La Camera conferma la fiducia al governo sul decreto sicurezza con 336 sì e 249 no.

La Camera ha confermato la fiducia al governo sul decreto legge Sicurezza con 336 voti a favore e 249 contrari, dopo di che – domani mattina – passerà  all’esame dei circa 140 ordini del giorno, in gran parte presentati da Pd e Leu. A seguire si passerà alle dichiarazioni di voto: trattandosi di un decreto legge ciascun deputato avrà diritto di intervenire per dieci minuti, e i deputati del Pd annunciano che useranno tutto il tempo a loro disposizione.

All’ombra della foglia di Fico

sulle orme dei governi Renzi e Gentiloni

COMMENTO di ENNIO SIMEONE –

La maggioranza gialloverde come la maggioranza che reggeva i governi di Renzi e di Gentiloni: il governo pone anche alla Camera la questione di fiducia sul decreto legge Sicurezza e l’annuncio all’Assemblea di Montecitorio, dato dal

Il presidente della Camera, Roberto Fico (a destra), e il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro, durante il dibattito alla Camera sul voto di fiducia al Governo giallo-verde. (foto Ansa di Ettore Ferrari)

ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro (nella foto con il presidente della Camera, Roberto Fico),  viene accolto con un applauso dai deputati della Lega e del M5s! Incredibile! E il presidente pentastellato Fico – che all’atto del suo insediamento  aveva promesso solennemente che avrebbe improntato il suo mandato alla difesa delle prerogative del parlamento come supremo organo legislativo – tace, e si limita all’annuncio che la votazione è fissata per le ore 17,45 di oggi: solo due ore di tempo per discutere di una norma complessa e nei giorni scorsi oggetto di vana contestazione da parte di alcune deputati del M5s.
Inevitabile  che all’annuncio della richiesta di fiducia dai banchi dell’opposizione, e in particolare da quelli del Pd , si sia gridato “vergogna! vergogna!”: inevitabile ma altrettanto scandaloso, perché questo metodo, per imporre l’approvazione di una legge o di un decreto legge, è stato attuato ed imposto dai governi a guida Pd di Renzi e Gentiloni decine e decine di volte tra le proteste (allora di segno opposto) dei deputati pentastellati e leghisti.

Ma che importa? Il capogruppo del Pd, Delrio, ex ministro dei governi Renzi e Gentiloni, ha potuto concedersi l’amara spudoratezza di affermare che “la necessità di chiudere la bocca alle considerazioni dei deputati cinquestelle che in questi giorni hanno manifestato le loro critiche al provvedimento resta l’unico motivo per cui è stato bloccato il confronto in Aula”. Esattamente quello che, a ruoli invertiti, affermavano i Cinquestelle quando erano all’opposizione in polemica con il Pd”.

Ha avuto buon gioco Fratoianni di Liberi e Uguali nel dire “Come prima, peggio di prima“: «Mettono la fiducia, come facevano il Pd e i governi Renzi e Gentiloni, infischiandosene del Parlamento: hanno paura che le loro leggi siano bocciate o siano migliorate nelle aule. Perciò gli applausi dai banchi del M5S alla richiesta del voto di fiducia  fanno solo una immensa tristezza…».

In questa situazione il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, non può continuare a fare il pesce in barile, subendo i diktat dei suoi due vice: anche se non è nel suo stile, dovrebbe a battere i pugni sul tavolo,  a difesa del ruolo istituzionale che ha accettato di ricoprire. E della propria dignità.

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