CHAMPIONS LEAGUE/ Pareggio amaro per il Napoli di Ancelotti che domina in casa del Psg. Barcellona troppo forte per l’Inter di Spalletti

di FABIO CAMILLACCI/ E’ stata una due giorni di Champions League agrodolce: dopo le vittorie di Juventus e Roma nel martedi europeo, arrivano un pareggio e una sconfitta per le italiane impegnate di mercoledi. Al Parco dei Principi di Parigi, sa di beffa il 2-2 tra Paris Saint Germain e Napoli. Forse alla vigilia Carletto Ancelotti avrebbe anche firmato per tornare dalla Francia con un punto. Per come sono andate le cose invece il rammarico è tanto, come la sfortuna. Barcellona-Inter 2-0: gol dell’ex nerazzurro Rafinha e di Jordi Alba

Recupero amaro per il Napoli. Sfuma sul filo di lana il sogno partenopeo di espugnare un tempio del calcio come quello parigino, e peraltro contro una corazzata come il Psg. E’ Di Maria con un capolavoro balistico dei suoi a firmare il pari definitivo, dopo le reti di Insigne e Mertens. Nel mezzo: lo sfortunato autogol di Mario Rui. Al di là dei grandi meriti del Napoli però va detto che il Paris Saint Germain dell’ex Cavani (nella foto Afp-Gazzetta.it: l’uruguaiano recupera il pallone dalla rete dopo l’1-1 francese) resta la grande incompiuta della Coppa Campioni, nonostante i miliardi dello sceicco del Quatar. Una sorta di album delle figurine, con le figurine attaccate malissimo e fuori posizione da un altro scienziato della panchina come il sopravvalutato tecnico tedesco Tuchel. Un altro perdente di successo. Fateci caso, gli allenatori più sponsorizzati ed esaltati sono quasi sempre i peggiori del lotto. Napoli comunque a testa altissima con la personalità di una grande d’Europa. Per stendere il Liverpool al San Paolo e spaventare e ridimensionare il Psg, al Parco dei Principi, servono personalità e talento. A volte certi aspetti contano più dei fenomeni da circo comprati a suon di milioni. Su tutti Neymar, pagato 220 milioni. E lo stesso Mbappè, fenomeno di prospetto, ne vale 180? Quando in panchina hai uno come Don Carlo e in campo giocatori di talento, duttili e votati al sacrificio, invece, puoi battere chiunque. Poi sono sempre gli episodi a decidere le partite. A proposito di Ancelotti: a Parigi un altro capolavoro del tecnico di Reggiolo che ha sfiorato il colpaccio cambiando formazione per la 12° volta di fila. Segno che sa sfruttare al meglio tutta la rosa con un turnover che funziona. Quest’anno oltretutto il Napoli ha un’arma in più: Insigne, sempre più “Lorenzo il Magnifico”. Ancelotti lo ha avvicinato alla porta trasformandolo in un’arma letale per gli avversari. Nell’altra gara del girone poker del Liverpool allla Stella Rossa Belgrado con doppietta dell’ex romanista Salah, ancora rimpianto nella Capitale. E adesso: Liverpool 6 punti, Napoli 5, Psg 4, Stella Rossa 1. Insomma, il Napoli nel girone di ferro sa starci bene mostrando di avere tutte le carte in regola per volare agli ottavi. Questo Napoli sembra un po’ la Roma di Di Francesco dell’anno scorso che fu brava a vincere il girone mettendosi alle spalle squadroni del calibro di Chelsea e Atletico Madrid.

Troppo Barça per l’Inter. Al Camp Nou i catalani privi di Leo Messi, hanno la meglio sui nerazzurri in una partita in cui la squadra di Spalletti si è comunque comportata in modo dignitoso. Non ha sfigurato. Sul taccuino, oltre alle due reti: una traversa clamorosa dell’altro ex Coutinho, occasioni blaugrana a raffica sventate da Handanovic e dalla buona sorte. Dall’altra parte invece Icardi non punge. Maurito non concede il bis del derby col Milan. Complessivamente, volendo fare un paragone in stile moda, potremmo scrivere che al momento, templi come quello del Barcellona vanno ancora un po’ grandi all’Inter. Il vestito cade sulle spalle, ha le maniche lunghe: in sintesi, l’Inter deve crescere. Ecco, alla squadra di Spalletti è mancata soprattutto la personalità, la sfacciataggine, la “cazzimma” per dirla con De Laurentiis, mostrata dal Napoli. Oggi però alla Pinetina va così, fra qualche mese chissà. Del resto, anche l’Inter del “Triplete”, a inizio stagione, prese una sonora scoppola dal Barça, ben peggiore di quella odierna. Per carità, niente a che vedere con gli eroi di Mou, lungi da noi scomodare i monumenti dell’Olimpo interista. Però, volendo trovare alcune note positive, Spalletti torna sì a Milano con zero punti, due gol presi, ma anche con qualche fase della partita in cui ha mostrato di poterlo indossare quel famoso vestito di gala di cui sopra. Mentre, il Barcellona senza Messi, seduto in prima fila in tribun, si fa bastare il sostituto temporaneo Rafinha che l’anno scorso fu l’arma in più nerazzurra per centrare la zona Champions a fine campionato, e la freccia sinistra Jordi Alba. Oltre a un sontuoso e solido Suarez. Finisce 2-2 PSV Eindhoven-Tottenham, un risultato che rende meno amara la caduta dei nerazzurri. Gli “Spurs” di Londra gettano alle ortiche la vittoria e ora: Barcellona 9 punti, Inter 6, PSV e Tottenham 1 punto; anche la compagine di Spalletti è sulla buona strada per gli ottavi.

Le gare del martedi

DOLCE CHAMPIONS/ A Manchester contro Mou e Pogba, Dybala regala una “Joya” alla Juventus. Roma da pazzi: dalla caduta con la Spal al primo posto col Real Madrid

di FABIO CAMILLACCI/ Torna la Champions League con l’ultimo turno di andata della fase a gironi, Juventus e Roma rispondono ancora una volta presente, a braccetto. Manchester-United-Juventus 0-1: gol di Dybala, l’ex Pogba si ferma al palo e Mourinho si rassegna. Roma-Cska-Mosca: 3-0. Gol di Dzeko (doppietta) e Under. Giallorossi sempre più sulle montagne russe.

Madama d’Europa. All’Old Trafford dunque, alla Vecchia Signora basta un acuto della “Joya” argentina nel primo tempo per piegare il Manchester United e dimenticare il passo falso col Genoa. Red Devils pericolosi in una sola occasione, con il palo del francese, il grande ex Pogba, a 15′ dalla fine del match. Il resto? Un autentico dominio bianconero. Un’altra grande prova di forza e personalità della squadra di Allegri. Il successo contro i “Diavoli Rossi” del vecchio nemico Mourinho, arriva con un primo tempo sontuoso e un secondo col fiato più corto ma dove spicca la compattezza della difesa guidata dai gladiatori Chiellini e Bonucci. Un certificato per l’Europa, un passaporto per la finale di Madrid, da appendere alla Continassa può essere sicuramente questo: messe alle spalle le apprensioni delpassato, gestite le ansie a pochi minuti dalle partite, così nasce una grande squadra europea. Una grande soddisfazione anche per il valore aggiunto Cristiano Ronaldo tornato a Manchester da avversario. Nell’altra sfida del girone della Juventus, il Valencia non va oltre l’1-1 in casa dello Young Boys di Berna. Primo gol in Champions per gli svizzeri, e alla luce di questo, i bianconeri hanno già un piede negli ottavi di finale da primi del girone: punteggio pieno con 9 punti per CR7 e compagni, il Manchester United resta a 4, il Valencia sale a 2, lo Young Boys a 1. Mou invece dovrà sudarsi la qualificazione e tornare a pensare a come aggiustare la sua traballante panchina: questo Manchester United, costruito a sua immagine e somiglianza, non sembra alla stessa altezza. Siparietto finale: ai tifosi juventini che lo insultano per i suoi trascorsi interisti, lo “Special One” risponde col segno tre che sta per lo storico “triplete” fatto dall’Inter. Un “triplete” che la Juventus non ha mai fatto; può farlo quest’anno per il potenziale che sta dimostrando di avere. Un potenziale finalmente pronto per alzare la tanto agognata Coppa dale grandi orecchie.

Roma Dottor Jekyll e Mister Hide. Ancora una volta giallorossi dai due volti: in tre giorni sono stati capaci di passare dalla clamorosa sconfitta interna contro la Spal, al netto successo dell’Olimpico contro il CSKA Mosca. Roba da manicomio. Dal pessimo cammino in campionato, al primato nel girone col Real Madrid in crisi e che nell’altra sfida del gruppo si ritrova parzialmente e al Bernabeu batte 2-1 il Viktoria Plzen. Un successo, questo delle “Merengues”, che difficilmente servirà al tecnico Lopetegui, ormai prossimo all’esonero. Florentino Perez ha pronta l’ennesima soluzione interna dopo Zidane: Guti allenatore. L’annuncio dovrebbe arrivare domenica dopo il “clasico” col Barcellona al Camp Nou; se non prima. Intanto, in Coppa Campioni il Real campione d’Europa (4 Champions negli ultimi 5 anni, e ben tre di fila) ha 6 punti come la Roma. Il CSKA rimane a 4, il Viktoria a 1. Pertanto, dopo la figuraccia con la Spal, se serviva una risposta, è arrivata. Dalla squadra e dal suo uomo chiave: Edin Dzeko. Pazzesco il cammino casalingo giallorosso in Champions: con Di Francesco al comando, settima vittoria consecutiva in casa e settimo “clean sheet” (porta inviolata). Roma solo da “notti magiche”? Dzeko “bello di notte”? Roma “copetera” come amava dire Boskov della sua bella Sampdoria? Sarà, sta di fatto che la Roma gioca bene solo in Coppa Campioni. In Serie A invece stenta, soprattutto con le cosiddette piccole, spesso sottovalutate. Questione di concentrazione e di mentalità. Una certezza: la Roma non può prescindere da Manolas e capitan De Rossi. Una conferma: Monchi ha fatto un mercato estivo senza seguire le indicazioni di Di Francesco, costretto così a rimodellare la squadra dal suo 4-3-3 al 4-2-3-1, visto che sono stati comprati troppi trequartisti (Pastore, Cristante e l’acerbo Coric) e ceduti troppi centrocampisti duttili, uomini adatti sia per il ruolo di centrale che per quello di mezzala (Nainggolan, Strootman e Gonalons). In tal modo, con Lorenzo Pellegrini rinato nel ruolo di rifinitore alle spalle di Dzeko, adesso la Roma, per come gioca, ha soltanto due centrali affidabili e di ruolo De Rossi e Nzonzi. Proprio vero: i guai non vengono mai da soli.

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