CINEMA: UN “CINEMA: CASO ITALIA”/ 500 sale chiuse su 3600 e le produzioni dirottate sulle piattaforme tv. L’analisi allarmata del presidente Anec, Luigi Lonigro

«Sul cinema c’è un ‘caso Italia’: in Francia, in Spagna, in Gran Bretagna e nel resto d’Europa finiti i tempi del lockdown e delle restrizioni più pesanti il pubblico è tornato a vedere i film in sala. In Italia non sta accadendo».Lo scrive Alessandra Magliaro sul sito dell’Ansa, citando dati allarmanti forniti dal presidente dell’Associazione nazionale esercenti cinematografici, Mario Lorini, il quale parla di 500 sale cinematografiche chiuse su un totale di 3600, e chiede  urgenti iniziative strutturali di sostegno, prima fra tutte la definizione ‘dinamica’ della finestra tra la distribuzione in sala e sulle piattaforme.

L‘Anec ha convocato un incontro anche per chiamare all’unità tutto il settore: dagli attori  (è intervenuto Fabrizio Gifuni in rappresentanza di Unita) ai distributori, con il presidente Luigi Lonigro. I dati sono abbastanza brutali: gli incassi del cinema e pure le presenze hanno avuto una flessione nel 2021 rispetto agli ultimi anni pre-pandemici: si è perso oltre il 70%, in un mercato “già tradizionalmente debole rispetto all’Europa”.

Dice Lonigro: “Oltre che presidio culturale le sale sono un presidio industriale, ne va del lavoro di tanti e se continua l’emorragia si chiude”. Le sale sono avamposti nei territori, sono luogo di socialità, sono importanti per la ripartenza economica e vanno difese, è l’appello di tutto il settore. Ma sono ancora così centrali in un’epoca che in due anni ha visto uno stravolgimento delle abitudini con spettatori inchiodati al divano, prima per obbligo sanitario e ora per scelta? “Lo spettatore – afferma Lorini – è disorientato dall’offerta ridondante delle piattaforme, per questo crediamo che mettere ordine sia fondamentale. Eravamo già vicini ad un accordo, pensiamo che 90 giorni tra l’uscita in sala e la programmazione sulla piattaforma siano un passo iniziale”. Ma se sul cinema italiano ci si può arrivare, l’ostacolo grande è per il cinema internazionale, per quanto la richiesta è di avere la stessa finestra.

In somma esiste un “caso italiano”: quest’anno, come risulta dai dati,  il nostro cinema è andato male, performance bassissime in sala: delle 353 uscite, 153 erano made in Italy e la quota di incassi intorno appena al 20%, concentrata poi su solo 5 titoli, “i restanti film non sono stati visti, capiti, intercettati”, aggiunge. Ma la contraddizione attuale è che la produzione va alla grande: 900 progetti di film, per quanto solo il 30% ideati per le sale. C’è il  sospetto che, come i talenti, anche il pubblico non faccia più tanta differenza tra film e serie ed è chiaro che questo cambiamento culturale favorisce il luogo dove tutto si trova, ossia la piattaforma, che pure era nata solo per la tv ed è finita, come si vede anche dal film più nominato agli Oscar, ossia Il Potere del cane, 12 candidature e una visione possibile solo su Netflix, senza aver mai fatto un affacci in sala, per diventare tra gli imprescindibili potenti player della produzione cinematografica. «L’unico strumento – dice Lonigro alla giornalista dell’Ansa – è l’esclusività. La sala di colpo ha perso questa sua prerogativa e solo un intervento politico forte può cambiare e cose. Poi si passerà ad altro: ingressi senza mascherina come già accade altrove, popcorn come appena deliberato, promozioni forti per gli under 18, alfabetizzazione scolastica, nuovi spot, e infine cambiare in multiprogrammazione e dunque rendere più duttile la programmazione delle sale è una mossa che già trova tutti d’accordo. La sala ha bisogno di tornare cool (come è ora il teatro ad esempio), ma è una sorta di Squid Game, se non si riesce si muore o perlomeno si accetta di non essere più il luogo centrale che abbiamo vissuto»

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