Conte conclude la consultazione delle delegazioni dei partiti guadagnandosi 7 voti in più in Senato. Acque agitate sul nome di un ministro

In una sola giornata il presidente del Consiglio incaricato di formare il governo, Giuseppe Conte, ha consultato tutte le forze politiche presenti in parlamento e forse entro oggi o al massimo entro sabato mattina scioglierà la riserva potendo contare su 7 voti in più al Senato, rispetto ai 164 che aveva sulla carta, grazie al fatto che i senatori rieletti con il M5s ma iscritti al gruppo misto (perché espulsi dal Movimento per non aver versato a suo tempo alcune rate del contributo volontario) hanno comunicato che voteranno la fiducia al governo “giallo-verde”.   Perciò Conte è apparso in serata sorridente davanti ai giornalisti in attesa e ha detto:  “Desidero ringraziare tutte le delegazioni dei partiti vivamente per la franca e cortese interlocuzione; è stata una giornata proficua da tutti i punti di vista”. Ed ha aggiunto: “Dedicherò l’intera giornata di domani ad elaborare una proposta da sottoporre a al presidente della Repubblica. I ministri che proporrò saranno politici, così come il sottoscritto; saranno persone che condividono obiettivi e programmi del governo del cambiamento e che avranno dato prova di poter adempiere alle funzioni pubbliche loro affidate con disciplina e onore”.

LE CONSULTAZIONI 

Ecco in sintesi come sono andati i colloqui. In difesa dell’Ue si è schierata Emma Bonino, che alle 12 ha aperto il giro di colloqui: “Gli interessi dell’Italia si difendono in Ue e non contro la Ue”, mette in chiaro la leader dei Radicali, annunciando “un’opposizione molto rigorosa”. Beatrice Lorenzin si è detta preoccupata per le norme sulle vaccinazioni contenute nel “contratto di governo”. Pietro Grasso a nome di Liberi e Uguali  ha affermato: “Abbiamo espresso a Conte le ragioni che ci portano a essere convintamente all’opposizione ferma e attenta del nascente governo”.

La leader Fratelli d’ItaliaGiorgia Meloni, che spera “che il governo faccia bene nonostante noi non ci saremo”, fa sapere che su tutti i provvedimenti che erano del programma del centrodestra “noi ci siamo. Sul controllo dell’immigrazione, l’aiuto per la natalità, il sostegno alle forze dell’ordine. Su tutte queste cose siamo con la maggioranza così come sulla flat tax. Sul resto faremo le sentinelle nel rispetto di chi ha votato noi e centrodestra”.

“E’ un governo espressione del Movimento cinque stelle – ha detto Maurizio Lupi, capogruppo di Noi con l’Italia – e noi non lo sosteniamo”.

  Maurizio Buccarella, senatore ex M5s che oggi siede nel Misto, ha dichiarato: “L’incontro con il presidente incaricato è stato molto breve, il tempo sufficiente per presentargli l’intenzione, con il collega Carlo Martelli, di sostenere le scelte del governo nel corso della legislatura. Ho voluto anche rappresentargli la solidarietà e vicinanza per quello che ha dovuto vivere per gli attacchi ingenerosi di questi giorni”.

Scontata la dichiarazione del segretario reggente del Pd, Maurizio Martina:  “Al presidente Conte abbiamo confermato le nostre valutazioni politiche, i nostri giudizi negativi rispetto a quello che è accaduto fin qui e alle scelte e ai contenuti del contratto di Lega e M5S che abbiamo trovato. Se si parte da quelle scelte non si può che trovare il Pd su un fronte alternativo”. Anticipando, scorrettamente, il colloquio della delegazione Pd con il professor Giuseppe Conte, l’ex segretario Matteo Renzi aveva scritto sulla sua e-news:  “Opposizione dura e rigorosa, ma civile. Adesso loro diventano il potere, loro diventano l’establishment, loro diventano la casta. Non hanno più alibi, non hanno più scuse”.

Silvio Berlusconi, dopo l’incontro con Conte, ha avuto un breve colloquio con Matteo Salvini che stava per entrare con la delegazione della Lega da Conte, ma ha lasciato la Camera senza fare dichiarazioni alla stampa. Però, prima dell’incontro con Conte, Silvio Berlusconi aveva annunciato:  “Questo governo non potrà vedere il sostegno di Forza Italia, sia per la partecipazione di una forza politica con noi del tutto incompatibile come il M5S, sia per i programmi gravemente insufficienti a dare una risposta ai bisogni degli italiani”.

Matteo Salvini dopo le consultazioni con il premier incaricato ha detto: “Siamo convinti che nelle prossime ore si possa partire con la soddisfazione di tutti, anche di coloro che non voteranno la fiducia. Sapremo convincere gli amici del centrodestra non con i posti, perché sarebbe irrispettoso per noi e per loro, ma con i progetti”, ha poi detto . “Lasciamo a Conte l’onore e l’onere di proporre i nomi e i ruoli di chi si farà carico di realizzare quello che gli italiani aspettano”.

Gli ha fatto eco Luigi Di Maio, che al termine delle consultazioni dice: “Oggi siamo molto felici, ci sono ancora alcune questioni da affrontare, dei ministri se ne occuperanno Conte e il presidente Mattarella, noi siamo una delle due forze che fa parte della maggioranza che mira a governare 5 anni”.

MINISTRI: IL CASO PAOLO SAVONA

Ma all’esterno, mentre Conte teneva le consultazioni, una piccola tempesta si è scatenata sulla scelta dei ministri. Problema: la scelta del ministro dell’Economia. Il candidato di Salvini e Di Maio è il professore Paolo Savona, che è stato anche ministro con il governo Ciampi oltre che direttore generale della Banca d’Italia, docente universitario, autore di manuali su cui hanno studiato generazioni di allievi; ma ha anche assunto in più occasioni posizioni critiche sull’Unione europea e sulle politiche imperniate sull’euro. Per cui si è diffusa la convinzione che non sia gradito, per questo motivo, a Mattarella e di qui molti discorsi allusivi di Salvini, che, anche via web, ha ammonito genericamente a non opporre “veti” sui ministri che Conte gli proporrà. Perciò nel pomeriggio è stata diffusa una nota di agenzia in cui si affermava che “il Quirinale non oppone veti” ma contestualmente che “il problema è, semmai, l’imposizione di diktat al presidente incaricato e, di riflesso, al capo dello Stato”.

I media si sono subito messi in agitazione, qualcuno addirittura ipotizzando il rischio che si fosse sull’orlo di una rottura. Ma poi le acque si sono placate quando sia Salvini, sia Di Maio, hanno ribadito che la nomina dei ministri, a norma della Costituzione, ha un iter che nessuno intende stravolgere: il compito di proporre nomi ed incarichi spetta unicamente al presidente del Consiglio incaricato, e infine  al presidente della Repubblica spetta la nomina. I loro sono stati solo  suggerimenti al professore Conte, come è nel loro diritto in quanto leader dei gruppi parlamentari che garantiscono la maggioranza al governo in formazione.

 

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