Coraggiose le parole di Papa Francesco sui limiti all’accanimento terapeutico che “non giova al bene integrale della persona”

Hanno avuto vasta eco, nonostante le non univoche interpretazioni,  le parole di  Papa Francesco sul “fine vita”. Eppure il concetto espresso dal pontefice sull’accanimento terapeutico per i casi di persone sofferenti oltre ogni limite di sopportazione rappresentano una novità di grande rilievo. Francesco si è chiesto quanto sia «moralmente lecito rinunciare all’applicazione di mezzi terapeutici, o sospenderli, quando il loro impiego non corrisponde a quel criterio etico e umanistico che verrà in seguito definito “proporzionalità delle cure”». Francesco lo ha detto nel messaggio al convegno sul “fine vita” promosso dalla Pontificia Accademia invocando «un supplemento di saggezza, perché oggi è più insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo, ma talora non giovano al bene integrale della persona».

Nella lettera a monsignor Vincenzo Paglia e ai partecipanti al Meeting Regionale Europeo della World Medical Association, e citando la Dichiarazione sull’eutanasia del 5 maggio 1980, il Papa ne parla con la consapevolezza dei successi raggiunti dalla medicina in campo terapeutico e di quanto «gli interventi sul corpo umano diventino sempre più efficaci, ma non sempre risolutivi». Una scelta, quella di sospendere le cure – procede il Pontefice, secondo quanto riporta Radio Vaticana – che assume responsabilmente il limite della condizione umana mortale, nel momento in cui prende atto di “non poterla più contrastare”, “senza aprire giustificazioni alla soppressione del vivere”. Un’azione, dunque, «che ha un significato etico completamente diverso dall’eutanasia, che rimane sempre illecita, in quanto si propone di interrompere la vita, procurando la morte».

«Le parole di Papa Francesco sull’accanimento terapeutico e il fine vita, che nella loro ricchezza e articolazione vedono nel paziente, capace e competente, la persona che giudica l’effettiva proporzionalità delle cure, crediamo possano rappresentare un’ulteriore occasione per il Parlamento, di inserire nell’agenda politica del Paese la necessità di dare certezza normativa in questa legislatura alle scelte di fine vita», così i senatori a vita Elena Cattaneo, Mario Monti, Carlo Rubbia e Renzo Piano.

Il biotestamento fermo al Senato 
Le dichiarazioni del Papa sul fine vita riaprono il tema della legge sul biotestamento. Ecco le tappe ed i contenuti del disegno di legge che aspetta la eventuale calendarizzazione in aula al Senato.

Il 26 ottobre scorso Emilia Grazia Di Biasi ha rimesso il mandato di relatrice al provvedimento. La mossa della presidente della commissione Sanità del Senato non è giunta inaspettata e ha aperto la possibilità che il ddl possa andare direttamente in Aula a Palazzo Madama senza relatore.

La decisione però spetta alla Conferenza dei capigruppo, nelle cui mani è ora il testo di legge. I tempi restano stretti dato il breve volgere della legislatura e l’indisponibilità di alcuni gruppi parlamentari a votare la legge. Il ddl di 5 articoli, approvato dalla Camera lo scorso aprile, prevede che per depositare le disposizioni sul fine vita ci si dovrà rivolgere a un notaio o a un pubblico ufficiale, ma sarà possibile farlo anche davanti a un medico del Servizio sanitario.

Le volontà sono revocabili ed ognuno potrà disporre il rifiuto dei trattamenti sanitari. L’articolo 3, ‘cuore’ della legge, prevede che “ogni persona maggiorenne, capace di intendere e volere, in previsione di una eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, può, attraverso le Dat, esprimere le proprie convinzioni nonché il consenso o il rifiuto rispetto a scelte diagnostiche o terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, comprese la nutrizione e idratazione artificiali”.

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