Come rischiare di perdere la faccia e cantare vittoria su Rai e Tav

di NUCCIO FAVA – Da sempre la vigilia delle vacanze del Parlamento affolla la politica di decisioni e scadenze. Si tenta di offrire un segnale di vitalità di governo e parlamento nel caldo faticosa dell’estate. Il ministro dell’interno ha bisogno ogni giorno di essere il vero padrone della scena. Oggi è rilevante  il colpo che Salvini riserva al collega delle Infrastrutture, il pentastellato Toninelli, messosi in luce per la rapidità trumpiana con cui ha sciolto i vertici delle Ferrovie dello Stato, ha inseguito Salvini nella chiusura dei porti.  Toninelli –  dopo aver  annunciato ai quattro venti (con tono più energico e risoluto dei “bravi” che per conto di don Rodrigo dovevano impedire il matrimonio tra Renzo e Lucia) che “la Tav non s’ha da fare” – è divenuto improvvisamente silente, mentre dalla Francia e dall’Unione Europea si faceva notare che c’è un contratto internazionale in gioco, non una specie di sondaggio alla “Casaleggio associati”, e una bella montagna  di finanziamenti, non solo da parte dei francesi e dell’Italia, ma della stessa Unione europea, che sostiene il progetto con quasi il 45%della spesa complessiva. Toninelli sarà certo rimasto sconvolto e per la prima volta silente. Mentre il presidente del Consiglio che aveva dato ad intendere ai grillini che “si poteva fare”aggiungeva , non senza imbarazzo ed ulteriore perdita di autorevolezza, che la questione non era ancora giunta sul suo tavolo e che si sarebbe proceduto con una riflessione collegiale sulla base di una relazione del ministro competente, cioè l’avventato Toninelli . In modo mal destro cercava di mettere una pezza l’altro vice Di Maio, che agguantava le nomine per i vertici Rai, finalmente decise annunciando che finalmente si sarebbe aperta una rivoluzione nella azienda colpendo finalmente raccomandati e scansafatiche. Un contributo davvero alto e qualificato, su un tema cruciale per tutta la società italiana e maldestramente affrontato ancora una volta con la spartizione che darà ulteriori effetti perversi nelle nomine dei direttori dei telegiornali , e radiogiornali, delle reti e di tutte le spartizioni conseguenti. Una sola notazione : i nominati saranno di sicuro culturalmente attrezzati ma non estranei alle aree culturali e professionali  di provenienza che guarda caso coincidono con l’ispirazione dei due raggruppamenti che compongono la straordinaria e singolare alleanza leghista e penta stellata. Ma sulla Rai bisognerà ritornare , riflettendo anche sul deserto che si è creato nel settore dello sport. E non solo in quello.

 

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