CALCIO MANICOMIO 2.0/ Corsa alla Figc, tutti contro tutti: fumata nera e commissario. Il pallone italiano dopo il Mondiale perde pure la faccia

di FABIO CAMILLACCI/ Peggio di quanto avevamo pronosticato sabato scorso nell’editoriale “Ora di Punta” di Altroquotidiano, che trovate di seguito. Nè Sibilia, nè Gravina alla presidenza della Figc ma un clamoroso commissariamento; clamoroso soprattutto per come è maturato. Storicamente parlando è la terza volta che la Federcalcio viene commissariata. I precedenti: nel 1958 dopo la mancata qualificazione dell’Italia ai Mondiali di Svezia e nel 2006 dopo lo scandalo di Calciopoli. Ma l’indegno spettacolo andato in scena nella giornata di lunedi 29 gennaio, non ha precedenti. Un’autentica vergogna: l’ennesima sconfitta del calcio italiano. Scrivemmo che il commissariamento allo stato dei fatti sarebbe stata la soluzione più logica e lo ribadiamo. Ma almeno tutte le parti in causa potevano risparmiarci questo assurdo teatrino degli orrori dicendo subito “si” al commissario chiesto dal presidente del Coni Malagò consapevole di istituzioni calcistiche “malate” e impotenti di fronte alle troppe spaccature, ai veti incrociati. Un calcio italiano incapace di costruire un nuovo cammino. Hanno perso tutti, soprattutto il nostro disastrato calcio.

Hotel Hilton di Fiumicino: va in scena la commedia degli equivoci, tutti contro tutti. Dopo una lunga ed estenuante giornata di votazioni e di trattative o presunte tali, il quarto scrutinio delle elezioni per il nuovo presidente Federale certifica l’assenza di una maggioranza assoluta per uno dei candidati. Gabriele Gravina resta solo, circondato dalle schede bianche di Calciatori e Dilettanti che non permettono il raggiungimento del quorum. E così, il presidente della Lega Pro si ferma al 39,06 contro il 59,09 per cento delle schede bianche.
Come nella peggior “Prima Repubblica”. Saltano come birilli al bowling le varie ipotesi, l’ultimo tonfo è per un possibile accordo allo sprint fra il leader della Lega Pro e Cosimo Sibilia, scollinato per primo, ma di poco, nelle prime tre votazioni. La giunta Coni che, come da statuto, dovrà scegliere il commissario e la sua durata, è stata convocata per giovedì primo febbraio. Laconico ma realista il commento di Damiano Tommasi: “Forse a questo punto è giusto un intervento dall’esterno e forse non è un caso che siamo usciti dal Mondiale”. Una grande verità quella del presidente dell’Assocalciatori; non a caso la sua candidatura alla presidenza Figc è stata bocciata subito. Troppo bravo, competente e fuori dai giochetti politici per essere eletto. E poi bollato come “sindacalista” ed ex calciatore. In Italia purtroppo funziona così.

Le tappe di una Assemblea elettiva dai contorni grotteschi e kafkiani. La mattinata era cominciata con la sensazione di un vantaggio per Gravina: Ulivieri schierava gli allenatori con lui e non con Tommasi; il discorso di Nicchi faceva pensare che anche il due per cento degli arbitri fosse con il leader della Lega Pro. Nei tre discorsi dei candidati, Sibilia era il più polemico dando l’idea del nervosismo tipico di chi vede allontanarsi il traguardo. Il suo bersaglio era Ulivieri: “Non può certo dare lezioni di coerenza”. Erano però i calciatori a smarcarsi dalla prospettiva di un accordo con Gravina. Tommasi rilanciava con un discorso di alto profilo, respingendo al mittente la patente della vittima predestinata. Apriva su riforma dei campionati e abbattimento contrattuale per i calciatori in caso di retrocessione. La sua corsa si arrestava però al terzo scrutinio, con un bottino di voti di poco superiore al venti per cento assegnato alla sua categoria. Ma era dopo che l’ex calciatore della Roma guadagnava ancora il palcoscenico: nessun accordo, nessuna confluenza su Gravina.

In mezzo al pomeriggio si è assistito a una successione di voci. Anche sul mancato accordo Sibilia-Gravina, che avrebbe visto il numero uno della Lega Pro assumere la presidenza in cambio di alcune deleghe importanti per quello della Lnd, ci sono ricostruzioni completamente opposte. Per Sibilia era tutto quasi fatto, per Gravina in realtà ci si è fermati prima di cominciare vista la distanza degli schieramenti. In tutto questo si registrava il solito attivismo di Claudio Lotito impegnato a tessere la tela addirittura nei bagni dell’Hilton rincorrendo i delegati cercando di convincerli a far convergere i voti su Gravina o Sibilia. Senza parole. Figc commissariata, Lega Calcio di A commissariata, Nazionale azzurra ancora senza commissario tecnico. Allo stato dei fatti, l’eliminazione dell’Italia dal Mondiale appare veramente il male minore. Però, c’è veramente da piangere a vedere come da tempo viene trattato il nostro amato calcio che con tutto questo teatrino non ha niente a che vedere.

ORA DI PUNTA (pubblicata sabato 27 gennaio). Calcio manicomio: dopo Tavecchio, il vecchio che avanza…

di FABIO CAMILLACCI/ Un vecchio detto recita: “Il pesce puzza sempre dalla testa”. Un detto che purtroppo si attaglia benissimo all’attuale momento nero del calcio italiano. L’Italia dopo 60 anni è fuori dai Mondiali di Russia 2018 e le nostre squadre in Europa sono di gran lunga inferiori alle corazzate di Spagna, Germania, Inghilterra e Francia (vedi Paris Saint Germain). E ancora: stadi obsoleti e scomodi (tranne rare eccezioni), conseguente fuga della gente dagli stadi, pochissimi investimenti su vivai e squadre giovanili in genere, invasione di calciatori stranieri (perché rispetto agli italiani costano meno e si possono pagare a rate), mancato lancio delle nostre giovani promesse (che spesso emigrano all’estero), scarse risorse economiche (basta confrontare il calciomercato italiano e quello straniero), strapotere dei procuratori, partite brutte da vedere. Ma la lista delle anomalìe e dei guasti è lunga e potremmo proseguire ancora nell’elencare le tante storture di questo sempre più avvilente mondo della pedata tricolore, oltretutto sfregiato dalla pessima Var. Ergo, non è un caso se la Nazionale azzurra non parteciperà alla prossima rassegna iridata. Lo scrivemmo tempo fa: i guai partono da lontano e le colpe sono di chi da oltre un decennio ha gestito e purtroppo continua a gestire il nostro calcio manicomio; e non intende mollare, alla faccia del tanto sbandierato rinnovamento. Usanza tipicamente italiana.

Gli intrighi in Lega Calcio di A. Mentre Carlo Tavecchio, dopo essere stato messo alla gogna per l’eliminazione dell’Italia dal Mondiale, ha ripreso a fare il bello e il cattivo tempo per indicare un nuovo presidente della Lega Calcio di Serie A, insieme al suo fido e grande elettore Claudio Lotito (anche lui tornato in auge dopo un periodo buio). Un modo per acquistare peso nell’elezione del nuovo presidente della Figc. Insomma, il Tavecchio che avanza e Lotito, messi alla porta, sono rientrati alla grande dalla finestra. In perfetto stile “gattopardesco”. Ultimamente, a loro si è unito il patron del Torino Urbano Cairo: editore di La7, nonché presidente e amministratore delegato di RCS MediaGroup. Cairo lavora alacremente per eleggere a.d. della Lega di A, Javier Tebas: 56 anni nato a San José in Costa Rica, che ha rilanciato i campionati in Argentina e in Spagna, specialmente sotto il profilo economico. Eccoci così ad un’altra nota dolente del calcio italiano: da tempo i club dipendono quasi esclusivamente dai diritti televisivi. Senza i soldi delle tv fallirebbero quasi tutti. In tutto ciò l’accordo tra i club non si trova e la Lega di A rischia il commissariamento: forse il male minore.

La corsa alla presidenza Federale: peggio di un congresso politico da “Prima Repubblica”. Allo stato dei fatti, ma per noi non è una sorpresa, le grandi manovre per scegliere il successore di Tavecchio, stanno assumendo i connotati di un vecchio congresso della Democrazia cristiana (alla quale chiediamo scusa perché nel caso della Federcalcio è pure peggio). Tre candidati in lizza, tante correnti, ma, unità d’intenti zero e di conseguenza, caos totale. Il problema è un altro però: alla faccia del tanto sbandierato cambiamento, alla fine il nuovo numero uno della Figc sarà scelto tra Cosimo Sibilia e Carlo Gravina. Cioè, due cloni di Carlo Tavecchio per curriculum e storia. Dal Tavecchio al vecchio che avanza. Per buona pace di Damiano Tommasi, ex calciatore dalla faccia pulita, competente, preparato, serio e non a caso ribattezzato “anima candida” ai tempi della Roma per la sua bontà e onestà. Tommasi presidente del sindacato calciatori e appoggiato dall’Assoallenatori del comunista Renzo Ulivieri, pugno chiuso da compagno nella foto ufficiale per il nuovo album calciatori Panini e dito medio social davanti alla Trump Tower. Sovoliamo sulle cadute di stile del “Renzaccio” toscano, ma, aggiungiamo che Ulivieri, da sempre nemico del “Palazzo”, fu l’unico a opporsi alle dimissioni di Tavecchio dopo l’eliminazione dell’Italia dai Mondiali. Stranezze e incongruenze tutte italiane, del derelitto calcio italiano (nella foto da sinistra: Gravina, Tommasi e Sibilia).

Una sfida tra Sibilia e Gravina. Nonostante, il presidente del Coni Giovanni Malagò continui a chiedere il rinvio del voto per trovare unità e cambiare lo statuto Federale, lunedi prossimo 31 gennaio all’Assemblea elettiva della Figc, si sfideranno proprio Sibilia e Gravina; tra veti, controveti, veti incrociati, accordi sottobanco e altro. Presentiamo i due. Cosimo Sibilia: senatore di Forza Italia e presidente della Lega Nazionale Dilettanti, nonché figlio dello storico presidente dell’Avellino Antonio Sibilia che amava dire: “C’è chi può e chi non può: io può”. Gabriele Gravina: imprenditore, accademico e presidente della Serie C (l’ex Lega Pro). Ecco perché abbiamo scritto che si tratta di due cloni di Tavecchio: ex sindaco Dc e presidente della LND quando fu eletto presidente Figc.

Il guasto è a monte. Ma perché il numero uno del Coni continua a ripetere che per ripartire bene e veramente bisogna azzerare lo statuto federale? La risposta sta tutta nelle regole per l’elezione del presidente della Figc. All’Assemblea elettiva prendono parte 278 delegati provenienti dalle Leghe e dalle Associazione calcistiche principali. La Lega di A conta su 20 delegati, quella di B su 21, la Serie C ne ha 60, la Lega Nazionale Dilettanti (la Serie D) 90, l’Assocalciatori 52, l’Assoallenatori 26 e l’AIA (gli arbitri) appena 9. E qui notiamo già una grande incongruenza: le Leghe, più sono inferiori, più hanno potere. Al momento dell’elezione però i voti sono ponderati, cioè non avranno tutti la stessa valenza. Ovvero, per calcolare la maggioranza, il totale dei suffragi di riferimento non sarà 278 ma 516; un numero ottenuto tramite la ponderazione stabilita in base al numero dei delegati per ciascuna categoria e alla loro importanza. Quindi: 3,09 per la Serie A, 1,23 per la B, 1,46 per la C, 1,95 per la D, 1,98 per l’Assocalciatori, 1,98 per l’Assoallenatori e 1,15 per gli arbitri. Un sistema a dir poco cervellotico che alla fine premia sempre i candidati di C e D. Come essere eletti? Al primo turno servono tre quarti dei voti, al secondo i due terzi e dalla terza tornata in poi basta la maggioranza assoluta. In teoria, con un sistema di alleanze, Tommasi potrebbe farcela ma la sua elezione pare sia vista come il fumo negli occhi dai padroni del vapore. Quindi, la scelta si riduce a Sibilia e Gravina. Alla faccia del rinnovamento. E già, è proprio vero: il pesce puzza sempre dalla testa.

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