un vademecum per le imprese. ‘Nessun blocco a produzione e merci’ ma “è opportuno adottare misure di prevenzione e di cautela nei confronti dei trasportatori”. Lo sottolinea Assolombarda provando a chiarire alcuni nodi del decreto in vigore da oggi fino al 3 aprile. “Gli autisti non possano scendere dai mezzi e siano muniti di dispositivi medici di protezione e prevenzione quali mascherine e guanti monouso; se il carico/scarico richiede la discesa dal mezzo deve essere mantenuta la distanza di sicurezza (1 metro) e la documentazione di trasporto sia trasmessa in via telematica”.
“Distanziamento sociale” e limitazioni – Non si blocca tutto, restano aperti gli uffici pubblici e continuano a circolare le merci, ma si crea distanza tra le persone per limitare la diffusione del virus. E’ questa la logica dietro le norme del nuovo dpcm del governo. I cittadini delle aree “arancioni” possono far rientro nelle loro case, ma per il resto possono muoversi solo per “comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità o spostamenti per motivi di salute”. Gli abitanti di quelle province che sono in vacanza possono tornare a casa e sono invitati a farlo. Possono continuare a muoversi i lavoratori trasnfrontalieri. Mentre fioccano le ordinanze delle altre regioni per ampliare la stretta, il governo annuncia una ordinanza di protezione civile per uniformare le norme. E per ora non c’è un obbligo di comunicare se si viene dall’area “arancione” ma solo se si viene da un’area di contagio all’estero: in quel caso si può essere posti in quarantena e sorvegliati dall’Asl che è tenuta a verificare se il viaggiatore sviluppa il virus.
Bar e negozi, sport, svaghi – Nell’area “arancione” sono chiusi gli impianti sciistici e sospesi tutti gli eventi pubblici o privati: chiusi cinema, teatri, pub, scuole da ballo, sale giochi, sale scommesse e sale bingo, discoteche, balere. Bar e ristoranti possono aprire, ma solo dalle 6 alle 18 e in tutto il Paese bar e negozi devono comunque garantire, pena sospensione dell’attività, la distanza tra i clienti di almeno un metro. Nelle province del contagio serrande abbassate nel weekend anche per i centri commerciali: uniche eccezioni per farmacie, parafarmacie e alimentari. Chiuse nelle regioni del contagio anche le palestre, i centri sportivi, le piscine, i centri termali, le spa, i centri ricreativi. E’ permesso lo sport a livello professionistico ma solo a porte chiuse.
Scuole e cultura – Chiuse fino al 3 aprile tutte le scuole e università, che nel resto d’Italia per ora sono ferme fino al 15 marzo (ma non sono escluse proroghe): stop alle gite di istruzione. In tutto il Paese si fermano, oltre ai cinema, musei e siti archeologici. Nell’area “arancione” sospesi gli esami per la patente e tutti i concorsi, tranne quelli per medici e infermieri, da svolgere preferibilmente a distanza. Per il personale sanitario sono anche sospesi i congedi e i congressi.
Le funzioni religiose – Niente cerimonie civili e religiose: stop a matrimoni e funerali, si può andare in chiesa solo se è garantita la distanza di un metro tra le persone.”L’interpretazione fornita dal Governo include rigorosamente le Sante Messe e le esequie tra le ‘cerimonie religiose'” che non si possono svolgere per il coronavirus. Si tratta, spiega la Cei in una nota, di un “passaggio fortemente restrittivo, la cui accoglienza incontra sofferenze e difficoltà nei Pastori, nei sacerdoti e nei fedeli. L’accoglienza del decreto è mediata unicamente dalla volontà di fare, anche in questo frangente, la propria parte per contribuire alla tutela della salute pubblica”. “La Chiesa che vive in Italia e, attraverso le Diocesi e le parrocchie si rende prossima a ogni uomo, condivide la comune preoccupazione, di fronte all’emergenza sanitaria che sta interessando il Paese”. Rispetto a tale situazione, la Cei, “all’interno di un rapporto di confronto e di collaborazione, in queste settimane ha fatto proprie, rilanciandole, le misure attraverso le quali il Governo è impegnato a contrastare la diffusione del coronavirus”. Il Dpcm sospende a livello preventivo, fino al 3 aprile in tutta Italia “le cerimonie civili e religiose, ivi comprese quelle funebri”.
Le sanzioni – Sono i prefetti a vigilare sull’attuazione del dpcm, avvalendosi anche di forze di polizia ed esercito. Chi viola la quarantena rischia il carcere. Lo prevede la direttiva inviata dal Viminale ai prefetti. La sanzione per chi viola le limitazioni agli spostamenti è quella prevista in via generale dal 650 cp (con una pena prevista di arresto fino a 3 mesi o l’ammenda fino 206 euro), “salvo che non si possa configurare un’ipotesi più grave quale quella prevista dall’articolo 452 del codice penale: delitti colposi contro la salute pubblica, che persegue tutte le condotte idonee a produrre un pericolo per la salute pubblica”
Auto responsabilità – Ma è sulla “auto responsabilità” che il governo, come spiegato dal premier Giuseppe Conte, intende far leva. Perciò in tutta Italia chiunque abbia sintomi da infezione respiratoria e febbre maggiore di 37,5 gradi centigradi, è “fortemente raccomandato” di restare a casa e contattare il proprio medico. Il divieto di muoversi è “assoluto” per chi sia stato messo in quarantena o sia positivo al virus. Limiti vengono confermati per l’accesso di parenti e visitatori alle strutture ospedaliere. Nelle carceri i colloqui vengono limitati i colloqui di persona e viene posto in isolamento chi presenti sintomi di Coronavirus. – Norme igieniche – Al dpcm il governo accompagna norme di comportamento che vanno dall’invito a lavare le mani a quello ad evitare abbracci. Disinfettanti per le mani devono essere posti negli uffici pubblici e gli autobus vanno sanificati, la mascherina va usata solo se si sospetta di essere malati».
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