Cirrosi epatica: aderenza alle terapie, prevenzione e presa in carico per migliorare qualità di vita del paziente e sostenibilità del servizio sanitario nazionale

Migliorare l’aderenza alla terapia, prevenire complicanze gravi come  encefalopatia epatica e ascite, potenziare l’assistenza domiciliare, formare il paziente e il caregiver, rendere sostenibili le cure e aumentare la qualità e l’aspettativa di vita.  Questi gli argomenti discussi, con i principali interlocutori della Regione Lazio, durante un webinar organizzato da Motore Sanità.

Particolare attenzione è stata data alla necessità di prevenire l’encefalopatia epatica dato che è la più invalidante complicanza della cirrosi, causa di ripetuti ricoveri, di problemi per tutto il contesto familiare del paziente e di un aggravio dei costi per il SSN.

Il direttore del Dipartimento Scienze Mediche e Chirurgiche del Policlinico Gemelli, Antonio Gasbarrini, ha detto: «Il paziente con cirrosi epatica necessita di stretta sinergia tra specialista e il medico di base,  avendo bisogno di regolari controlli del suo stato di salute. In questo periodo di pandemia ci sono stati non pochi impedimenti a causa delle difficoltà all’interno delle strutture ospedaliere e si è capito come sia indispensabile da parte del medico di base individuare al meglio già a  casa i sintomi ed eventuali complicanze che possano svilupparsi così da limitare al minimo i passaggi nei nosocomi. Protocolli diagnostico-terapeutici innovativi e disponibilità di farmaci efficaci per il trattamento della cirrosi possono sicuramente migliorare il decorso della malattia,  ma è importante monitorare un paziente quando ad esempio è affetto da obesità, diabete o pertensione, perché anche se all’inizio non ha sintomi ad un certo punto può sviluppare complicanze in ritardo per intervenire».

Il direttore dipartimento medicina interna Fatebenefratelli Roma e Presidente FADOI, Dario Manfellotto, a sua volta ha affermato: «Appare sempre più chiaro che il fegato è un organo non soltanto digestivo ma fondamentalmente coinvolto come in numerosi processi metabolici. Non a caso la epatosteatosirappresenta un percentuale sempre in crescita fra le malattie del fegato con un rischio collegato di trasformazione in cirrosi. Spesso la steatosi epatica complica diabete, obesità, dislipidemie, disordini alimentari, oltre che notoriamente, l’abuso di alcool, e quindi a queste malattie e problematiche cliniche va dedicata molta attenzione, con cure adeguate e programmi di prevenzione. Grande è il ruolo dei clinici, in particolare gli internisti, che accolgono nei reparti di Medicina Interna   quasi il 50% dei pazienti con cirrosi che ogni anno vengono ricoverati. Il  dramma della pandemia COVID-19 attraversa globalmente tutto il panorama delle malattie. Le epatopatie al pari di altre sono state meno trattate e studiate, e i pazienti sono stati meno seguiti. Secondo una recente survey dell’AISF Associazione studio fegato – ha sottolineato ancora Manfellotto – nell’anno appena trascorso è stata osservata ‘una contrazione delle attività ambulatoriali non urgenti nei pazienti con malattie  croniche di fegato. In particolar modo, nei pazienti con epatite cronica non cirrotica le visite di controllo ambulatoriali sono state ridotte nel 12.43% dei centri, sospese nel 27.81%, e gestite daremoto via e- mail e/o telefono nel 40.24%. Risultati analoghi sono stati osservati per le visite di controllo dei pazienti con cirrosi compensata (riduzione nel 22.49%, sospensione nel 13.61%,  gestione da remoto nel 44.38%). Una importante contrazione delle visite è stata documentata  anche nei pazienti a più elevata intensità di cura ovvero con cirrosi epatica scompensata  (riduzione nel 27.22%, sospensione nel 13.61%, gestione da remoto nel 17.16%). In corso di  pandemia le epatopatie sono apparse un fattore di rischio molto frequentemente associata al  COVID con rischio di esito fatale. Secondo i dati ISS, una epatopatia cronica è presente nel  4,1 % delle donne con Covid e nel 5,1% degli uomini. I cirrotici risultano fra i pazienti ‘estremamente vulnerabili’ inseriti nella lista di priorità vaccinale».

A sua volta Ivan Gardini, presidente EpaC Onlus, ha raccontato: «Considerato l’incremento attuale dei contagi del virus SarsCov-2 siamo molto preoccupati per i pazienti con cirrosi epatica perché dovrebbero effettuare controlli e procedure sanitarie a cadenza periodica e molto spesso questi esami si svolgono in ambito ospedaliero. Sono oltre 100.000 i pazienti con cirrosi e malattia avanzata già  curati dall’epatite C ma ancora a rischio di sviluppare un tumore del fegato, inoltre, ci sono almeno altri 100.000 casi correlati ad altre patologie come alcol, obesità, epatite B, ecc. La preoccupazione vale anche per anche per tutti i pazienti con malattia avanzata che devono iniziare una qualunque terapia, ad esempio per l’eradicazione del virus dell’epatite C.»

Un recente studio (Kondili LA, Marcellusi A, Ryder S, Craxì A. Will the COVID-19 pandemic affect HCV disease burden?)  ha stimato che ritardare l’inizio delle cure di 12 mesi decuplica le complicanze e i decessi nei 5 anni successivi. È quindi indispensabile – ha detto – indicare quali sono le prestazioni differibili da quelle indifferibili in questi pazienti ad alto rischio di complicanze. Le cure e il monitoraggio dei malati cronici a rischio dovrebbero continuare attraverso approcci innovativi come il telemonitoraggio e la telemedicina  oppure decentralizzando esami e prestazioni spostandoli dall’ospedale al territorio per evitare di esporre i pazienti fragili a rischi inutili. Sarebbe anche di grande aiuto semplificare gli atti burocratici come rinnovare automaticamente i piani terapeutici, consentire il ritiro dei farmaci ospedalieri presso  la farmacia di fiducia o consegnarli direttamente a casa, incrementare le confezioni erogabili e tutte le altre modifiche di natura amministrativa che possono incidere positivamente sulla qualità di vita di  pazienti cronici che devono restare sempre più protetti e monitorati come raccomandato da tutti gli esperti.

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